È stato condannato a 20 anni di carcere il basista dei rapinatori che il 28 novembre 2015 uccisero in Kenya la dottoressa di Trivento Rita Fossaceca. Ci sono voluti più di 3 anni per arrivare a questa condanna anche se, è bene ricordarlo, sono ancora liberi gli autori materiali dell’omicidio. Il basista, infatti, non ha mai rivelato il nome dei complici che parteciparono alla rapina. Frederik Karisa Charo, che nel resort di Watamu lavorava come giardiniere, dopo la condanna è stato rinchiuso nel carcere di Malindi. Dalla ricostruzione dei fatti che c’è stata nel lungo e difficile processo, data anche la diversa legislazione del Kenya, è emerso che fu lui a ideare la rapina agli italiani ospitati nel resort. Con lui è stato condannato anche Kelvin Garacha Opiyo, sospettato di far parte della banda, ma solo per resistenza al momento dell’arresto in quanto non sono state trovate prove certe della sua colpevolezza. Le indagini comunque continuano ad andare avanti nel tentativo di individuare tutti i componenti del commando che assaltò l’abitazione dove soggiornavano i volontari della Onlus For Lyfe. All’interno della casa di Watamu, località non distante dalla più nota Malindi, oltre a Rita la sera prima di rientrare in Italia erano presenti anche gli anziani genitori, lo zio sacerdote e due infermiere dell’associazione For Life. Rita fu uccisa nel tentativo di difendere la mamma selvaggiamente picchiata insieme agli altri parenti dai rapinatori. Il processo è stato seguito dall’avvocato di Trivento Giulia Lozzi insieme ai colleghi Tukero Ole kina e Pietro Pomanti.
«Questo – afferma il cugino Tonino Fossaceca relativamente alla condanna del basista – è soltanto un primo passo. Ci auguriamo che la Procura del Kenya che si sta occupando del caso porti fino in fondo le indagini per assicurare alla giustizia anche gli autori materiali della rapina e dell’uccisione di mia cugina. Stiamo aspettando i dettagli della sentenza di condanna per avere un quadro più chiaro della situazione. Non chiediamo vendette ma soltanto giustizia. Rita aveva speso una parte importante della sua vita per aiutare i bambini del Kenya, cosa che la nostra associazione sta ancora facendo perché questo è quello che lei avrebbe voluto. Certo – aggiunge – in questi anni che sono trascorsi dalla sua morte spesso abbiamo avvertito un senso di solitudine. Il caso di Rita non ha avuto l’eco di altri episodi del genere e spesso ci siamo sentiti soli davanti ad una questione che solo lo Stato italiano e ai più alti livelli poteva e doveva affrontare. Voglio ringraziare anche a nome degli altri membri della famiglia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ci è sempre stato vicino. Anche il giorno dell’intitolazione del poliambulatorio di Trivento a Rita non ha fatto mancare un suo messaggio».
Rita Fossaceca, che da diversi anni viveva e lavorava a Novara, era vice presidente nazionale e cofondatrice della onlus For Life che assisteva i bambini del villaggio di Mijomboni. Come aveva fatto tante altre volte era tornata in Africa per portare insieme ai genitori, lo zio sacerdote e due infermiere dell’ospedale di Novara aiuti e assistenza ai suoi amati bambini. La sera prima di rientrare in Italia il vile assalto di una banda di rapinatori senza scrupoli che gli spararono solo per aver provato a difendere la mamma. Nei giorni scorsi a Trivento, dopo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella le aveva conferito la Medaglia d’oro al valore civile, il Comune di Trivento e l’Asrem di Campobasso le hanno intestato il poliambulatorio di via Acquasantianni.

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