Amarena «non era in atteggiamento aggressivo, ma si trovava sulle quattro zampe ed è stata colpita al fianco con un unico colpo di carabina». Sono le prime indicazioni fornite dalla perizia disposta dalla Procura di Avezzano dopo l’uccisione dell’orsa, freddata da un colpo di fucile sparato da un allevatore di San Benedetto dei Marsi, Andrea Leombruni. Il 56enne, indagato per uccisione di animale per crudeltà o senza necessità, ai militari intervenuti la notte del 31 agosto, così come negli interrogatori successivi, ha raccontato di aver esploso il colpo per paura, dopo aver sorpreso l’orsa nel pollaio della sua abitazione. Un colpo che purtroppo è costato la vita di Amarena, mamma di due cuccioli, che ha trovato la morte poco distante all’interno del suo recinto. Fatale l’emorragia. I veterinari del dipartimento di medicina veterinaria dell’Università degli studi di Teramo hanno eseguito anche una radiografia sulla carcassa del plantigrado che ha confermato la morte per dissanguamento. Il perito balistico Paride Minervini ha confermato che l’orsa è stata raggiunta da un colpo di carabina 7.62, con un proiettile calibro 12 che l’ha colpita alla spalla perforando il polmone, come ha stabilito l’esame necrologico condotto dal professor Rosario Fico. Il proiettile era stato individuato dalle lastre fatte sull’esemplare nella clinica dell’università e poi estratto durante l’esame autoptico all’Istituto Zooprofilattico di Teramo. Fra 90 giorni Minervini depositerà la perizia che sarà cruciale per definire le responsabilità dell’ indagato: servirà per stabilire la distanza e la traiettoria del proiettile che ha ucciso Amarena.
Nel frattempo le associazioni animaliste chiedono giustizia e hanno depositato sul tavolo del procuratore di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato, che coordina le indagini, una raffica di esposti.
«Altro che paura, l’orsa Amarena non era affatto aggressiva, era sulle quattro zampe, quando Andrea Leombruni le ha sparato alle spalle con un proiettile calibro 12 che le ha perforato il polmone causandone la morte per dissanguamento. La perizia dei veterinari smonta anche l’ultima difesa del suo uccisore e conferma quanto avevamo sostenuto fin dall’inizio: Amarena è stata assassinata a sangue freddo». Lo afferma l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’Ambiente.
La deputata ricorda altri elementi a carico del Leombruni riassunti nel dettagliato esposto-denuncia tempestivamente presentato da Leidaa. Ad esempio, la presenza dell’orsa Amarena, quella notte, in paese, era segnalata: l’uomo avrebbe potuto e dovuto chiamare le forze dell’ordine, già allertate, che sarebbero intervenute tempestivamente, e comunque avrebbe dovuto, come hanno fatto altri in quelle ore, “porre in essere semplici ed efficaci azioni dissuasive”, come la produzione di suoni o la proiezione di luci.
«Del resto – sottolinea l’onorevole Brambilla – l’orsa non aveva mai mostrato segni di aggressività né aveva mai rappresentato un concreto pericolo per l’incolumità dei tanti cittadini che per anni l’hanno incontrata, anche con i cuccioli al seguito. Non era aggressiva, come dimostra la perizia, neppure quando è stata uccisa. Non solo non ci sono attenuanti, ma ci sono tutte le aggravanti: la legge va applicata con il massimo rigore. Se fosse già stata approvata la mia proposta di legge, attualmente all’esame della commissione Giustizia della Camera, l’uccisore di Amarena pagherebbe con anni di carcere. Leidaa ha denunciato Leombruni e si costituirà parte civile. A chiunque salti in testa di gestire con la violenza la presenza degli orsi riserveremo lo stesso trattamento».

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