La “vertenza” Unilever è praticamente alla svolta decisiva. In un modo o nell’altro, la querelle verrà terminata: a settembre dovrebbe essere riconvocato il tavolo ministeriale al Mise per fare il punto della situazione probabilmente definitivo.
«Siamo (forse) arrivati al giro di boa decisivo», ne è convinto anche Antonio Martone. Il responsabile della Cisal sottolinea lo stato dell’arte «a quasi un anno dal nostro primo grido di allarme (novembre 2019), quando, a fronte di evidenti quanto inspiegabili reticenze da parte dell’azienda sul futuro di Pozzilli, segnalammo l’intenzione di Unilever di abbandonare il sito più efficiente del network europeo».
Dunque, «è stato un anno difficile: dal diniego di qualsiasi intenzione di dismissione alla ammissione della volontà di vendere, dalle 10 giornate di sciopero all’esplosione del Covid, passando per le “favole” del riciclo della plastica e delle batterie al litio. Quante chiacchiere, anche davanti al Mise, mentre si allocavano in Inghilterra e in Ungheria produzioni da sempre appannaggio di Pozzilli, con l’intento di guadagnare tempo e consentire così ai terzisti di attrezzarsi e all’azienda di riempire i magazzini in vista dell’operazione finale».
Ma ora, a quanto pare, ci siamo… Anche se Martone aggiunge un «quasi». Infatti, «si rincorrono voci su potenziali compratori in attesa di visitare la fabbrica “per capire”. Altro che riconversione per il riciclaggio della plastica (beato chi ci credeva) o produzioni di *ersonal care. O addirittura nuove produzioni di parafarmaceutico. Noi abbiamo detto da sempre che l’occupazione si tutela solo dando continuità produttiva allo stabilimento, sfruttando la massima capacità di un sito attrezzato per arrivare 300mila tonnellate (potenzialmente il sito di home care più grande nel centro-sud Italia). Abbiamo anche detto da sempre che se le intenzioni della azienda erano orientate nel senso di trasferire la produzione a Casalpusterlengo ed in Gran Bretagna, occorreva trovare subito un compratore al quale lasciare 150mila tonnellate di produzione per almeno 10 anni».
Prospettiva tra l’altro «anche paventata da Unilever in un primo momento, facendo pensare ad una soluzione che ricalcava quella trovata di recente, da Unilever, per il sito di Sanguinetto».
Prima del nuovo tavolo ministeriale, la Cisal informa come «nell’ultimo mese sono nate varie manifestazioni di interesse che abbiamo registrato con speranza e disponibilità. Diverse società si sono rivolte a noi per studiare e mettere a punto un piano industriale». Tutto ciò «non è una “favola”». Adesso, però, «tutte si aspettano che Unilever lasci in dote volumi da continuare a produrre qui. Unilever deve seriamente predere in considerazione questo scenario. L’unico realistico, se davvero non si vuole “violentare” questo territorio».
Pertanto, le richieste sindacali sono semplici e decise. La Cisal chiede: «all’azienda di smetterla con i “depistaggi” su plastica, batterie al litio, varie ed eventuali, ma piuttosto di dare evidenza di questa ultima fase di ricerca del compratore; ai nostri amici della Rsu e delle organizzazioni sindacali di non lasciarci soli come già successo un anno fa quando nessuno credeva alle nostre parole: puntiamo tutti sulla continuità produttiva del sito. Pozzilli è nata per produrre detergenti liquidi: tutto il resto sono solo “favole”; alla Regione Molise, al presidente del consorzio industriale e al sindaco di Pozzilli di insistere sulla necessità di preservare i posti di lavoro (del sito Unilever e dell’indotto tutto) chiedendo all’azienda garanzie chiare sulla cessione, in primis sui volumi da lasciare; al Ministero dello Sviluppo economico di pretendere concretezza e di non accettare ulteriori progetti evidentemente irrealistici e privi di un elementare business plan».
Martone quindi ribadisce a chiare lettere e a gran voce ancora una volta: «Questa fabbrica riveste un ruolo chiave nel Molise. Potenziata, potrebbe arginare il fenomeno dirompente della disoccupazione in questo lembo di Molise: molti giovani molisani in questi anni hanno acquisito competenze tramite assunzioni con contratto Job on call. Molti altri hanno avuto accesso al percorso di alternanza scuola-lavoro previsto dal Miur. Chiudere questo sito significherebbe disperdere il know how delle nuove leve ed impedire lo sviluppo socio-economico del territorio spingendo i giovani a cercare lavoro fuori regione».
Insomma, «sindacato, politica, istituzioni, lavoratori e cittadini sono ancora in tempo per agire uniti nell’interesse della comunità. Insieme ad essi la passione, l’etica, la rappresentanza, la competenza e i diritti. Siamo ancora in tempo. È questo il momento di agire e di chiedere chiarezza. “E perciò non chiederti per chi suona la campana. Suona per te”!».

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