Europa, politica italiana, politica regionale. E, ancora, sanità, Università, spopolamento. Aldo Patriciello, che del Molise conosce più di chiunque altro pregi e difetti, svela il suo progetto per le prossime elezioni regionali, in programma tra poco più di un anno.
Tante le novità, tra cui la decisione di non candidare familiari.
Nel corso della lunga intervista l’eurodeputato non nomina una sola volta l’attuale presidente Donato Toma. Ma il suo giudizio sul governo regionale non è lusinghiero.
Onorevole, com’è cambiata, se è cambiata, l’attività del Parlamento europeo in questo periodo di pandemia?
«È stato un periodo complicato, certamente. Malgrado la modalità “remota”, però, siamo riusciti a portare avanti e a lavorare su molti dossier cruciali per il futuro dell’Europa, a cominciare dal settore sanitario, divenuto oramai nevralgico a causa dell’emergenza Covid».
Quali saranno le prossime sfide su cui l’Ue dovrà impegnarsi?
«Mettere d’accordo 27 Stati membri non è mai un esercizio facile. Eppure l’Ue ha dimostrato nella sua storia di saper sempre andare avanti nei momenti più difficili. E così è stato anche durante la pandemia. Ma le sfide sono davvero tante. Attualmente il Parlamento europeo è al lavoro sulla nuova strategia farmaceutica e sul rafforzamento del ruolo dell’Ema. Stiamo poi ultimando il rapporto sul cancro, senza però dimenticare l’importanza di molti altri temi come la riforma del roaming, le normative in materia di efficienza energetica, la strategia “dal produttore al consumatore” in materia agricola e alimentare, il pacchetto sulla sicurezza stradale 2021-2030. Insomma: oggi più che mai l’Unione Europea è consapevole di dover programmare e costruire il mondo che vogliamo per i nostri figli e i nostri nipoti».
E il Molise che ruolo avrà nell’Europa del futuro?
«Questo è difficile dirlo. Molto dipenderà dalla nostra capacità di stare al centro dell’Europa che si sta costruendo. Le faccio un esempio. Giorni fa leggevo il rapporto di Bankitalia sull’economia del Molise in cui, tra le altre cose, si sottolinea come la nascita di nuove imprese, qui da noi nell’ultimo anno, sia stata sostanzialmente nulla. C’è bisogno, quindi, di aumentare la nostra capacità di innovazione e di produzione, ove possibile. Un’opportunità sarebbe quella offerta dalla nostra sede di rappresentanza a Bruxelles, che potrebbe fare da raccordo tra le imprese molisane e i mercati europei, oltre ad essere uno strumento fondamentale per intercettare tutte le opportunità messe a disposizione dalla Ue per le Regioni. Peccato però che la sede – mi dicono – sia al momento chiusa e inoperativa da tempo».
A proposito di Molise e di opportunità. Le scadenze elettorali importanti si avvicinano. Tra poco più di un anno si vota per il rinnovo del Consiglio regionale. Che scenari politici immagina?
«È presto per dirlo ma bisogna farsi trovare pronti. Credo che al momento opportuno i partiti dovranno riunirsi, possibilmente con il dovuto anticipo rispetto alla data elettorale, per scegliere il candidato alla Presidenza. Occorre proporre una lista di nomi, confrontarsi con i profili sul tavolo e magari sondarli nell’opinione pubblica per essere certi che si pervenga ad una scelta condivisa, auspicabilmente vincente e consapevole. L’obiettivo è evitare decisioni dell’ultimo minuto frutto delle trattative febbrili che rischiano di condurre ad errori o a valutazioni non sufficientemente approfondite».
Difficile immaginare la politica molisana senza Patriciello. Sta lavorando a qualcosa in vista delle prossime elezioni?
«Guardi, le dico la verità. Nelle scorse settimane ho incontrato decine di amministratori, imprenditori, esponenti di associazioni civiche e di categoria che mi hanno chiesto di farmi carico di un nuovo contenitore politico per le prossime amministrative che possa incarnare la voglia di ridare voce e forza al territorio. Per tale ragione appena dopo le festività lancerò personalmente un nuovo movimento civico, ma ci tengo a sgombrare il campo da equivoci o speculazioni al riguardo: non ho alcun interesse diretto a partecipare alle prossime regionali. Sono a Bruxelles ed è lì che auspico di poter essere rieletto nel 2024 se i cittadini del collegio Meridionale riterranno di riaccordarmi la loro fiducia. Ma sento la responsabilità di coordinare questa operazione mettendoci la faccia in prima persona».
Non giudichi irriverente la domanda: chi sarà il prossimo cognato candidato?
«È una domanda cattiva, più che irriverente. La parentela conta fino ad un certo punto, ma al di là di tutto c’è la persona e la sua competenza. Cotugno, ad esempio, ha fatto un ottimo lavoro. Non lo dico io ma i dati Bankitalia. Bisogna solo ringraziarlo per aver dato al turismo regionale grande visibilità, incrementando i numeri delle presenze in tempi così difficili di emergenza sanitaria ed economica. Ma nel nuovo contenitore civico non ci sarà nessun parente. Per due motivi essenziali. Il primo riguarda il mio dissenso verso la decisione assunta dall’attuale amministrazione regionale di eliminare la surroga. Non si cambiano le regole del gioco mentre la partita è in corso. Questa cosa non mi è piaciuta e per rispetto di tutti coloro i quali correranno è giusto che vi sia una competizione aperta. Candidando un familiare, che farebbe da “tappo”, gli altri nella lista parteciperebbero ad una competizione “finta” con un vincitore anticipato ed io credo che mai come in questo momento ciò non debba accadere. C’è poi un altro motivo fondamentale. In un’epoca in cui i cambiamenti si annunciano ma non si fanno mai, io preferisco fare un gesto concreto di discontinuità con il passato. Per favorire un progetto politico più inclusivo, che sia da esempio anche per le altre liste della coalizione».
Nel 2020 il Molise, lo ha certificato l’Istat pochissimi giorni fa, ha perso altri 6.222 residenti. Eppure la notizia non ha suscitato particolare interesse tra gli amministratori locali.
«È un tema che non si può eludere, purtroppo. Anzi, dico di più: è il terreno su cui ci giocheremo il futuro della nostra Regione. C’è bisogno però di un interesse maggiore, senza dubbio. Da parte mia posso solo ribadire quanto già detto nella mia lettera per Primo Piano Molise dello scorso aprile: bisogna agire subito e ragionare sull’accorpamento con l’Abruzzo, evitando – ancora una volta – che le decisioni strategiche sul futuro del Molise vengano calate dall’alto e imposte “in via d’urgenza”, senza alcuna concertazione con i destinatari. Bene ha fatto il Consiglio regionale nei giorni scorsi ad imboccare la strada della cooperazione rafforzata prevista dalla nostra Costituzione. Poi è ovvio che parallelamente occorre prendere misure urgenti per il contrasto allo spopolamento, a cominciare dalle politiche per la famiglia. Una di queste, ad esempio, potrebbe essere quella di facilitare le adozioni di minori stranieri non accompagnati. Una misura che da sola di certo non basta a risolvere il problema ma che aprirebbe una prospettiva nuova, diversa, per l’intero territorio e per tante famiglie. I dati ci dicono che negli ultimi 10 anni le adozioni dei minori stranieri sono diminuite di oltre il 50%, un vero e proprio crollo. Mi piacerebbe che su questo tema si aprisse una discussione il prima possibile: ci sono tantissime coppie che sono pronte ad allargare il proprio nucleo familiare».
Buone idee su cui lavorare, le sue. Le cose, però, non vanno molto bene, onorevole. Non è d’accordo?
«Viviamo una situazione complessa, senza dubbio. Il Molise pensato dai nostri “padri costituenti” aveva una visione: strade, insediamenti produttivi, Università. C’era la capacità di programmare e soprattutto c’era la voglia di mettere da parte le litigiosità politiche nell’interesse esclusivo del Molise. Oggi non è più così, purtroppo. Viviamo in un’epoca dove l’interesse collettivo è sacrificato sull’altare dell’interesse elettorale del momento. È più facile ottenere un like su Facebook piuttosto che convincere un cittadino sulla bontà di questo o di quel progetto. In un contesto del genere programmare è difficile. Nel frattempo, però, il Molise è come una candela che si sta spegnendo. Occorre prendere atto che le imprese in questa regione sono alla canna del gas, i giovani vanno via in cerca di lavoro, il commercio e l’artigianato stanno scomparendo, le famiglie sono in difficoltà e il mondo agricolo è in piena crisi a causa di una concorrenza sempre più spietata e globalizzata. I dati sono sotto gli occhi di tutti. Ecco perché credo che serva una vera e propria rivoluzione culturale, prima ancora che sociale ed economica».
Come invertire la rotta, secondo lei?
«Prima di essere un politico sono un imprenditore, una persona che ha sempre lavorato nella sua vita. Ho l’orgoglio di aver creato migliaia di posti di lavoro e so bene quanto l’occupazione sia fondamentale per l’economia di un territorio. Ma nessuno, da solo, ha la bacchetta magica, sia chiaro. C’è bisogno del contributo di tutti. Dobbiamo avere il coraggio e la lungimiranza di mettere da parte per un istante le contrapposizioni politiche, sederci a un tavolo, e tornare a programmare insieme il futuro di questa terra. Perché è inutile girarci intorno: se non agiamo oggi nel 2050 questa regione sarà già bella che scomparsa. Occorre immaginare un grande piano infrastrutturale per uscire fuori dal nostro storico isolamento? Bene, facciamolo. Ma oggi, non tra 10 anni. Abbiamo una grande eccellenza come l’Unimol che forma i nostri migliori cervelli. Ecco: io credo che l’Università dovrà avere un ruolo centrale nella programmazione strategica di questa Regione. Sfruttiamo le competenze e il dinamismo dei nostri sindacati che in questi anni hanno dimostrato di conoscere a fondo quali sono i problemi del nostro sistema produttivo. Mettiamo in piedi una nuova costituente per il Molise, insomma. Senza pregiudizi, senza rancori e senza inutili polemiche. Ci sarà tempo per litigare e tornare a dividersi, ma non oggi. Il Molise, prima di tutto».
D’accordo, ma da dove partire concretamente? E in che modo?
«Bisogna partire dalle tante eccellenze che abbiamo e che danno lustro a questa regione. Penso ad esempio a Di Risio, che dopo un periodo di difficoltà ha saputo rimettersi in piedi contando solo sulle proprie forze. Vedere in tutta Italia auto col marchio DR è motivo di grande orgoglio. Penso al nostro settore lattiero-caseario, una eccellenza che esporta il made in Molise in tutto il mondo; penso alla Molisana, alle campane di Agnone della Fonderia Marinelli, alle nostre aziende di tartufo: gli esempi sarebbero tanti. Ecco, è fondamentale che la Regione sia al fianco del settore produttivo. Non soltanto a parole, ma con fatti concreti. Un sostegno pieno e incondizionato fatto di defiscalizzazione, di fondi regionali per lo sviluppo di nuovi mercati e di tutte le altre misure, compatibili con aiuti di Stato e con le norme europee e nazionali, affinché le nostre eccellenze possano sviluppare e crescere. Non dobbiamo fare niente di più rispetto a quello che già fanno le altre Regioni: aiutare le imprese a crescere. Senza trascurare il resto, beninteso. Ovvero il nostro patrimonio culturale e artistico: Sepino, Pietrabbondante, San Vincenzo al Volturno e tutti quei luoghi che custodiscono il dna storico della nostra identità molisana. Bisogna sostenere e spingere il turismo nel basso Molise tutto l’anno e non solo per pochi mesi: parliamo di un territorio che è strapieno di posti di una bellezza mozzafiato. Un discorso che vale anche per il turismo invernale dei comuni come ad esempio Capracotta e Campitello Matese. E poi dobbiamo puntare sul green e sulla transizione ecologica. Perché se c’è una regione “verde” quella è il Molise. Ben vengano, quindi, tutti i progetti che puntano alla riqualificazione e alla conversione produttiva in chiave green».
A proposito di Molise e di quello che c’è da fare: che idea si è fatto sui progetti del Pnrr che riguardano la nostra regione?
«Mi dispiace ammetterlo ma mentre nelle altre regioni del Sud sono stato convocato, insieme agli altri colleghi parlamentari, per discutere di questi temi, in Molise questo non è accaduto. Né per spontanea sensibilità istituzionale e nemmeno quando, più di un mese fa, ho espressamente trasmesso una nota al governatore per richiedere un tavolo di concertazione con tutta la delegazione parlamentare molisana. Perché sono tante le cose da fare, a cominciare dalla realizzazione della tratta stradale Termoli-San Vittore finalmente annunciata dal ministro Carfagna. Ma non solo: c’è il lotto zero a Isernia, l’allargamento della tratta adriatica, il raddoppio delle corsie di tutti i collegamenti che uniscono il Molise alle altre regioni limitrofe, il rafforzamento delle linee ferroviarie. Collegare in tempi rapidi le nostre città con Roma e Napoli significa migliorare la qualità della vita di tutti quei cittadini che giornalmente fanno i pendolari per motivi lavorativi. È un obiettivo su cui bisogna lavorare subito. E ancora: la messa in sicurezza di tutta l’area del Matese e in generale la valorizzazione e non la demonizzazione delle nostre eccellenze, a cominciare da quelle in ambito sanitario».
L’ambito sanitario, onorevole. Perché ogni volta che si parla di sanità le colpe sono tutte di Patriciello?
«Perché il tema della sanità in Molise ha un po’ la stessa funzione che ha la Ue in Italia: quando le cose vanno male e il governo annaspa, ci si nasconde dietro il “ce lo chiede l’Europa”. Lo scaricabarile è da sempre lo sport preferito di chi cerca di nascondere le proprie responsabilità. Ma la verità è che il privato accreditato è una risorsa per questa regione; genera ricchezza, investe nella ricerca, garantisce cure di eccellenza ai cittadini e, non da ultimo, crea mobilità attiva, cioè attira pazienti dalle altre regioni. Spiace che invece di guardare ai fatti si cerchi ogni volta di fare speculazione politica e spiace soprattutto che le ragioni legittime delle strutture private debbano essere riconosciute in sede giudiziaria e non dalla politica. Nel frattempo, la struttura commissariale in questi anni altro non ha fatto che favorire l’emigrazione sanitaria dei molisani verso le regioni del Nord: siamo ritornati ai viaggi della speranza in Lombardia e in Veneto, insomma».
Una scelta programmata o un semplice caso?
«Come si dice sempre “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Niente di più facile, quindi, che questa sia una strategia nazionale per affossare quel poco di buono che c’è nella sanità qui al Sud. Con un obiettivo abbastanza chiaro: arricchire ulteriormente le regioni del Nord che vedono accrescere il loro indice di mobilità attiva – cioè i pazienti delle regioni del Sud che vanno a curarsi al Nord – con tutto quello che ne consegue in termini economici, sociali, ecc…».
L’opposizione – e i 5 stelle in particolare – affermano che la mobilità attiva è un costo e non una risorsa. In buona sostanza, la loro tesi, Neuromed, Gemelli, Villa Ester, Villa Maria, Potito, Laurelli, Igea, etc… drenano fondi che diversamente andrebbero alle strutture pubbliche.
«Se è per questo i 5 stelle dicevano anche “mai col Pd”, “mai con Berlusconi” e “mai con Renzi”, ma ora governano col Pd, con Forza Italia e con Renzi. Sembra ieri quando promuovevano referendum per uscire dall’Euro e guardi ora: sono i più ferventi europeisti. Dico questo perché un conto è la propaganda per attirare facile consenso, un altro è la realtà. E la realtà è che la cosiddetta mobilità attiva, cioè l’attirare pazienti da fuori, fa guadagnare il Molise. Perché la Regione restituisce ai privati accreditati meno soldi di quanti ne incassa dalle altre Regioni. Ma questi sono tecnicismi che non interessano a nessuno, se non agli addetti ai lavori e chi utilizza questi temi per meri scopi elettorali. Ai cittadini interessa solo essere curati nel migliore dei modi, senza badare se la struttura che mi salva la vita sia pubblica o privata. È di questo che dovremmo occuparci».
Onorevole, probabilmente, nessuno più di lei in Molise conosce gli scenari politici e le evoluzioni degli stessi. Sembra di vivere in un mondo sospeso in attesa dell’elezione del Capo dello Stato. Perché?
«Perché siamo un Paese complicato, lo sappiamo. Il ragionamento sarebbe troppo lungo, ma essenzialmente viviamo in questo “mondo sospeso”, come lo chiama lei, per due motivi. Il primo è che l’elezione del Presidente della Repubblica è un momento spartiacque della vita politica italiana. E il secondo è da ricercare nel fatto che l’elezione del nuovo Presidente, ad un anno dal voto, porterà fisiologicamente sempre a una scomposizione e ricomposizione del quadro partitico; a un cambio degli equilibri, ecco».
Draghi, Mattarella bis o chi?
«Credo che il Presidente Mattarella abbia indicato chiaramente la sua non disponibilità ad un mandato bis. Se così sarà, noi non possiamo fare altro che prenderne atto, rispettare la sua scelta e ringraziarlo per lo straordinario lavoro svolto in questi anni del suo mandato. La sua è stata una guida sicura, saggia e autorevole, soprattutto nel corso di questa pandemia. Vero è che nell’ultima conferenza stampa il Presidente Draghi ha lasciato sottintendere chiaramente la sua disponibilità a traslocare al Colle. Detto questo, a prescindere dai nomi, è importante che il prossimo Presidente sia eletto dalla più ampia maggioranza possibile e che la sua elezione non sia motivo per un ritorno al voto anticipato».
Qual è il suo auspicio, quindi?
«Al di là delle singole appartenenze politiche è sotto gli occhi di tutti il grande lavoro svolto da Mario Draghi in questi mesi alla guida del governo. La credibilità internazionale del Paese è cresciuta in maniera esponenziale e in tempi di emergenza economica e sanitaria questo è un aspetto fondamentale. C’è poi un lato più pragmatico, per così dire: questa è una maggioranza eterogenea che si è unita con l’obiettivo principale di sconfiggere il Covid e preparare il Recovery plan. Solo una personalità straordinaria come Draghi può tenere insieme Salvini, Letta, Berlusconi, Renzi e Bersani. Per non parlare del piano economico».
Appunto. Ursula von der Leyen qualche giorno fa ha affermato che l’economia italiana cresce come non mai. Un endorsement di non poco conto.
«Le dichiarazioni della presidente Von Der Leyen fanno il paio con l’analisi dell’Economist di qualche giorno fa: l’economia italiana cresce più in fretta che in qualunque altro momento dall’inizio di questo secolo. E lo fa meglio anche di Francia e Germania. Certo, ci sono ancora troppi giovani disoccupati, soprattutto nel nostro Sud, ma è evidente che i meriti del governo Draghi e – aggiungo io – della solidarietà europea sono innegabili. Il bazooka finanziario del Recovery Plan è stato ed è un poderoso strumento di rilancio economico: Mario Draghi è l’uomo giusto al posto giusto per gestirlo».
Luca Colella

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