Anche per le regionali del 2023 il modello da seguire è quello che ha portato Castrataro alla guida del Comune di Isernia. Patrizia Manzo, consigliere dei 5 stelle a Palazzo D’Aimmo, lo dice chiaro e tondo: è questo lo schema da ripetere. Un campo progressista off limits ai trasformisti, ai salatori di fosso, ai campioni di giravolte, a coloro che, puntuali, ogni cinque anni passano da destra a sinistra e viceversa pur di restare in carreggiata.
Consigliera Manzo, nello scacchiere nazionale la presidenza della Regione per il 2023 è stata assegnata ai 5 stelle. Si fanno già alcuni nomi e nella rosa c’è pure il suo.
«Siamo solo all’inizio di quello che è, e che sarà nel prosieguo, un percorso politico di confronto, interno al Movimento e aperto alle sensibilità politiche che faranno parte di una coalizione che spero si presenti compatta attorno ad un progetto di rinascita della regione.
Ecco, sono più concentrata su quello che si deve fare per il Molise e utilizzo questo verbo – dovere – perché avverto il percorso come una esigenza, un obbligo. Chi ha il quadro ben chiaro dello stato della regione e delle emergenze che si sarebbero dovute affrontare politicamente da tempo, sa bene che è un dovere – per qualsiasi classe politica che verrà – dare forma e sostanza ad un progetto chiaro, che abbia pilastri saldi e robusti sui quali poggiare. Non si può continuare a navigare a vista.
La deludente eredità di questa legislatura è la mancanza di visione, di progettualità; è l’incapacità manifesta del governo regionale e della maggioranza che lo sostiene – nonostante le teatrali e farsesche frizioni interne – di disegnare la strada per uno sviluppo possibile, sostenibile, adeguato alle nostre vocazioni e al territorio. Di rispondere al baratro conseguente allo spopolamento, uno tra i più nocivi effetti dell’assenza della politica, attuale e passata. L’assoluta carenza di atti programmatori, in quattro anni di legislatura, è la fotografia della capacità politica di questa maggioranza. In aula sono arrivate pochissime proposte. Atti che, tra l’altro, possono essere tranquillamente etichettati come dovuti oppure interventi spot, tesi a dare una risposta momentanea ad un problema. Ovvio che l’emergenza pandemica abbia messo a nudo le difficoltà di interi comparti, a cominciare da quello sanitario e per finire a quello imprenditoriale e quindi al tessuto socio-economico regionale. Ma oltre le risposte “pubblicitarie”, è sempre mancata la visione chiara di quello che il Molise vuole essere. Prima di scegliere il chi, credo si debba trovare una convergenza sulle cose da fare e sul come farle».
Meglio puntare su un leader di esperienza, uno per intenderci della nomenclatura, oppure meglio un profilo alto ma fuori dai palazzi della politica. E se fossero i cittadini a sceglierlo con le primarie?
«L’esperienza politica non ha un peso secondario per affrontare le sfide che porta con sé, ovviamente, l’essere al governo di una regione: si tratta anche in questo caso di competenze. E possederle, averle implementate nel corso di una precedente esperienza costruita sul confronto, la discussione, la condivisione non può che essere un ottimo punto di partenza. Una sorta di curriculum, diciamo, che può fare la differenza, necessaria ma non sufficiente.
Veniamo da un quinquennio legato al cosiddetto profilo alto, al tecnico ‘travestito’ da politico, che credo abbia espresso in maniera molte volte errata il concetto che sottende il ‘fare politica’ cioè l’avere una visione non meramente analitica ma sforzarsi il più possibile verso una sintesi, che assorba in maniera proficua le varie anime che compongono il corpo sociale. Nei fatti, significa confrontarsi anche con il territorio, le comunità e le minoranze, in maniera più concreta e meno divisiva. Ad oggi, ritengo che sia arrivato il tempo di scegliere un candidato presidente che abbia il senso – alto – di cosa significhi fare politica e di ciò che le Istituzioni rappresentano. C’è un mondo fuori dal Palazzo che avverte il bisogno di una leadership della gentilezza, orientata al compito e al risultato ma vocata all’ascolto, all’attenzione, alla cura. Prima di dire cosa bisogna fare occorre ascoltare e rendere partecipe la comunità. Gentilezza è prendersi cura degli altri, dei luoghi in cui lavoriamo, della nostra terra e dei cittadini. Questo è l’identikit sul quale mi sentirei di convergere. Sulle primarie, invece, nutro qualche dubbio. Ci hanno abituati a vederle come una sorta di prova muscolare e non è così che si sceglie il candidato migliore, che prima di tutto non deve essere divisivo. Le primarie sono aperte a tutti, con gli evidenti problemi che porta con sé questo metodo. Non sono contraria al principio, ovviamente: il Movimento le chiama diversamente. Scegliere insieme non è un atto che releghiamo solo alla individuazione del candidato presidente ma su ogni tema che costruisce e rappresenta il nostro programma. Sarà criticabile come regola che ci siamo dati ma che rispettiamo sempre, non solo quando si deve scegliere il cavallo su cui puntare per la corsa elettorale».
La coalizione civica ha nominato tre saggi e dettato la linea al campo progressista: discontinuità su tutti i fronti. Condivide il metodo?
«Ritengo sia fondamentale la partecipazione ai processi quindi se confronto e condivisione sono allargati ad una platea più eterogenea, non possono che arrivare più spunti, più idee, più progettualità. In ossequio a questo assunto, in tempi non sospetti, ho raccolto la richiesta da parte dei movimenti civici di un’audizione sulla medicina territoriale, tema già affrontato dal Movimento. Il dialogo è indispensabile per una sintesi politica e abbiamo intrapreso questo percorso con la speranza di arrivare a scelte condivise. Ma le regole vanno scritte prima e insieme, non in corso d’opera come spesso accade. Ecco perché il solo fatto di pensare di dettare la linea al campo progressista rappresenterebbe un primo inciampo nel percorso di condivisione che si vorrebbe compiere. Significa alzare una barriera, porre ostacoli – seppur solo a mezzo stampa finora – e distinguo che sono l’antitesi del confronto ampio e partecipato. Il Molise è chiamato a sfide innovative, dettate dalla modernità di un mondo che ormai parla un linguaggio che richiede freschezza e coraggio, competenze e sensibilità nuove. Il futuro non è più quello di una volta, è fatto di idee innovative e nuove professionalità, centrali per la transizione ecologica e digitale. In Molise ci sono iniziative avvincenti, portate avanti da giovani professionisti competenti e pieni di voglia di fare che vanno messe in rete. Occorre avere il coraggio di essere più inclusivi, di raccogliere le nuove proposte e fare fronte comune affinché il futuro diventi realtà. La discontinuità politica invocata deve essere, prima di tutto, discontinuità nel modo di fare politica. Sarebbe inutile cambiare nomi e volti se le azioni messe in campo restano poi identiche a quelle attuate negli ultimi decenni. Ed è questa la discontinuità che auspico».
La sua idea di campo largo oltre il quale ci sarà inevitabilmente il punto di rottura con il Pd.
«Il campo largo si è già catalizzato a Isernia dove i partiti che ne fanno parte – Pd, Movimento 5 Stelle, Sinistra e civici – hanno fatto tutti un passo indietro individuando Piero Castrataro come il candidato migliore per la guida della città. E questo è un passaggio nodale per le prossime Regionali: non basta mettere il cappello su una candidatura per risultare vincenti. Serve una personalità che sappia essere il collante di una coalizione, che dialoghi con tutti, empatica, che sappia ascoltare e confrontarsi con i suoi alleati e anche con la minoranza, che abbia ben chiaro dove vuole andare e con chi. Non ci potrà mai essere spazio per chi invece ha fatto della politica il suo personale mezzo di trasporto per restare sempre in carreggiata, con qualsiasi schieramento politico. Ma i biasimevoli cambi di casacca o di piumaggio sono possibili e facilmente dimenticabili, purtroppo, perché non cambia mai il modus operandi anche a causa di una parte dell’elettorato che fidelizza il voto senza porsi troppe domande, nonostante i risultati inconsistenti che seguono le promesse faraoniche. Questo è un problema atavico del mio Molise e mi auguro che quello che ci aspetta, le sfide che dobbiamo cogliere e vincere, riescano questa volta a fare la differenza».
alessandra longano

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