Un unico articolo che modifica solo il primo comma dell’articolo 57 della Costituzione: «Il Senato della Repubblica è eletto su base circoscrizionale». Primo firmatario Federico Fornaro di Leu, il ddl siglato pure da Ceccanti del Pd, dalla 5s Macina e dall’ex ministra Boschi di Iv, mira a cambiare l’assegnazione dei seggi di Palazzo Madama che attualmente avviene su base regionale. Il centrodestra è convinto che i territori piccoli verranno alla fine accorpati, con buona pace della rappresentanza. Ne è convinto anche il politologo Salvatore Vassallo (in passato esponente Pd), che su Domani qualche giorno fa ha scritto: «Anche i seggi assegnati a regioni come l’Abruzzo o il Molise potrebbero rifluire in circoscrizioni più grandi o in un collegio unico nazionale per essere assegnati con un sistema perfettamente proporzionale».
Il testo è stato approvato in prima lettura alla Camera il 10 maggio. Così hanno votato i molisani: Federico (5s) favorevole, Occhionero (Iv) in missione, Testamento (ex 5s, Alternativa) assente e Tartaglione (FI) contraria. Servono altre tre approvazioni perché la proposta diventi legge. Gli osservatori e i sostenitori più tiepidi, per esempio i renziani, hanno forti dubbi che possa accadere. Ma l’indicazione è chiara. L’obiettivo è meno chiaro, anche perché le restanti disposizioni costituzionali restano intatte, anche quella per cui al Molise toccano due senatori.
La riduzione dei parlamentari, nel caso dei senatori a 200, secondo la maggior parte dei gruppi (pure dei 5 Stelle che hanno voluto il taglio) impone correttivi nelle norme elettorali per il buon funzionamento delle Camere. Qui poi si innestano le motivazioni politiche. A giudizio del centrodestra con questa mossa l’alleanza Letta-Conte vuole arrivare al proporzionale puro. La modifica imporrà infatti una rivisitazione del sistema elettorale per Palazzo Madama, che oggi prevede una quota maggioritaria. Nello scontro sull’architettura istituzionale si inserisce un ‘granellino’ che rischia di scardinare il sistema di rappresentanza riconosciuto dai costituenti. In Molise, ha spiegato il leghista Igor Iezzi durante il dibattito, con l’attuale ripartizione, a conquistare i due seggi saranno i partiti più grandi con un effetto maggioritario che prescinde dalla legge elettorale. «Cosa hanno pensato coloro che sono contro la legge maggioritaria nel nostro Paese e vogliono un proporzionale che rappresenterebbe la palude e l’impossibilità per i cittadini di scegliere da chi essere amministrati e governati? Vogliono fondere queste regioni più piccoline in una circoscrizione più grande che comprenda le regioni confinanti più grandi. Ad esempio, (…) fondere il Molise all’interno della Campania», ancora Iezzi. I senatori sarebbero in massima parte campani, con buona pace della ‘riserva’ costituzionale.
I promotori della riforma, a leggere il resoconto stenografico della seduta, non sono hanno lavorato molto a confutare la tesi. Così Stumpo (Leu): «La riduzione del numero dei senatori ha fatto sì che si creeranno oggettive condizioni di difficoltà di rappresentanza e di rappresentatività di alcuni territori e, quindi, occorre provare successivamente con una nuova legge elettorale (…) a dare maggiori possibilità». Giorgis, del Pd: «La riforma di cui stiamo discutendo è una piccola riforma, i cui effetti dipenderanno da una eventuale successiva scelta del Parlamento». Corneli (5s): «Andiamo a modificare quel meccanismo che certamente è stato distorsivo (…), ossia la base elettorale regionale dell’elezione del Senato della Repubblica, che diventa circoscrizionale, andando ad accrescere la rappresentatività di quel ramo del Parlamento». Due senatori al Molise? Dipende dal buon cuore dell’eventuale e futuro architetto della successiva legge elettorale. Troppo vago, per non essere pericoloso.
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