«Con la modifica della base di elezione del Senato da regionale a circoscrizionale si potrà scrivere una legge elettorale capace di dare più rappresentanza e maggiore stabilità. Questa modifica, infatti, lascia la massima libertà al legislatore per dare una risposta alla criticità rappresentata, dopo il taglio del numero dei parlamentari, dall’esiguo numero di senatori eletti nelle piccole regioni e all’esigenza di avere leggi elettorali simili tra Camera e Senato per evitare i problemi d’instabilità che si sono manifestati nel recente passato».
Ipse dixit: così il primo firmatario e relatore alla Camera del disegno di legge che cambia la base di elezione del Senato, da regionale a circoscrizionale, dopo il primo via libera. Il testo è appoggiato dalla maggioranza del governo Conte 2: Leu, Pd, M5s e Iv (ma i renziani sono già tiepidi). Il centrodestra ha votato contro e in particolare la Lega ha avvertito dal pericolo che, al contrario, le piccole regioni possano perdere rappresentanza. In Aula, il deputato del Carroccio Iezzi ha portato proprio l’esempio del Molise, a rischio ‘accorpamento’ con la Campania in una futura circoscrizione.
Mettendo insieme un po’ di rassegna stampa, viene fuori che l’esigenza di rimpinguare la rappresentanza di piccole regioni dopo il taglio dei parlamentari è stata sposata o presa per buona da molti commentatori. Ma nessuno si riferisce al Molise. I casi citati sono la Basilicata (da De Martis su Avvenire) o l’Umbria. Regioni che, per effetto della riduzione del numero degli eletti a Palazzo Madama sono passate da sette a tre senatori. Il Molise invece ha mantenuto i suoi due.
Piuttosto, lo stesso relatore ha aggiunto, nel suo commento post voto alla Camera, altre valutazioni che sembrano prioritarie per i proponenti: «Sarà possibile recuperare i resti a livello nazionale per evitare che anche un sol voto possa essere andare perso; assegnare un premio di maggioranza a livello nazionale e anche una soglia di sbarramento nazionale senza timore di violare la Costituzione vigente».
Per il centrodestra, però, si tratta solo del tentativo di Letta e Conte di tornare al proporzionale puro. Dal centrosinistra ribattono che, invece, si potrebbe evitare di avere maggioranze diverse fra i due rami del Parlamento.
Dopo il via libera di Montecitorio, il ddl è passato a Palazzo Madama, dove deve essere ancora assegnato alle commissioni competenti. Sarà interessante seguire il dibattito, essendo i suoi inquilini, tra cui i due molisani Ortis e Di Marzio, più direttamente interessati dalla riforma. Osservatori, e promotori stessi, sono convinti che la riforma non vedrà la luce in questa legislatura. Ma la certezza non può averla nessuno.

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