La bandiera del civismo l’ha imbracciata prima di molti altri, tanto da rivendicare oggi una sorta di primogenitura.
A soli 24 anni entra in Consiglio regionale e nel 2011 con Costruire Democrazia è il primo eletto di tutta la coalizione di centrosinistra. Nel 2013, nel Frattura bis, corre in solitaria e il suo movimento civico raccoglie più dell’ 11% dei consensi, doppiando di gran lunga quella soglia di sbarramento innalzata al 5 appena qualche settimana, a maggioranza e con una modifica alla legge di bilancio, dall’assemblea di Palazzo D’Aimmo. Per dirla con lui «civico» lo è da dieci anni.
Che abbia di nuovo voglia di scendere nell’arena politica? Non proprio. O meglio a certe condizioni e non da candidato consigliere.
Uno scatto che lo ritrae qualche settimana fa a pranzo Andrea Greco, capogruppo del Movimento 5 stelle alla Regione, di fatto lo ha rimesso in gioco.
Avvocato Romano, si è avvicinato lei alle posizioni dei 5 stelle o il contrario?
«Non è un mistero che io alle politiche e alle regionali scorse abbia votato il Movimento, così come al comune di Campobasso pur non essendo candidato né direttamente né per interposta persona. Detto questo, le mie ultime esperienze politiche a livello civico parlano per me e, quindi, c’è una condivisione di argomenti sui temi fondamentali della sanità pubblica così come dell’acqua pubblica che rendono assolutamente, direi naturale, un dialogo. È stato, probabilmente, innaturale che questo dialogo non si sia concretizzato in termini operativi anche da prima. C’è una perfetta coincidenza sugli argomenti e sulle questioni, anche su elementi più simbolici come la rinuncia ai finanziamenti pubblici, per esempio, a cui nel 2013 Costruire democrazia ci rinunciò anche se ne avrebbe avuto diritto come movimento che aveva realizzato un numero di voti importante».
Torniamo al dibattito odierno che sta portando avanti lo schieramento ‘progressista’ a cui lei guarda e che al momento insiste sulla definizione del perimetro e su chi può farne parte e chi no.
«Avendo io la libertà di parlare da ‘non candidato’, ho la libertà di poter dire che posso prescindere da questioni personali, ragiono insomma da cittadino. Il dibattito è sterile se non si comprende la gravità della situazione che c’è oggi dal punto di vista politica e quindi sociale ed economico. Infatti non a caso ho apprezzato l’intervista che ha fatto Greco perché il punto di condivisione di quella famosa fotografia e del percorso che in un certo qual modo stiamo portando avanti si basa su delle cose che vanno fatte. E che pretendono ci sia una discontinuità totale rispetto almeno agli ultimi dieci anni di governo regionale. Perché se il dibattito resta basato su una disputa tra personalismi francamente mi interessa proprio poco e mi tiro fuori dal rodeo della sponsorizzazione di Tizio anziché di Gaio. Per l’esperienza che ho fatto, sia quando stavo in Regione sia successivamente a livello professionale, assistendo comunque molte pubbliche amministrazioni e imprese, è quello proprio di rendersi conto che del Molise non è rimasto niente e quindi questa è l’ultima chiamata».
Lei dice “non sarò candidato consigliere”, sa bene che una frase come questa ha bisogno di essere spiegata meglio.
«Sulla candidatura a consigliere sgombero il campo: non lo sarò. Su altri tipi di impegni non lo escludo semplicemente perché è un tema che ad oggi non si è posto. Quindi come dire non riguarda me. Rivendico la libertà di parlare da semplice cittadino perché non ho ambizioni di carattere personale, faccio la libera professione mi piace molto, sono molto impegnato su tante questioni anche delicate e intendo continuare a farlo ecco.
Oggi escluso la candidatura a consigliere perché è quella che richiede una decisione individuale.
Sono stato eletto consigliere regionale a 24 anni, e poi me ne sono andato nel 2013 con le mie gambe, quindi è una esperienza che non rifarò. Oggi ho un osservatorio della politica regionale, e non solo, che è quello dell’avvocato: le dinamiche che ci sono e che mi consentono di dire oggi non siamo a punto di non ritorno.
È chiaro che se ci sono le condizioni per un impegno politico, per altri tipi di ruoli, io non mi tiro indietro però non è questo l’orizzonte del mio impegno oggi. Attenzione, non sto dicendo che sono a disposizione, non me ne frega niente se il candidato presidente si chiamerà Francesco, Pietro o Giovanni, quello che mi interessa e che si costruisca una roba che sia in totale discontinuità. Cioè il mio impegno, anche per esempio a dare una mano a costruire un contenitore, ci sta, ci può stare e ci starà se si crea discontinuità sulle questioni reali alle quali sono interessato sia come cittadino sia come operatore privilegiato vista la professione che svolgo».
Discontinuità, una bella parola che però va declinata in azioni. Provi a tradurla concretamente.
«Se si pensa di fare il ‘Frattura bis’ io farò altro, se si fa invece una cosa diversa posso tentare di dare un contributo sempre dall’esterno e nelle forme che potranno essere utili. Mi riferisco almeno agli ultimi due governi regionali, ovviamente non devo specificare che anche quelli precedenti mi hanno visto in prima linea in posizioni antagoniste. Ma quando dico gli ultimi due governi regionali lo dico per delimitare un campo temporale che sia percepibile da tutti insomma».
La questione da mettere in cima all’agenda politica oggi.
«Senza dubbio la sanità, le prossime elezioni si giocheranno sulla sanità. Questo è il tema dei temi. Ormai dopo il Covid tutti hanno preso consapevolezza del fatto che in Molise l’organizzazione del sistema sanitario è completamente devastata, quindi se non si riparte da lì, dall’attribuire certezza al diritto alla salute, tutto il resto non ha senso».
Ridare diritto alla sanità pubblica significa togliere al privato per ridarlo al pubblico?
«Intanto diciamo che il colpo di grazia alla sanità pubblica lo ha dato il governo Renzi, durante la giunta Frattura, con il decreto Balduzzi che viene partorito nel 2015. E oggi mi fa specie che alcune voci, che all’epoca hanno assistito passivamente o anche attivamente allo smantellamento del sistema pubblico, oggi si permettano di parlare. Però, sempre nell’ottica di non voler attribuire colpe specifiche, il tema è, e l’hanno capito tutti, che oggi c’è un sistema totalmente squilibrato perché c’è stato un disegno preciso che ha determinato lo svuotamento della sanità pubblica a favore di altri tipi di interessi che non sempre coincidono con la salute dei cittadini. Perché se oggi i tempi per una diagnostica per immagini presso una struttura pubblica sono di 14 o 15 mesi non è che questo accade per caso, accade perché c’è stato qualcuno che facesse in modo che accadesse, si è lavorato perché questo accadesse. Non è andare contro o a favore della sanità pubblica come se fosse un totem, il tema è riequilibrare una organizzazione sanitaria che oggi è totalmente deficitaria, ma se non si riparte da questo tutto il resto sono soltanto chiacchiere».
La seconda emergenza se così si può definire?
«E il secondo tema sono le condizioni per fare in modo che si resti in Molise, perché il tema demografico nasce dal tema centrale: tutte le energie che se ne vanno non hanno un minimo di speranza di poter tornare in Molise perché non c’è rimasto nulla. Perché la gestione delle decisioni pubbliche è lenta, ispirata a canoni che in alcuni casi sono demenziali e nella maggioranza dei casi rispondono a logiche di micro botteghe. Questo l’hanno capito ormai tutti. Quello che manca è il passaggio successivo da tradurre in un’area politica che metta insieme delle persone che magari non avranno l’ambizione di essere dei santi o degli scienziati che però si mettono d’accordo su delle cose che non sono più rinviabili».
Auspicabile che si ripeta quello che è successo a Isernia: forte rinnovamento dal basso spinto dai movimenti civici.
«Certo, io guardo con grandissimo interesse a quel tipo di schema in questo momento, anche per effetto della modifica della soglia di sbarramento e per il mio pregresso di impegno civico. Io per esempio vedrei molto bene, accanto ai partiti più tradizionali, un movimento, un’aggregazione civica da affiancare naturalmente ad una logica di coalizione per tenere il punto su questi temi sostanziali di cui abbiamo appena parlato. E in questo senso ci potrebbe essere un mio impegno in quella direzione».
La soglia portata dal 3 al 5% per i partiti in coalizione. Un colpo d mano …
«Chi mi parla del colpo di mano mi fa sorridere perché com’è noto in Molise è la prassi che si pieghino le regole per il proprio tornaconto e non vorrei che qualcuno avesse dimenticasse il blitz che si è fatto nell’abolizione della surroga che, anche in quel caso, mi pare uscì scritto un codicillo nella legge di bilancio».
Il problema non è la soglia al 5%, il problema che ci vorrebbe una soglia di sbarramento per la dignità dei candidati. Resta comunque il problema della leadership, come convergere su un candidato presidente.
«Sulla decisione del presidente non prendo parte perché è un dibattito che veramente non mi appassiona. Ripeto, a mio avviso occorre lavorare a una discontinuità sostanziale rispetto al passato recente perché, di fatto, se ci sarà la riproposizione di persone e di modalità di concepire l’impegno pubblico che sono state già bocciate dall’elettorato, perché appunto hanno rivelato i loro limiti, secondo me si perde un’occasione. Personalmente coltivo la speranza che ci sia una presa di consapevolezza con la necessità di scrivere una pagina nuova in termini di argomenti e anche in termini di persone».
I 5 stelle hanno appena siglato l’intesa con il Pd per le primarie in Sicilia. Potrebbe essere una modalità per trovare la quadra.
«Mi sembra un falso tema, perché se fai le primarie senza che ci sia una convinzione forte sulle cose da fare in tema di discontinuità, le primarie possono essere anche uno strumento controproducente. E poi non mi pare che nel passato abbiamo dimostrato di essere idonee a scegliere le figure migliori».
alessandra longano

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