Abrogazione della legge Severino (che disciplina l’incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive in seguito a sentenze di condanna), limiti agli abusi della custodia cautelare, separazione delle funzioni dei magistrati e loro equa valutazione, riforma del Csm. Il 12 giugno si vota sui cinque quesiti referendari promossi da Radicali e Lega. Se ne è parlato poco. Il confronto promosso dai tre Ordini degli avvocati del Molise e moderato dal commissario regionale del Carroccio Marone, ieri a Campobasso, ha dimostrato che invece c’era e c’è molto da dire e che i temi, per quanto abbiano un tenore tecnico, rivestono una grande importanza per la vita dei cittadini.
Mentre gli italiani sono chiamati al voto, procede in Parlamento l’iter della legge Cartabia. L’intervento della politica, ha ricordato Michele Marone aprendo i lavori, solo dopo che il Presidente della Repubblica nel suo discorso di insediamento per il secondo mandato ha rimarcato la necessità di mettere mano al sistema – e a distanza di tempo dallo scandalo Palamara -, non è neanche risolutivo. «La riforma in itinere non va incontro all’esigenza far recuperare credibilità alla giustizia. Per esempio, non risolve il tema della separazione della carriere».
Questo l’argomento principe del dibattito di ieri, che ha visto magistrati e avvocati confrontarsi con passione. In video collegamento, l’ex procuratore di Venezia Carlo Nordio – schierato con il Sì – ha trattato proprio questo punto in avvio del convegno. «Si tratta di un referendum non punitivo per la magistratura, sono stato pubblico ministero per 40 anni e mai avrei aderito a una iniziativa che lo fosse». Dal 1989, ha spiegato, l’Italia ha un codice di procedura penale imperniato sul processo accusatorio che contrasta con la Costituzione che invece è stata redatta avendo davanti il codice Rocco e il suo processo inquisitorio. Il Codice Vassalli, e il suo estensore ne era consapevole – ha riferito Nordio – introduce un meccanismo tipico dei sistemi di common law (anglosassoni), dove per esempio il pm è addirittura elettivo (negli Stati uniti), dove l’esercizio dell’azione penale è discrezionale, dove le carriere sono nettamente separate. Senza questo tipo di interventi, ha concluso, in Italia «continueremo ad avere una Ferrari sui cui è montato il motore di una 500» con il risultato che la Ferrari si è inceppata.
La magistratura, ha controbattuto Roberta D’Onofrio, gip al Tribunale di Campobasso e sostenitrice del No. «Il titolo di questo incontro è: cambiare la giustizia. Su questo assunto si chiede di votare sì. Io contribuirei al cambiamento se fosse con certezza un miglioramento, perché è innegabile che ci siano problemi nella giustizia». Sulle spartizioni di incarichi e la lottizzazione correntizia, «i magistrati onesti, che sono la stragrande maggioranza, hanno interesse che si accertino e vengano punite condotte patologiche». Ma gli scandali, ha continuato D’Onofrio, sono emersi grazie agli anticorpi di cui è dotata la magistratura. Rispetto alla separazione delle funzioni (tecnicamente è questo che, in ossequio al dettato costituzionale, chiede uno dei quesiti), si contestano i poteri delle cosiddette super procure. Secondo la gip, non c’è appiattimento dei giudicanti invece, il 50% delle decisioni è di assoluzione. La parità fra accusa e difesa «è garantita nel processo». E ha infine concluso: «Ma vogliamo un pm inquisitore professionale o magistrato che non cerca solo elementi di accusa?». La seconda opzione per lei è quella giusta e la si può conseguire (mantenere) se il pm arriva dallo stesso concorso del giudicante.
Di opinione opposta il giudice Daniele Colucci. Magistrato campobassano oggi consigliere della Corte di Appello di Napoli, il 12 giugno voterà sì. «Oltre alla parità fra accusa e difesa, occorre che il giudice sia terzo e imparziale», ha detto citando l’articolo 111 della Costituzione sul giusto processo. «E una delle parti che è collega del giudice è in posizione di parità?». Per lui la separazione della carriere «non è da temere, anzi una cosa essenziale in un Paese civile». Favorevole anche alla proposta referendaria sui limiti agli abusi della custodia cautelare, Colucci non ha avuto remore a dichiarare: «Troppe persone vengono arrestate e poi sono assolte oppure dopo il processo non tornano in carcere». E che «va eliminata la contiguità strutturale nella fase delle indagini».
Sala piena al Centrum Palace, moltissimi gli avvocati presenti in sala. Al dibattito, per la professione forense, ha dato il proprio contributo il presidente della Camera penale del Molise Mariano Prencipe, anche lui schierato col Sì. Sono stati gli Ordini degli avvocati, ha detto il presidente di quello di Campobasso Giuseppe De Rubertis, ha volere una iniziativa di confronto e informazione. Soprattutto dal Centrum Palace è arrivato l’invito, da De Rubertis e dagli altri relatori, ad andare alle urne e non al mare il 12 giugno. Sia che passi il Sì sia che si affermi il No, se si raggiunge il quorum – le parole di De Rubertis – la riforma Cartabia risponderà (dovrà rispondere in caso di vittoria del Sì) ai desiderata degli italiani.

r.i.

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