Impegnati nella campagna referendaria – il 12 giugno si vota per i cinque quesiti sulla giustizia promossi insieme ai Radicali – dirigenti e militanti della Lega presidiano anche il fronte delle prossime regionali. Per competere e vincere nel 2023 in Molise «serve un nuovo corso», dice in questa intervista il coordinatore Michele Marone. E il presidente uscente Toma «allo stato non può incarnare la figura attorno a cui lavorare».
Avvocato Marone, quando è stato nominato da Salvini alla guida del Carroccio ha detto che la priorità è definire il programma per le regionali. A che punto è l’interlocuzione con il resto della coalizione?
«Abbiamo proprio in agenda un incontro fra coordinatori di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Udc. Noi intanto siamo tornati nelle piazze, oltre che per la campagna informativa sul referendum, per ascoltare i cittadini al fine di mettere a punto un programma che tenga conto delle criticità che provengono dal territorio. Il problema principale è la sanità. Come Lega stiamo cercando di elaborare un piano che possa portare il Molise fuori dal commissariamento, ormai atavico, e restituire ai molisani il diritto alla salute. Sono questioni complesse per le quali ci stiamo confrontando anche con tecnici del settore. Altra criticità importante è la viabilità. Qualche giorno fa per venire da Campobasso sulla costa c’era una coda di oltre dieci chilometri sull’unica via di comunicazione. Nel 2022, non può essere accettata una cosa del genere. Anche in questo caso serve un piano per le infrastrutture che garantisca l’accessibilità alle aree interne e, a cascata, lo sviluppo del Molise. Senza una rete stradale degna di questo nome, la regione resterà al contrario sempre al palo. E poi c’è il lavoro, la necessità cioè di mettere in campo politiche attive. La Regione non crea lavoro ma, attraverso scelte politiche e strategiche, può porre le condizioni affinché lo facciano gli imprenditori investendo in questo territorio. Questi i tre pilastri fondamentali su cui ruoterà il programma che la Lega del Molise porterà al tavolo dei partiti della coalizione per poi stilare quello definitivo da proporre nel 2023 agli elettori».
Gli interpreti del programma non sono meno importanti. A cominciare dal leader della coalizione. Il governatore Toma lo dice da qualche mese: vuole ricandidarsi. Qual è la vostra posizione?
«Ogni ambizione in politica è legittima, però gli uomini “appartengono” ai partiti. Se il presidente uscente ha intenzione di ricandidarsi, come ha dichiarato, dovrà essere il suo partito a proporlo. Inoltre, la Lega è stata già chiara sul punto in passato: ritiene che il presidente uscente non goda più del consenso della maggioranza dei molisani che quattro anni e mezzo fa lo ha votato. Per cui allo stato non può incarnare materialmente la figura attorno a cui lavorare. Ripeto, però, che porsi il problema degli uomini è decisamente prematuro. È un profilo su cui si inizierà a lavorare solo dopo che avremo condiviso il programma da sottoporre al vaglio degli elettori».
Io insisto sugli uomini. I vertici nazionali della Lega non avrebbero mostrato ostilità alla ricandidatura di Toma. A lui non risulta.
«Per quanto io sia informato dalla segreteria nazionale, non c’è al momento alcuna indicazione sui nomi per il futuro candidato presidente. Certo è che il presidente uscente non rientra fra le persone che la segreteria federale della Lega possa ritenere candidabili».
Parliamo del perimetro della coalizione.
«Quella locale dovrà riflettere la coalizione nazionale. Quindi: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Udc e poi gli altri centristi, mi riferisco a Toti con Coraggio Italia per esempio, e anche eventuali aggregazioni di natura civica che condividano il pensiero liberale di centrodestra. La cosiddetta quarta gamba».
Può vincere il centrodestra in Molise nel 2023? E a quali condizioni?
«Lo ripeto: un programma credibile che possa interessare la maggioranza dei cittadini del Molise. Solo così si può riacquistare il consenso, con proposte di soluzione ai problemi che affliggono la regione e con la prospettiva del rilancio e dello sviluppo. È un lavoro che dovrà essere portato avanti da tutta la coalizione. Restando uniti e dialogando con le forze di centro che vogliono condividere il programma ritengo che si possa pensare di tornare, come centrodestra, al governo della Regione. Perché oggi il centrodestra non c’è: la Lega è fuori, Fratelli d’Italia ha un pezzo in maggioranza e un pezzo all’opposizione, Forza Italia è guidata dal presidente. Quello di oggi è un governo del presidente. Bisogna restituire credibilità alle forze di centrodestra con un nuovo programma e un nuovo corso».
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