In campo per Forza Italia, ma non come candidato al Parlamento. Chi conosce Aldo Patriciello sa quanto il suo staff sia una “macchina da guerra”. Affinata e potenziata negli anni e a disposizione degli azzurri che si misureranno in prima persona e del centrodestra in generale. Ma lui resta dov’è. In Europa. In questi giorni i vertici nazionali, in testa il coordinatore Antonio Tajani con cui ha condiviso a lungo il mandato a Bruxelles, lo hanno cercato, contattato, corteggiato. In questa intervista, l’onorevole spiega perché non correrà per le politiche del 25 settembre.
Senza fronzoli, onorevole: dunque si candida alle politiche?
«No, assolutamente no! Non sarò candidato né alla Camera né al Senato. Sono e resto un parlamentare europeo, il mio posto è a Bruxelles».
Perché? Quella del 25 settembre per il centrodestra è un’occasione storica. Lei potrebbe ambire a un ruolo importante ‘a casa’ e Forza Italia, da quel che si dice, glielo ha chiesto.
«Infatti è così. E sono grato per la fiducia dimostratami in questi giorni. Ma la mia è anzitutto una scelta di coerenza. In questi ultimi mesi, anche da queste colonne, ho sempre dichiarato che non sarei stato candidato in una eventuale elezione politica: rispettare la parola data, per chi come me ha un’impostazione imprenditoriale prima ancora che politica, è un valore irrinunciabile. C’è poi una motivazione più strettamente politica. Non potrei mai tradire il mandato che decine di migliaia di elettori, in tutto il Sud, hanno inteso conferirmi con la loro fiducia nelle ultime elezioni europee. Ho un dovere morale nei loro confronti: quello di completare il mio mandato, soprattutto in un momento storico come questo in cui le grandi decisioni per il futuro del nostro Paese passano per Bruxelles».
A proposito di coerenza, in un’intervista di qualche mese fa lei ha dichiarato di non voler ricandidare parenti alle regionali. Conferma anche questo?
«Assolutamente sì! La mia scelta non vuole essere un giudizio sull’operato di nessuno, sia chiaro. Non ho veti di nessun genere da porre e non sta a me decidere se una persona possa o non possa candidarsi. Ho solo manifestato la volontà di sostenere e proporre per le prossime regionali una lista in cui non vi sia la presenza di nessun mio familiare. Questo affinché la competizione all’interno della lista stessa possa essere aperta il più possibile. Tutto qui».
Tornando alle politiche, che scenario prevede e cosa si aspetta da questa campagna elettorale?
«Mi aspetto innanzitutto senso di responsabilità. Forse non a tutti è chiara la drammatica situazione nella quale ci troviamo. La pandemia ha sì attenuato la sua gravità iniziale, ma siamo in una fase di rapido aumento delle infezioni; la guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova non solo il continente ma il mondo intero; è in atto una spaventosa crisi alimentare i cui risvolti non sono ancora evidenti ma che nei prossimi mesi può diventare molto pericolosa; c’è la grande sfida energetica e la necessità di cambiare radicalmente le nostre abituali fonti di approvvigionamento; abbiamo un’inflazione che è tornata a livelli preoccupanti e che impoverisce le famiglie italiane, un debito pubblico che è il più alto d’Europa, ovviamente, c’è il piano di investimenti del Pnrr da portare a termine, un’occasione storica per il nostro Paese. In una situazione del genere è necessario parlare con chiarezza agli elettori, spiegando cosa si intende fare per il futuro del Paese agendo con immediatezza»
Un suo giudizio sulla delegazione parlamentare uscente.
«Ah guardi, non spetta a me dare giudizi. Gli unici a poterlo fare sono gli elettori con il loro voto del prossimo 25 settembre. Io mi limito ad una semplice constatazione: mi auguro che la prossima delegazione parlamentare molisana sia impegnata a costruire e non a distruggere».
In che senso?
«Beh, ritengo fin troppo evidente il fatto che c’è stato qualcuno che, nel tentativo di costruirsi una visibilità politica, ha impiegato la maggior parte del proprio tempo a disposizione attaccando le poche eccellenze della nostra Regione invece di cercare di costruire qualcosa di buono per il Molise. E questo è un peccato. Soprattutto perché la delegazione parlamentare pentastellata è stata per ben cinque anni al governo di questo Paese e aveva tutti gli strumenti per poter contribuire in maniera efficace alla crescita del nostro territorio».
Quando parla di «costruire qualcosa di buono» a cosa si riferisce?
«Innanzitutto all’aspetto economico e produttivo. Sono molto preoccupato, non lo nascondo. In una situazione di grande fragilità politica ed economica come quella che stiamo attraversando io credo che sia necessario rimboccarsi le maniche e cercare di fare ogni cosa in nostro potere per far crescere il Molise ed evitare che i pochi giovani che sono rimasti vadano via. E la ricetta è una sola: lavoro, lavoro, lavoro. La politica deve avere il coraggio di mettere da parte le piccole beghe di partito, i personalismi, le gelosie, i rancori e tornare a pensare in modo coerente allo sviluppo di questa regione. E bisogna farlo insieme, aldilà delle singole appartenenze partitiche. Peggio di fare le cose e sbagliare c’è solo il non fare niente. E questo è un lusso che il Molise non può permettersi».
Da questo punto di vista i fondi previsti dal Piano di ripresa e resilienza potrebbero davvero fare la differenza.
«Ne sono fermamente convinto, l’ho sempre detto. Anche qui, però, bisogna fare attenzione: il Pnrr non è la bacchetta magica che risolve tutti i problemi, molto dipende dalla politica e da come sarà in grado di accompagnare le singole azioni del piano. Le faccio un esempio: bene, anzi benissimo, gli investimenti per la Gigafactory Stellantis a Termoli. La transizione ecologica è una grande sfida ed un’enorme opportunità. Ma chi sta pensando alle tante piccole e medie imprese dell’indotto Fiat che fino a ieri erano legate al “vecchio” modo di produrre ed ora rischiano di essere travolte da questa riconversione? È un esempio che riguarda Stellantis ma che è valido per tutte le eccellenze molisane che creano valore aggiunto per il territorio, da La Molisana a Dr, da Gemelli Molise alle tante nostre realtà dell’agroalimentare. L’importante è che ci sia concertazione tra le parti politiche, cosa che purtroppo in questa regione non sempre avviene».
Dice questo perché in Molise non è stato consultato sulla messa a punto del Pnrr?
«Non ne faccio certo una questione personale, ci mancherebbe. Sono stato chiamato a discutere di fondi europei e Pnrr un po’ ovunque nelle regioni del Sud, tranne che qui in Molise. Avrei dato volentieri il mio contributo, ma va bene lo stesso. Allo stesso tempo spiace prendere atto che in quattro anni e mezzo non ci sia stata una riunione di concertazione tra governo regionale e delegazione parlamentare sui macro temi di sviluppo del Molise. La crescita economica non avviene grazie alla produzione di comunicati stampa autocelebrativi e post sui social ma solo un confronto costante e sereno tra tutti coloro che hanno a cuore le sorti della nostra regione».
Nel frattempo lo spopolamento avanza e spaventa. Lei crede si possa invertire il trend? E come?
«Non prendiamoci in giro, parliamo chiaro ai nostri cittadini: il Molise è come una candela che si sta spegnendo lentamente. Non c’è più tempo da perdere. Occorre prendere atto che le imprese in questa regione sono alla canna del gas, i giovani vanno via in cerca di lavoro, i paesi si spopolano ogni anno di più, il commercio e l’artigianato stanno scomparendo, le famiglie sono in difficoltà per l’aumento spropositato del costo dell’energia e il mondo agricolo è in piena crisi a causa di una concorrenza sempre più spietata e globalizzata. I dati sono sotto gli occhi di tutti. A chi tocca risolvere questi problemi se non alla politica? Mi rattrista molto vedere che non c’è più nessun dialogo tra le varie forze politiche. Una volta si litigava, ci si scontrava senza esclusione di colpi ma dal confronto, alla fine, venivano fuori soluzioni, idee e nuove progettualità. Oggi invece c’è troppo rancore, troppo odio sociale che fa da tappo alla crescita del nostro territorio. Dobbiamo agire e occorre fare in fretta. Non possiamo stare a guardare senza fare nulla. La Regione ha il dovere di essere attiva, propositiva in modo concreto. Penso ad esempio al grande tema del divario tra Nord e Sud in materia di occupazione, ricerca, sanità. Invece di farci la guerra tra poveri dobbiamo ragionare da squadra per cercare di invertire il trend e rimettere il Sud, e in primis il Molise, sui binari della crescita e dello sviluppo. Su questi temi mi auguro che la nostra futura delegazione parlamentare sia in grado di dare un contributo fattivo».
A proposito, qualche giorno fa un nostro lettore ha denunciato il pessimo stato in cui si trova la sede della Regione Molise a Bruxelles. Qual è il suo giudizio al riguardo?
«Ho letto anche io quella lettera e una cosa è certa: la Regione non ci fa una bella figura. Avere una sede nel cuore delle istituzioni europee è una enorme opportunità. Dovrebbe essere la nostra finestra su tutto ciò che riguarda l’Europa e le tantissime opportunità per i nostri territori. Così com’è oggi, invece, è un inno allo spreco. Mi auguro che possa tornare al più presto ad essere un punto di riferimento fondamentale per i cittadini, le imprese del Molise e il mondo universitario».
Rita Iacobucci

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