Eletta per la prima volta al Comune di Campobasso nel 2014. Ma per Alessandra Salvatore, ex assessore alle Politiche sociali di Palazzo San Giorgio e oggi consigliere dem di opposizione, la passione per la politica risale a molto tempo prima. Ad essere precisi il suo ‘inizio’ coincide con la scesa in campo di Silvio Berlusconi. Correva l’anno 1994 e lei era all’ultimo anno di liceo. «Cresciuta con una cultura democratica e antifascista, sentii subito che volevo e dovevo impegnarmi dall’altra parte rispetto a quella del Cavaliere» dice. La prima iscrizione ad un partito poco dopo nella Federazione dei Verdi perchè «le tematiche ambientali mi erano care da sempre». Qui conosce Giose Trivisonno e, con lui, nel 2008 entra a far parte del Pd dove oggi ricopre un ruolo importante. Insieme a Giovanna Viola (mozione Bonaccini) rappresenta il Molise nella direzione nazionale.
Dalla parte di Elly Schlein da subito e senza alcun indugio in una regione schiacciata su Bonaccini. Poi una settimana fa è stata chiamata a far parte della direzione nazionale del Pd. Sorpresa?
«È stata una bellissima sorpresa. La neo segretaria nazionale del Partito Democratico non era tenuta a fare questa scelta (a Campobasso, Ripalimosani, Agnone, Trivento, Civitanova del Sannio e in qualche altro Comune molisano Elly Schlein ha stravinto, ma in Molise si è affermato, in maniera indiscussa, Bonaccini ndr). Avermi proposta tra i membri della Direzione nazionale è stato un riconoscimento straordinario all’impegno, autentico e pieno di entusiasmo, di un gruppo di persone che, senza fare calcoli di opportunità politica (calcoli che avrebbero dovuto indurci a fare altra scelta) hanno creduto in lei, nelle sue battaglie e nelle capacità politico/amministrative che ha già messo in campo, nonostante la giovane età, e nella possibilità di cambiamento profondo che avrebbe potuto determinare (cambiamento di metodi e di visione, prima ancora che di persone).
Il mio ingresso in Direzione nazionale e la scelta conseguente, che ho condiviso con tutto il comitato molisano “parte da noi”, di dimettermi dall’assemblea Nazionale, in cui ero stata eletta, determinerà l’ingresso in Assemblea di Michela Cerbaso, giovanissima consigliera comunale di Agnone, che era candidata nella lista molisana a sostegno di Elly e che andrà a rafforzare ulteriormente la presenza femminile molisana negli organismi nazionali».
Il Pd sta risalendo la china, i sondaggisti  dicono che sia l’effetto Schlein. Le chiedo se oggi basti una segretaria a fare del Pd, finora  maschilista e anche piuttosto patriarcale, un partito finalmente a misura di donna. 
«Non basta sicuramente. Il Partito Democratico è, come tutti i partiti, nessuno escluso, purtroppo, rappresentativo delle logiche e dei modelli culturali, intrisi di maschilismo e di modelli patriarcali, che sono ancora prevalenti nel contesto sociale del Paese, dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia. L’elezione di una donna alla Segreteria nazionale e l’ingresso, con le ultime primarie, di tante donne negli organismi nazionali, sicuramente è un buon viatico per il cambiamento, che deve essere, però, radicale e che deve partire dalla testa di tanti uomini e di tante donne, in tutti i contesti, a partire da quelli socio-familiari. L’Italia – così come il mondo intero – non è ancora un Paese per donne».
A rendere veramente libera la donna è il lavoro. È d’accordo?
«Credo che il lavoro e l’indipendenza economica siano strumento di libertà e di dignità per tutti. Lo è ancor di più per le donne. Ma, prima ancora del lavoro, lo è il sapere, la conoscenza. L’esperienza familiare mi porta a credere con convinzione che l’emancipazione, di genere e sociale, parta, innanzitutto, dalla consapevolezza e dalla conoscenza. Non è un caso che in tanti Paesi, il primo strumento di oppressione per le bambine e, quindi, per le donne sia il divieto di frequentare la scuola».
Il suo nome spesso viene associato a quello dell’ex senatore Ruta. La infastidisce?
«Pur nella consapevolezza che, se io fossi stata “Alessandro Salvatore”, questo, verosimilmente, non si sarebbe verificato, proprio per quegli schemi patriarcali e maschilisti di cui parlavamo, non mi dà affatto fastidio, è ciò per un duplice ordine di motivi. Da un lato, quando ho scelto, a 23 anni (quando mi sono laureata), di seguire con tutte le energie, le mie due grandi passioni l’avvocatura, nel settore penale, e la politica, sapevo che entravo in mondi declinati tutti prevalentemente al maschile e che avrei fatto i conti con stereotipi e pregiudizi di genere. A distanza di più di 20 anni, la durezza alternata alla bellezza della vita, della professione e della politica mi hanno resa più consapevole e felice per questo di quanto le persone abbiano voglia e disponibilità di giudicare ciò che si è sulla base di quello che si fa. Dall’altro, l’accostamento rende conto di un rapporto, quello con Roberto Ruta e con il ristretto cerchio di persone che con lui condividono, da tanti anni, esperienza politica ed amicizia (io sono, con Giose Trivisonno e con Annamaria Trivisonno, tra le ultime arrivate), che va oltre il ragionamento e la passione politica e che è diventato, per me, negli anni, occasione di crescita umana, prima ancora che politica. Ho la fortuna di condividere con Roberto Ruta ed i “rutiani” (mi fa sorridere la definizione, ma è quella largamente in uso) una esperienza che, partendo dal profondo rapporto di amicizia e di stima, che ci lega tutti, riesce ad essere imperniata sulla condivisione e la generosità reciproca (soprattutto di Roberto, che ha deciso di mettere a nostra disposizione la sua esperienza). Cosa questa che rappresenta, in politica, una cosa più unica che rara».
Sanità pubblica, diritti civili e precariato. L’agenda di Elly coincide anche con le urgenze della XX regione?
«Coincide perfettamente con le urgenze e con l’agenda politica che il centrosinistra, nel Paese e, soprattutto, in Molise, deve porre al centro della proposta politico/amministrativa. Chi, come me, ha scelto di sostenere la mozione congressuale di Elly Schlein, lo ha fatto innanzitutto per la chiarezza e la fermezza su questi temi, che sono cruciali per la sopravvivenza non solo e non tanto del Molise come entità amministrativa, ma per quella delle cittadine e dei cittadini molisani. La mancanza di servizi, sanitari e sociali, la mancanza di opportunità di lavoro equamente retribuito sono sinonimo di precarietà innanzitutto esistenziale e la prima causa dello spopolamento del Molise (e del Sud e delle aree interne). Non si può scegliere di vivere in luoghi dove è il diritto alla vita ad essere compromesso o dove si deve scegliere tra povertà e dignità di vita e libertà anche rispetto a certi meccanismi politici. Per questo la battaglia contro il regionalismo differenziato va di pari passo con quella per l’investimento di risorse in sanità pubblica e servizi e con quella per garantire il salario minimo».
A proposito di autonomia differenziata, farà male solo al sud o a tutto il sistema Paese?
«L’autonomia differenziata è l’esatto contrario di ciò che serve oggi al Paese. La possibilità di rinascita dell’Italia dipende dal destino del Centro Sud e delle aree interne, che, oltretutto, offrono potenzialità che altre aree del Paese non hanno. Il regionalismo differenziato pensato da Calderoli e dalla Lega eliminerà ogni possibilità di rimediare alle disuguaglianze che già sono gravissime. Va combattuta ad ogni livello politico istituzionale, anche informando i cittadini di cosa significa. Temo che in tanti non lo abbiano ancora compreso bene».
Per le regionali l’alleanza con i 5s è quasi  conclamata. Questo significa che cambieranno i rapporti di forza anche al comune di Campobasso?
«Nel 2019 abbiamo scelto di sostenere al ballottaggio, per amore della città e senza chiedere alcuna contropartita, l’attuale sindaco 5 stelle. Il nostro atteggiamento, di responsabilità e di opposizione costruttiva e propositiva non cambierà. Il bene delle cittadine e dei cittadini di Campobasso è l’unico elemento che, come esponenti del centrosinistra a Palazzo San Giorgio, ci sta a cuore».
Definiti alleanze e perimetro è giunta l’ora del candidato presidente. Si fa anche il nome del primo cittadino di Campobasso. Secondo lei risponde al profilo del leader di una coalizione progressista?
«Io non credo che esista un profilo, astratto, di leader della coalizione progressista. Non è e non può essere una questione di nomi, perché è in gioco il destino di vita di tutti noi molisani, non quello politico di qualcuno. Credo, invece, che esistano proposte programmatiche ineludibili ed inviolabili per la coalizione progressista, che incidono sul profilo: di sicuro dovrà essere persona che dia garanzie di rispetto pieno e convinto dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e declinati, innanzitutto, sui temi della sanità pubblica, del lavoro equamente retribuito e della lotta allo spopolamento e alla emigrazione giovanile. Aggiungo che il profilo della/del leader dipenderà dalla condivisione, che deve essere la più larga possibile, da parte delle forze progressiste (perché il campo progressista ha il dovere, inviolabile anche questo, di andare unito e di provare seriamente a vincere su un centrodestra, che ha fatto e sta facendo danni gravissimi al Molise».
Si candiderà alle regionali?
«Proprio sulla scorta di quello che è il mio particolare percorso politico, fatto con un gruppo di amici, che non ha mai messo al centro l’io, ma che ha sempre ragionato del noi, non ho proprio pensato ad una mia candidatura alle regionali. Dalla mia prima elezione in consiglio comunale nel 2014 ad oggi, le mie candidature sono state candidature di servizio per un progetto, anche quando il progetto partiva come di difficile realizzazione. Del resto, è quello che è successo con le elezioni Politiche dello scorso settembre».
alessandra longano

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