Che la Regione non versasse in buone acque era un fatto noto. Ascoltando e leggendo i primi sfoghi degli assessori, il quadro appare più desolante di quanto si potesse immaginare. Serve un lavoro imponente. Ma questo è, appunto, per gli addetti ai lavori: dirigenti, funzionari, assessori, presidente compreso, consiglieri regionali.
Al popolino serve altro: servizi, seppur minimi, efficienti. E non sarebbe sbagliato se il neo governatore si cimentasse in una sorta di operazione verità, consentendo il contraddittorio ai controinteressati.
Sembra di capire che tutti i mali della legislatura in corso siano stati ereditati dal governo uscente. Quindi, per intenderci, Toma escluso, coloro che hanno governato negli ultimi cinque anni, oggi – legittimati con largo suffragio dagli elettori – devono risolvere i danni che hanno (loro) cagionato.
Circostanza alquanto bizzarra che ricorda un noto e potente imprenditore molisano famoso in tutto il mondo, che era solito affermare rivolgendosi affettuosamente ai suoi collaboratori: alcuni di voi fanno danni sul cantiere durante la notte per avere poi la scusa per non lavorare durante il giorno.
Nessuno la prenda a male, ma sentire consiglieri, anche assessori, che siedono da decenni a Palazzo D’Aimmo e oggi puntano il dito contro l’ex presidente è poco credibile. Toma – il tempo dirà se ha fatto bene o male – non era un uomo solo al comando. Non c’è traccia nei verbali delle sedute di giunta di assessori contrari al suo operato. Così come la risicatissima maggioranza ha sempre votato le delibere di Consiglio. E quando c’era la possibilità di porre fine anzitempo alla legislatura – una volta accontentando uno (una), un’altra volta accontentando un altro (altra), alla fine, seppur per il rotto della cuffia, la barca ha continuato a navigare fino all’ultimo giorno utile.
Certo, assessori e consiglieri uscenti si sentono legittimati dalle migliaia di preferenze raccolte. Oggi mostrano i muscoli, come se quei voti avessero cancellato colpe e responsabilità.
Toma, trapela da chi anche in queste settimane gli è rimasto vicino, è pronto al confronto. Nelle delibere – spiegano dall’entourage dell’ex presidente – ci sono le soluzioni per “sistemare” il bilancio. E non solo. «In quegli atti ci sono i nomi e i cognomi di chi nel tempo ha creato le voragini di cui oggi tutti sembrano scandalizzarsi, a partire da chi quei debiti li ha contratti. Troppo facile non leggere, o far finta di non leggere, e affermare che la colpa è di un altro».
La difesa d’ufficio, sia chiaro, non scagiona Toma da colpe e responsabilità. L’errore degli errori, politici si intende, l’ex governatore lo ha commesso quando ha accettato l’incarico di commissario della sanità.
Complice la cricca eterodiretta dal grillino Antonio Federico, il governo aveva impedito che il presidente della Regione assumesse anche l’incarico di commissario. Fin quando lo stesso Palazzo Chigi – constatati i fallimenti delle coppie Giustini-Grossi, regalo, appunto, di Federico, e Degrassi-Tomasella – fu costretto a chiedere a Toma di immolarsi. Va da sé che trattandosi del presidente eletto gli sono finiti sulle spalle oneri e responsabilità.
La nomina di Toma commissario – non può essere sottaciuto – fu vista come una “vittoria” di tutta la maggioranza, la stessa che oggi governa con Roberti.
Insomma, una sorta di circolo vizioso che rischia di finire in un vicolo cieco e nessuno saprà mai la verità da che parte sta. Che poi diciamolo pure: nel caso, come si suol dire, fosse nel mezzo, tanti amministratori di lungo corso ci sarebbero dentro fino al collo.
Chiaro che le priorità sono quelle di fornire agli uffici gli strumenti per agire, ovvero, il bilancio, e mettere subito mano alla sanità pubblica, che più passa il tempo più annaspa.
Le sconfortanti notizie che giungono quotidianamente dagli ospedali disegnano un quadro disarmante, dove talvolta ad incidere non sembra la mancanza di risorse, quanto una sorta di palese disorganizzazione accentuata dalla carenza di personale. Mai le strutture saranno organizzate e mai si risolverà l’annoso problema dei medici che in Molise non vogliono venire. Perché, sostanzialmente, non è che non vogliono venire: non vogliono lavorare negli ospedali pubblici. Altrimenti non si spiegherebbe perché Neuromed ed ex Gemelli riescano ad attrarre fior fiori di professionisti, talvolta anche di fama mondiale.
A Roberti l’onore e l’onere di fare bene, fare in fretta e, laddove possibile, chiarire una volta per tutte con una operazione verità. Sentire lamentele da chi da decenni vive da nababbo grazie a stipendio e benefit di Palazzo D’Aimmo sta diventando intollerabile. Tutto ha un limite ed è oltremodo offensivo oltrepassare quello della sensibilità delle persone “pensanti”. LuCo

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