Il governo Meloni vuole vendere uno dei gioielli di famiglia. L’idea di Palazzo Chigi sarebbe quella di cedere una parte della quote per fare cassa restando comunque l’azionista di maggioranza di Poste Italiane. Oggi il 35% della società postale è in mano a Cassa depositi e prestiti, un alto 29,26% è del ministero dell’Economia: in tutto lo Stato dispone del 64,26% e per mantenere la guida con una quota del 51% potrebbe cedere al massimo il 13%. Intenzioni che il governo di centrodestra ha confermato il 25 gennaio scorso quando ha approvato le regole che porteranno lo Stato a cedere una nuova quota di Poste Italiane. I piani del centrodestra però preoccupano le opposizioni. In Molise, terra di grandi risparmiatori, l’allarme lo lancia la consigliera dem Micaela Fanelli che guarda all’operazione con grande sospetto: «In sordina e sottotraccia nel dibattito pubblico, il governo delle destre sta lavorando alla cessione della maggioranza delle quote della società postale, conservando in mano pubblica appena il 35% delle azioni, senza più controllo diretto delle Poste, con un unico, pessimo obiettivo, quello di fare cassa. A qualsiasi costo». Una ipotesi assai sciagurata perché «privatizzare Poste Italiane comporterebbe il rischio reale della perdita di centinaia di uffici sul territorio nazionale, con conseguente riduzione dei lavoratori impiegati e dei servizi resi alla popolazione». Fanelli rimarca il ruolo preminentemente pubblico di Poste Italiane sia dal punto di vista della sua diffusione nel territorio e del servizio di ‘prossimità’ che esso offre, sia nella raccolta del risparmio di milioni di cittadini che continuano a vedere Poste Italiane come un interfaccia dello Stato stabilendo, per questo, un profondo rapporto fiduciario. «Per questo – aggiunge la dem – non può che essere vista con sospetto l’immissione sul mercato dell’ulteriore 30% del Gruppo Poste Italiane che, pertanto, porterà una delle principali aziende del Paese partecipate dal pubblico alla totale privatizzazione dopo aver dismesso, nel 2015, il 35% del capitale e dopo aver ceduto un’altra quota pari al 35% a Cassa Depositi e Prestiti». Non risparmia una strigliata nemmeno alla giunta Roberti che a otto mesi dal suo insediamento «sembra teso unicamente ad avvallare, con il silenzio, lo smantellamento dello stato sociale perpetrato dal governo Meloni. Dopo l’autonomia differenziata, anche sulla svendita ai privati di Poste Italiane, che avrà pesanti ripercussioni anche e soprattutto in Molise». Per comprendere quale sia l’intenzione del governo regionale sull’argomento il gruppo del Partito democratico a Palazzo D’Aimmo ha presentato una mozione per chiedere che l’intera Aula si esprima contrariamente all’intenzione del governo Meloni di dismettere la quota di maggioranza delle azioni di Poste Italiane, chiedendo anche che ogni decisione in merito sia subordinata al confronto con le istituzioni territoriali ed i lavoratori, onde evitare di aumentare in Molise la desertificazione dei servizi fondamentali, tra i quali si annoverano a pieno titolo anche quelli postali.

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