La necessità di aprire una vertenza all’interno del Movimento 5 stelle per far sì che lo stesso torni a essere quel soggetto politico aperto alle reali esigenze della gente. Ma anche decidere sulla possibilità di bloccare quel processo di “campo largo” che di fatto «ha consentito al Pd di cannibalizzare i consensi del Movimento, l’unico a perderci in termini percentuali».
E, ancora, l’abolizione del doppio mandato «che favorisce la fuga di esponenti nati e cresciuti nel Movimento in altri partiti, l’azione di Giuseppe Conte sempre più “padre-padrone”», la citazione sul fondatore Beppe Grillo «il cui silenzio sul futuro del Movimento è allarmante» e l’apertura ad Alessandro Di Battista che resta «la figura chiave sulla quale bisogna puntare con forza».
Andrea Greco è un fiume in piena. I risultati delle ultimi elezioni regionali non gli sono andati affatto giù e lo dice senza mezzi termini, come nel suo stile. La discesa sotto il 10% di preferenze è un campanello d’allarme di fronte al quale non si può far finta di niente. E allora «o si cambia strada, oppure si è condannati all’estinzione», il concetto espresso in estrema sintesi dal consigliere pentastellato.
«È giunto il momento di aprire una vertenza nazionale all’interno del Movimento 5 stelle, di rivedere alcune regole, se non vogliamo condannarci all’estinzione Lo dicono i risultati lapidari delle ultime quattro elezioni regionali: Lazio, Molise, Sardegna e Abruzzo. In tutti e quattro i casi – afferma – il Movimento ha registrato percentuali a una cifra, un drammatico crollo dei consensi e degli eletti nei rispettivi Consigli regionali».
Secondo lei qual è il problema?
«Dietro questi numeri c’è il tracollo della forza dei cittadini nelle Istituzioni e questo, a mio avviso, è accaduto per due motivi su tutti: abbiamo smesso di far innamorare le persone perché ci siamo conformati e siamo diventati troppo simili agli altri. Abbiamo iniziato a parlare solo di alleanze e di strategia elettorale. Alcuni, illudendosi, hanno voluto far credere che sommando sigle di partito si possono vincere le elezioni e nel mentre le perdevano tutte; abbiamo fatto dei nostri avversari politici i nostri alleati, rinnegando il valore su cui ci siamo fondati: l’intransigenza».
Sta dicendo che il nocciolo della questione è l’alleanza con il Pd?
«Né a destra né a sinistra, lo abbiamo ripetuto per anni riportando al voto milioni di italiani. Fino a quando, improvvisamente, abbiamo fatto il contrario. Le alleanze non devono essere un tabù, ma nemmeno l’unica strada. Oggi siamo in ostaggio dei predicatori dell’alleanzocrazia, l’alleanza a tutti i costi. Parliamo delle stesse persone che spingono Giuseppe Conte verso un accordo strutturale con il Pd, perché evidentemente pensano sia l’unica strada per far saltare il vincolo del secondo mandato. Per non parlare di accordi con Azione e Italia Viva. Parliamo di forze politiche con cui non abbiamo nulla da dirci, su troppe cose: penso al tema della sanità, privatizzata anche dal Partito democratico, piuttosto che alla posizione ambigua sulla corsa agli armamenti e sulle questioni internazionali. E questa incompatibilità, la mancanza di coesione e di indirizzo politico emerge in maniera significativa, esasperata, in molte regioni. I cittadini ci vedono accanto a persone che abbiamo contrastato fino a ieri. Avremmo dovuto aggregare forze civiche e nuove energie e, invece, siamo diventati i catalizzatori della partitocrazia. Ne hanno guadagnato solo gli altri. E noi abbiamo solo perso».
Lontani i tempi quando sfiorò da solo l’elezione a presidente della Regione.
«Ricordo a tutti che il miglior risultato di sempre del Movimento si è registrato in Molise nel 2018. Ero candidato alla presidenza e con una sola lista raggiungemmo il 38,7% dei voti. Sfiorammo la vittoria. Non lo facemmo con le alleanze, ma con una linea politica inequivocabile. Sogno ancora un Movimento che riesca a dar voce ai cittadini in maniera dirompente, che sia forte nelle Istituzioni, all’interno delle quali essere presenti è fondamentale».
Come si inverte la tendenza?
«Dobbiamo rinnovarci, dobbiamo lavorare con lo sguardo rivolto ai prossimi anni, perché solo con una prospettiva di lungo periodo è possibile ridare vigore al Movimento. Aggreghiamoci con la società civile, con la parte migliore del Paese. Con Alessandro Di Battista. Non con Renzi, Calenda e chi più ne ha più ne metta».
Altra questione è quella del secondo mandato. La sua posizione?
«Bisogna affrontarla con urgenza perché sta diventando il punto debole del Movimento che viene penalizzato a scapito di altre forze politiche, di centrodestra e centrosinistra. Se questa regola valesse sempre e per chiunque, Giuseppe Conte oggi non potrebbe più candidarsi e la nostra Alessandra Todde non sarebbe presidente di Regione. Una follia. Lo dico chiaramente, senza celarmi dietro un silenzio di facciata: oggi pensare che il solo simbolo basti per intercettare voti è un errore marchiano. Non è più così. E i cittadini prima di scrivere un nome sulla scheda elettorale vogliono potersi fidare della storia personale e politica di chi si candida».
A prescindere da come andrà a finire, continuerà a fare politica?
«Ve lo dico in maniera cristallina: sarebbe un onore per me continuare a rappresentare tutti voi all’interno delle Istituzioni e vorrei continuare a farlo con il Movimento e per il Movimento. La forza politica a cui ho dato gli anni migliori della mia vita e per la quale ho lottato e continuo a lottare. Se penso alle battaglie condotte in questi anni, ad esempio per la tutela della sanità pubblica, ritengo sia offensivo per me, per i miei colleghi e per tutti voi dover lasciare spazio in futuro al centrodestra e al centrosinistra. In questo modo depotenziamo solo noi, non gli altri. Ormai sia i nostri avversari sia i finti alleati contano sul fatto che siamo a scadenza del secondo mandato, quindi condannati all’estinzione».
Sembra di capire che la regola del doppio mandato andrebbe cestinata. È così?
«Certo, andrebbe eliminata nelle elezioni quando i cittadini esprimono la propria preferenza, semplicemente perché se hai lavorato male, sono loro a bocciarti. Non c’è bisogno di nessun limite. Non possiamo permetterci di perdere persone ed esperienze, anni di studio e approfondimenti, perché è chiaro: il problema reale è che stiamo disperdendo il capitale umano sul quale tanti cittadini hanno investito. Seguendo regole come questa il Movimento ha rianimato il Pd, quel partito che abbiamo combattuto a livello nazionale, lo stesso che abbiamo continuato a combattere a livello regionale, salvo poi allearci con esso».
Qualche giorno fa dalla sua bacheca Facebook una frecciata a Beppe Grillo.
«Se Beppe Grillo vuole cancellare il Movimento che ha creato, credo debba dirlo. Per rispetto di chi insieme a lui lo ha costruito sui territori e gli ha dato corso, deve dire chiaramente che vuole chiuderlo. In questo modo ciascuno potrà prendere le decisioni che ritiene più opportune. Ve lo ripeto, con quattro anni di anticipo: io voglio continuare a fare politica che per me significa continuare a difendervi nelle Istituzioni con la stessa forza, con lo stesso coraggio del primo giorno. E voglio farlo con il Movimento. Se mi verrà impedito, dovrò fare altre scelte: né a destra né a sinistra, ma in piena aderenza alle mie idee».
E a Giuseppe Conte cosa dice?
«Nessuno ha il coraggio di dire queste cose a Conte, evidentemente perché tanti sono in attesa. Io non ho bisogno di nulla tantomeno di attendere; l’unica cosa che voglio è che il Movimento continui ad avere forza e a vivere, non a vivacchiare. Il Movimento ha bisogno di confronto reale su questi temi, perché quando si parla di democrazia dobbiamo metterla in pratica e non fare solo accademia. La democrazia deve essere vera e i partiti devono essere luoghi in cui si decide insieme. Chiunque fa politica deve rileggere e imparare a memoria l’articolo 49 della nostra amata Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Vorrei poter parlare con metodo democratico di queste istanze in un’assemblea nazionale del Movimento. Magari ho torto su tutto, però potrei anche aver ragione su tutto».
Greco, in definitiva lei resta un grillino per antonomasia?
«Nel mio primo vero comizio dissi: “Non piegate la testa di fronte a nessuno e non chiedete ai vostri figli di farlo”. Oggi lo ripeto a me stesso e a chi nel Movimento ci crede ancora ma non ha il coraggio di esporsi. Perché i nostri unici datori di lavoro restano i cittadini e nessun altro, nemmeno i capi politici».
Lu.Co.

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