Approvati dal Senato i primi due articoli della riforma sul premierato elettivo.
Il primo abroga il potere del Presidente della Repubblica di nominare i senatori a vita. Il secondo porta da quattro a sei il numero degli scrutini con cui il Capo dello Stato può essere eletto a maggioranza qualificata (i due terzi dell’assemblea).
La seduta ha vissuto parecchi momenti di tensione ed è stata anche sospesa per un presunto gestaccio della ministra Elisabetta Casellati nei confronti di Enrico Borghi di Italia Viva.
I senatori a vita, così come stabilito dall’articolo 59 della Costituzione, sono scelti dal Presidente della Repubblica tra coloro che «hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque». Attualmente i sono Liliana Segre, Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia. Gli ultimi quattro nominati da Giorgio Napolitano nel 2013, Segre invece da Mattarella e potrebbe essere l’ultima senatrice a vita della storia della Repubblica italiana.
«L’abrogazione dell’articolo 59 della Costituzione che elimina di fatto l’istituto dei senatori a vita – il commento del parlamentare di FdI Costanzo Della Porta – diventerà realtà con l’approvazione del premierato. La riduzione del numero dei parlamentari ha fatto innalzare la loro percentuale per cui risultano assai più numerosi che nel recente passato. Inoltre, pur con tutto il rispetto per queste figure di prestigio, la loro limitatissima presenza in Aula fa sì che il loro apporto alla vita parlamentare sia quasi del tutto inutile, ma con la conseguenza, non di poco conto, che possano incidere pesantemente sulla tenuta o meno del Governo di turno. I senatori a vita sono di fatto un retaggio del passato e quindi mi pare logico che la loro presenza in Parlamento sia definitivamente superata per lasciar spazio agli eletti dal popolo».

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