«Cambia l’ente che gestirà il Centro antiviolenza e la sede che lo ha ospitato fino ad oggi diventa di colpo ‘indisponibile’». La sintesi, e la denuncia, è della consigliera regionale Stefania Passarelli, delegata alle Politiche sociali. Che apre un altro fronte con il Comune di Campobasso.
A seguito dell’avviso pubblico del 1° agosto scorso, l’associazione Liberaluna è stata individuata quale partner della Regione nella coprogettazione e cogestione dell’intera rete di servizi e interventi dedicati al contrasto alla violenza di genere. L’iter terminato alla fine di settembre ha visto, all’esito della procedura di valutazione della Commissione tecnica, l’attribuzione a Liberaluna del punteggio più alto. «Ma a Campobasso Liberaluna – riferisce Passarelli – ha rischiato di non avere una sede dove svolgere le attività conseguenti poiché l’immobile, in precedenza a disposizione di chi gestiva il servizio, non è più disponibile. Dal 1° novembre, data di avvio, le attività di contrasto alla violenza di genere avrebbero rischiato di essere erogate ‘a singhiozzo’, almeno fino all’individuazione di una nuova sede». La Regione (con il servizio Programmazione Politiche Sociali), l’Asrem e l’Aps Liberaluna si sono messe in moto verificando la disponibilità di altri immobili stante, appunto, la decisione assunta e comunicata dal Comune di Campobasso, ente capofila dell’Ats, a soli pochi giorni dall’avvio delle attività in capo al nuovo ente gestore.
«Sia chiaro: a Palazzo San Giorgio questo ‘cambio di gestione’ è noto e non da oggi. Anzi, il 15 ottobre scorso, nel corso di una riunione con tutti i soggetti coinvolti, i contenuti del progetto dell’Aps individuato come partner della Regione Molise sono stati ulteriormente specificati delineando, quindi, il ruolo di ciascun attore all’interno degli interventi in materia di contrasto alla violenza di genere. In quella stessa riunione, è stata richiesta a tutti i soggetti la più fattiva collaborazione per garantire la continuità di un servizio essenziale proprio attraverso la messa a disposizione di locali idonei. Tutti gli enti hanno manifestato la propria disponibilità alla risoluzione di eventuali problemi logistici. Tutti. A parole, quindi, la massima apertura. Poi, nei fatti, a cavallo del cambio di gestore, il presidente del Comitato dei sindaci dell’Ats di Campobasso e sindaca del capoluogo, Marialuisa Forte, con nota assunta al protocollo della Regione solo in data 29.10.25 (a due giorni dalla scadenza del servizio in capo al precedente gestore) ha comunicato che l’amministrazione ha “già programmato una diversa destinazione dei locali, anche alla luce del fatto che non sussiste alcuna continuità giuridico amministrativa tra il sistema in scadenza e il nuovo assetto organizzativo”. Tra il dire e il fare, quindi, sembra invece ci sia di mezzo l’impossibilità di ‘gestire’ direttamente questa tipologia di servizio poste le obiezioni che la sindaca mette nero su bianco. Il Comune si impegna “a garantire forme di collaborazione a tutela delle donne e dei propri figli minori” ma non una sede, un luogo di accoglienza, di protezione, di ascolto. Quella stessa sede, in pieno centro storico a Campobasso, dove i suoi predecessori e anche alcuni attuali consiglieri-assessori hanno tagliato nastri e fatto inaugurazioni con tanto di discorsi pieni di belle parole. Una vergogna, umana e istituzionale. Non basta e non serve appuntarsi una spilla sul bavero, indossare scarpe rosse, inaugurare panchine, tenere incontri e convegni “infarciti” di parole di circostanza. Servono azioni vere, concrete, che non guardino solo al proprio orticello – perché ancora di questo si tratta quando si parla di Sociale, purtroppo – ma ad un servizio che oggi, se fosse per il Comune di Campobasso, potrebbe non avere una sede», conclude caustica Passareli.
La sindaca Marialuisa Forte ha respinto ieri sera le accuse in una nota altrettanto dettagliata. Per i locali di viale del Castello (nel centro storico), il Comune non ha mai ricevuto richiesta da parte di Liberaluna per l’ubicazione del Centro antiviolenza (nel bando del 2016 erano stati inseriti da Palazzo San Giorgio come cofinanziamento al progetto di Befree). L’amministrazione, quindi, «non più direttamente coinvolta nella gestione del progetto regionale e non interpellata, né formalmente né informalmente dall’Ets (Liberaluna, ndr), ha ritenuto che quei locali non fossero più necessari per i servizi antiviolenza regionali e sta immaginando di creare in quei locali anche spazi al servizio delle donne».

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