Uno stop a Michele Iorio – perché la domanda del direttore di Teleregione Pierluigi Boragine a cui risponde è un commento sull’adesione dell’ex presidente della Regione a Direzione Italia e sul suo ritrovato protagonismo nel centrodestra che lo accredita come il probabile (uno dei probabili) candidato governatore – ma anche nessun via libera esplicito a Paolo Frattura.
Aldo Patriciello, corteggiato da tutti perché ago della bilancia, resta alla finestra. Anzi dice una cosa chiaramente: che è presto per scegliere i nomi, che le fughe in avanti «non servono a nessuno, in nessuno schieramento».
Eurodeputato di Forza Italia, alleato del centrosinistra che guida la Regione attraverso il movimento Rialzati Molise (che in Consiglio ha eletto il cognato Vincenzo Cotugno): tutti criticano Patriciello, tutti però cercano con lui un’interlocuzione, più o meno alla luce del sole.
E l’occasione per le dichiarazioni che tanto stanno facendo discutere – con opposte e legittime interpretazioni – arriva a margine del convegno sulla celebrazione dei Trattati di Roma a Ferrazzano. Oggi, ad un anno dal ritorno alle urne, tutti i 300mila molisani – dice ironizzando – sono potenziali candidati. La verità è che, per Patriciello, è «presto per parlare di candidature per le prossime elezioni regionali». Si vedrà quali saranno le strategie degli schieramenti, «bisogna aspettare la legge elettorale nazionale per capire in Molise cosa succede, ma soprattutto – sottolinea Patriciello – bisogna ragionare con una visione un po’ più moderna, più nuova, pensando ai problemi di questa regione, cosa vogliamo fare in prospettiva, come ci possiamo difendere, cosa possiamo progettare per poter costruire le alleanze sui territori, dando voce alle piccole realtà».
Due i temi su cui focalizza l’attenzione l’eurodeputato. Intanto, ragiona, «i recenti dati Istat sull’emorragia demografica, specialmente giovanile, che sta colpendo il Molise confermano questa necessità. Una regione che perde il talento dei suoi ragazzi è una regione che non ha futuro». Per cui «c’è l’esigenza di ripensare, in maniera innovativa e strategica, la concezione di sviluppo e di crescita della regione. La deindustrializzazione a cui stiamo assistendo impone un cambio di rotta e soprattutto l’urgenza di trovare risposte efficaci per l’occupazione». Il Molise, poi, è un territorio cerniera e se da un lato l’ipotesi macroregione non è più un tabu, è evidente anzi che da sole le piccole Regioni non riescono a farcela dal punto di vista finanziario, dall’altro resta per Patriciello l’esigenza di evitare lo smembramento del Molise (una parte con la Campania, una parte con l’Abruzzo o la Puglia). E allora, «prima ancora di nomi c’è bisogno di idee. Ho sempre pensato, e continuo a farlo, che la priorità sono i programmi. Il resto viene dopo».
Un cambio di rotta, commenta poi, serve naturalmente anche nell’onorare i Trattati di Roma: «Solo mettendo da parte gli egoismi nazionali possiamo continuare a scrivere una pagina importante della nostra storia comune. Diversamente, rischieremo di perdere tutto ciò che è stato costruito in questo continente dopo la tragedia della seconda guerra mondiale: un’unione di pace e prosperità basata sui principi di libertà, uguaglianza e giustizia. Ed è un rischio che non possiamo correre». L’intuizione dei padri fondatori si misura oggi con un necessario cambio di passo «verso una maggiore integrazione e condivisione delle responsabilità. Solo così riusciremo a ridare slancio all’integrazione europea e ad arginare i venti del populismo che rischiano di riportare indietro di 60 anni le lancette della storia. Al di là dei problemi attuali, questa Unione resta il più grande risultato della nostra civiltà del secolo scorso»

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