Si è battuto fino all’ultimo per il doppio collegio. Dalla presentazione della proposta di legge di riforma a sua firma, che manteneva l’assetto con le due circoscrizioni corrispondenti al territorio delle Province e garantiva sei seggi a quella di Isernia, al confronto in maggioranza e per finire al voto in Aula per l’emendamento che ripristinava i due collegi. Non è passato per due soli voti, è finita 9 a 11.
Vincenzo Cotugno, presidente del Consiglio regionale che ha licenziato la prima legge elettorale varata in Molise, ce l’ha messa tutta. Ho combattuto fino all’ultimo, confessa. Ma poi contano i numeri. In maggioranza l’orientamento era diverso, a favore del collegio unico che poi infatti è stato introdotto.
Sul territorio queste sono ore di amarezza e fibrillazione. Il primo impatto di una trasformazione ‘epocale’. In tanti, amministratori e politici, si stanno ‘facendo sentire’ dagli inquilini di Palazzo D’Aimmo. Da Termoli, ma soprattutto da Isernia che il collegio lo ha perso (il basso Molise ha provato ad agguantarlo e non ci è riuscito invece). Tutti sapevano che la scelta non sarebbe stata indolore, comunque. «Non esiste una legge perfetta – commenta Cotugno sulla legge in generale – e quindi non lo è neanche questa. Ma sarebbe stato molto grave non approvare la riforma e tornare al voto con uno strumento che risale a 50 anni fa».
Non sfugge un dato: al momento del voto finale, Cotugno non c’era. A presiedere i lavori, il suo vice Monaco. Sull’intero testo il voto di Cotugno non c’è? Non c’è, conferma il presidente. Perché? «Sono andato via alle 3 perché dovevo partire per Bruxelles», la sua risposta. Il viaggio, già organizzato, è quello che ha portato 80 fra sindaci, amministratori e imprenditori nella capitale dell’Ue e di cui Cotugno è stato fra i protagonisti. Cotugno, dunque, ha dovuto lasciare in anticipo i lavori. Per questo non ha espresso il voto sul documento finale della riforma!?!?
Il presidente nulla aggiunge, né in un senso né in un altro. Ma il dubbio al cronista malizioso resta.
Anche il presidente della I Commissione Domenico Di Nunzio interviene sul varo della riforma. Lui, pur essendo del Pd (che spingeva per tre collegi), ha sostenuto da subito la circoscrizione unica. Che a suo parere rappresenta «un passo in avanti in termini di democrazia e di libertà di voto». Bene, sottolinea poi, anche «l’eliminazione del “listino regionale”, che amavo definire come il traghetto senza consenso, ma con un approdo sicuro; l’abolizione del voto disgiunto che spinge ad una scelta estremamente consapevole e diretta degli elettori nei confronti del candidato presidente e della coalizione che raccoglie esattamente il loro consenso. Altro grande passo in avanti è la previsione di una rappresentanza di genere, per cui in una lista i rappresentanti di un medesimo sesso non possono comunque superare il 60% di tutti i candidati della lista stessa».
Sul punto si registra anche la presa di posizione della presidente della Commissione regionale delle Pari opportunità Gabriella Faccone. Proprio la commissione avrebbe potuto «assicurare un contributo fattivo in termini di contenuti. Con una maggiore rappresentanza di genere possiamo dire con maggiore certezza e tenacia che “sarà per la prossima volta”». La riforma prevede anche la possibilità di esprimere due voti di preferenza diversificati per generi. «Per ora, ci prendiamo il risultato che in ogni caso c’è e va apprezzato: anche il Molise – conclude Faccone – ora potrà adeguarsi ad una migliore e più forte rappresentanza di genere già presente in altre Regioni italiane».

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