L’autostrada del Molise non si farà. La scelta di puntare sulla rete ferroviaria – con l’elettrificazione dell’intera tratta – è ormai irreversibile e anche rivendicata con orgoglio da alcuni settori della maggioranza.
Ma la stessa maggioranza, con pochissime eccezioni, ha scelto di tenere in piedi la Spa che avrebbe dovuto costruire e gestire la Termoli-San Vittore. Con tutto il Cda, naturalmente.
Il ‘misfatto’ si è consumato ieri sera, poco prima delle 20. Quando è arrivato in votazione l’articolo 4 della legge di Stabilità che, attuando l’intento dichiarato dall’esecutivo Frattura più volte e sancito nel piano di razionalizzazione delle società partecipate, prevedeva lo scioglimento della società. Un emendamento, presentato dal governatore Frattura, rimodulava meglio la motivazione evidenziando l’assenza di «finalità strategica per la Regione Molise» e il «venir meno dei presupposti di strumentalità della partecipazione rispetto al perseguimento delle funzioni istituzionali dell’amministrazione regionale».
Nata con delibera del Consiglio regionale, è il Consiglio a dover sciogliere la società.
Il dibattito è stato subito difficile. Perché, al netto delle posizioni consolidate e note da tempo, si è percepita da subito una difficoltà fra i banchi del centrosinistra. L’ex presidente Michele Iorio è contrario, da sempre, alla cancellazione della Spa e dell’opera più in generale. A suo parere, uno degli errori più grandi di questo governo è stato accantonare quel progetto che lui – se tornerà alla guida del Molise – si dice pronto a ripristinare. Dunque, la sua posizione era chiara e scontata. Così per il resto del centrodestra. Altrettanto netto il punto di vista dei 5 Stelle, che sono invece da sempre favorevoli allo scioglimento della Spa. E Antonio Federico ha ribadito il concetto.
Da Niro a Ciocca, sull’altro fronte, hanno evidenziato però problemi di interpretazione normativa. Niro ha sottolineato che si poteva tenere in piedi il Cda azzerando i compensi. Soluzioni intermedie, insomma. E diverse dall’indicazione del governatore Frattura.
Oltre a Iorio, padre dell’autostrada fu l’allora ministro Antonio Di Pietro. Niente di strano, dunque, nella scelta di Cristiano Di Pietro e Carmelo Parpiglia di abbandonare l’Aula durante il voto.
Ma al momento del voto per appello nominale, prima del quale Frattura ha lasciato libertà di coscienza, i no all’emendamento del presidente. Sono otto, fra i no ci sono quelli di Ciocca, Cotugno, Di Nunzio, Niro. Cinque i sì: Frattura, Facciolla, Manzo e Federico, Petraroia. Tanti e determinanti gli assenti al momento del voto: Monaco, Ioffredi, Micone, Totaro e Scarabeo. L’articolo 4, con una votazione palese, è stato poi agevolmente respinto.
Nessun commento ufficiale dal vertice di Palazzo Vitale. Anche perché i lavori sono proseguiti ancora a lungo. Ha commentato, invece, Antonio Federico: «Tre anni fa la nostra mozione sul punto fu bocciata dalla maggioranza senza un motivo. Oggi sono loro a non andare fino in fondo e senza un motivo». L’autostrada non si farà ma resta il Cda, è la sintesi del portavoce M5S: «Uno schifo!».
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