Andrea Greco fa scudo al commissario della sanità Angelo Giustini: bene il suo esposto alla procura della Corte dei conti per capire che strada hanno preso i 4.2 milioni che il tavolo tecnico ha chiesto di trasferire dalla Regione alla gestione sanitaria, ne farò uno anch’io insieme ai consiglieri che vorranno sottoscriverlo. Questa in sintesi la presa di posizione del capogruppo pentastellato a Palazzo D’Aimmo.
Il governatore Donato Toma risponde, a mezzo Facebook dove pure Greco aveva attaccato il presidente: attento a mettere le mani nella bocca della verità. Greco afferma il falso, dunque, replica nei fatti il capo dell’esecutivo regionale.
Lontano dalla politica, e dalla polemica politica, la sanità non riesce proprio a restare. Il commissariamento deciso dal governo Conte (per la prima volta commissario non è il presidente della Regione) ha mandato in tilt rapporti istituzionali e d’ufficio. E così si consuma l’ennesimo scontro, fin qui il più duro. Il generale Angelo Giustini e la sub Ida Grossi non hanno approvato il bilancio della sanità (la Gsa). Di quanto parliamo? Di un valore della produzione di 192 milioni di euro, tra cui circa 93 milioni di quota del fondo sanitario regionale (che in massima parte è quindi gestito dall’Asrem a cui lo trasferisce la Regione) e poco più di 96 di ricavi per prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. Il motivo per cui il rendiconto della Gsa – non quello dell’azienda sanitaria come è spesso circolato in questi giorni, la differenza è formale ma pure sostanziale – è stato bocciato risiede nei 4.2 milioni di euro (fondi della fiscalità) che la Regione non ha trasferito alla sanità. «I dirigenti come negli anni passati hanno pagato la rata del mutuo trentennale contratto per coprire il debito antecedente al 2005 con sei milioni della fiscalità, perché così prevede la legge 13/2017», ha spiegato il presidente Toma sulla base delle relazioni ricevute dalla struttura e inviate pure ai commissari.
Che, però, evidentemente non sono convinti. Tanto che hanno inviato le carte alla procura erariale perché accerti se non siano servizi a pagare spese extrasanitarie. E al di là dello scontro istituzionale che un atto del genere, senza precedenti, ha creato l’ennesima prova muscolare politica è servita.
«Nonostante il governo stia provando in ogni modo ad aiutare il Molise ad uscire dal pantano di una sanità pubblica depauperata da decenni di malgoverno regionale (basti vedere il decreto Calabria e l’eliminazione del blocco del turnover per le Regioni in piano di rientro), il presidente Toma si impegna a fare l’esatto contrario. A causa del permanere della situazione di rientro dal debito, anche nell’anno 2018 i cittadini hanno pagato Irap e Irpef carissimi e i soldi incassati in più – accusa Greco – dovevano servire proprio per il bilancio dell’Asrem, quindi per la nostra sanità. Invece quei 4 milioni di euro non sono mai arrivati nelle casse dell’azienda sanitaria».
All’esposto di Giustini farà seguire il suo «perché se i molisani, anche per questa ragione, dovranno far fronte ad ulteriori aumenti di tasse, vorrei capire esattamente di chi sono le responsabilità».
Toma, prosegue Greco, «deve prendere coscienza del fatto che non muove soldi suoi». Alla diffida dei commissari ha risposto, cita il portavoce 5s, con una nota ai dirigenti dicendo che «per recuperare i 4 milioni ci sono due strade: o si tolgono da qualche altra parte o si accende un mutuo». Quindi, è convinto Greco, «i molisani, sui quali già gravano delle tasse stellari, si troveranno sulle spalle anche un altro mutuo da pagare per inefficienze causate da un governo regionale inadeguato. Insomma, oltre al danno la beffa. Ora forse si spiega come mai Donato Toma ci abbia negato l’accesso all’area contabile Urbi. Perché con quello strumento saremmo riusciti a vedere come sono stati utilizzati quei soldi». Infine, «se ora aumenteranno le voci Irap e Irpef sulle buste paga dei molisani, anche a causa di queste vicende, il presidente Toma dovrà fare le valigie e sparire dalla scena politica, una volta per tutte!».
Dal governatore, ieri pomeriggio, la risposta via social. Nessun nome ma il riferimento è diretto: «Consiglio all’ellenico virgulto di non introdurre la mano nella bocca della verità…»
r.i.

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