Il Molise, come la Calabria, sulla sanità non decide più nulla. Non può e, in parte, non ha voluto e non vuole.

A differenza che per la Calabria non c’è stato bisogno neanche di un decreto ad hoc. Neppure lo sforzo di cucire una norma addosso alla XX Regione e convertirla dopo un minimo di mediazione con le altre forze politiche. È bastato aver esautorato completamente la Regione, sostituendo il presidente con un esterno nella carica di commissario per il piano di rientro. Decisione poi sancita con la norma sull’incompatibilità fra i due incarichi. Ma, intanto, i governatori De Luca e Zingaretti sono ancora commissari della sanità. Lazio e Campania mantengono un pezzo decisivo di sovranità nell’organizzazione del servizio essenziale più importante che lo Stato deve garantire ai cittadini: quello che realizza (o meno) il diritto alla salute.

Tutto ciò che è avvenuto dopo la nomina di Angelo Giustini – generale della Finanza in congedo inviato dal governo Conte a guidare la struttura commissariale di via Genova – si è rivelato una lunga sequenza di fatti e atti ‘senza precedenti’. Dalla dialettica diventata spesso scontro con il presidente Toma alle carte del bilancio inviate alla Corte dei Conti fino alla modifica di una legge regionale imposta all’Assemblea. Mai come adesso, poi, il piano operativo lo si sta scrivendo altrove. Mai come adesso nessuno o quasi di questa circostanza si preoccupa. Anzi, chi ha contestato il programma dell’ex commissario Paolo Frattura – scaduto a fine dicembre e pure ampiamente condiviso con Roma e i Ministeri ma discusso in Molise – oggi si affida senza riserve e aspetta il documento a cui sta lavorando l’Agenas con la convinzione che vendichi ingiustizie fin qui patite. Senza nemmeno, vai a capire perché, la sana e democratica voglia di sapere cosa sta decidendo qualcun altro per noi.

Sgombro il campo: non metto in discussione le capacità e l’attitudine al ruolo del generale Giustini. Né le buone intenzioni che ha messo in campo. Voglio discutere, invece, del mandato affidato a lui e alla sub Ida Grossi e di come questo mandato si stia dimostrando, perché passa sopra la testa dei cittadini e delle istituzioni regionali, la pietra tombale sulla possibilità di programmare un servizio sanitario che, nel rispetto delle risorse a disposizione e degli standard di sicurezza, sia tuttavia di sicuro calato in questa realtà. Un servizio sanitario rispondente alle esigenze di questa popolazione: distribuita su un territorio difficile e assai male infrastrutturato, per cui assicurare l’emergenza (il 118 e i reparti ospedalieri che curino le urgenze) in Molise non è come assicurarla nel famigerato ‘quartiere di Roma’ a cui assomigliamo solo nel numero di abitanti. Una popolazione, inoltre, prevalentemente anziana e quindi con un’alta incidenza di malattie croniche.

Uno dei primi decreti firmati da Giustini è stato, a fine marzo, quello che approva la convenzione con l’Agenas. Ente pubblico vigilato dal Ministero della Salute, l’Agenzia supporta le Regioni (nonché lo stesso Ministero e le Asl) «per contribuire a rendere il sistema sanitario sostenibile e capace di gestire situazioni di elevata complessità clinica e organizzativa». Bene. All’Agenas lavorano esperti, persone competenti, che sanno di cosa parlano quando parlano di programmazione sanitaria. Ancora una volta, bene. Perché fra le altre cose, il supporto che forniscono al commissario Giustini – in base alla convenzione – è finalizzato a completare e attuare il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, di quella dell’emergenza urgenza e delle reti tempo dipendenti.

In pratica, si tratta della redazione quanto meno di linee guida per il piano operativo 2019-2021. A cui l’Agenzia si sta dedicando. Lo ha detto il segretario regionale del Pd Facciolla pubblicamente in queste ore. A Primo Piano pure risultava da qualche settimana. Ma non sappiamo chi sta redigendo il documento – una griglia a cui i commissari presumibilmente si atterranno – e soprattutto quali criteri sta seguendo. Anzi no, mi correggo: un riferimento è ben evidente nella convenzione siglata con la Regione Molise ed è il dm 70, il regolamento del decreto Balduzzi.

Non sappiamo, in poche parole, quale sia l’idea di Agenas per la sanità molisana. Un solo ospedale davvero e non un presidio unico con quattro strutture (come oggi)? E quali soluzioni sono ipotizzabili, in base al decreto Balduzzi e ai suoi paletti demografici, per la neurochirurgia e la cardiochirurgia che non siano quelle attuali? Non sappiamo cosa ne sia stato dell’integrazione fra Cardarelli e Cattolica, a che punto siano (se ci sono) le trattative per gli accordi di confine. Inoltre, il decreto Balduzzi disciplina prevalentemente la rete ospedaliera, ma il Molise ha bisogno di assistenza territoriale: che ruolo avranno le case della salute? Al momento nessuno risponde. Nessuno chiede. Stupisce, più di tutti, il silenzio del Consiglio regionale. La sanità è commissariata, ma non è sparita dall’agenda. Nelle passate legislature, gli eletti di via IV Novembre contestavano i commissari che erano i loro stessi presidenti spesso. Stupisce che chi accusava l’ex commissario di aver dato troppo spazio ai privati – Neuromed e Cattolica – non domandi a Giustini e Grossi che ruolo hanno intenzione di affidare alle due strutture nelle reti per l’ictus e l’infarto.

In definitiva, il modello che conosciamo potrebbe cambiare radicalmente. La drastica carenza di medici, personale infermieristico e del comparto potrebbero suggerire una riduzione dei servizi in nome della realpolitik: prevedere reparti per cui non ci sono gli uomini è inutile e dannoso. Il  programma operativo 2019-2021 è come un uovo di Pasqua (un bel po’ fuori stagione). Bisognerà scartarlo, quando sarà approvato, per capire cosa contiene. Che lo stiano confezionando commissari esterni – non politici – ed esperti ministeriali e dell’Agenas per qualcuno è un valore. Non faranno peggio dei predecessori, dicono alcuni. Altri hanno già aperto fan club. Sorprese miracolose, però, non ce ne saranno. Conviene metterselo in testa. E se è meglio che decida Roma, che allora Roma si riappropri delle competenze. Nonché della responsabilità, per esempio, di trovare medici per i nostri Pronto soccorso e per gli altri reparti a un passo dal collasso. Finora, dalla Capitale hanno al contrario detto no a tutte le soluzioni trovate dalla struttura commissariale e dall’azienda sanitaria. D’altro canto il concetto di ‘Regione’ nell’organizzazione dei servizi sanitari è stato superato proprio col decreto Balduzzi: per avere la cardiochirurgia e la neurochirurgia serve un’utenza di 600mila abitanti, non basta essere Regione. Peccato, però: le barricate degli anni scorsi mi avevano fatto credere che il Molise volesse esserlo, una Regione.

rita iacobucci

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