Lo ha fatto coi pentiti, ora Cosa nostra usa i parlamentari. Giuseppina Occhionero, deputata eletta con Leu da poco passata a Italia Viva, per Antonello Nicosia, è un «escamotage».
Sedicente professore universitario a Palermo e negli Usa – poi si è scoperto che non lo è affatto – rampante difensore dei diritti dei detenuti, il 48enne di Sciacca aveva a cuore secondo gli investigatori i diritti di alcuni detenuti. Tanto da collaborare con Occhionero per poter entrare nelle carceri in qualsiasi momento e arrivare dove, da esponente dei Radicali, non avrebbe mai potuto. Anche al 41 bis. L’obiettivo finale e ambizioso, alleggerire il regime di detenzione.
Nicosia è stato arrestato all’alba di ieri dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros. L’accusa contestata nel fermo disposto dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì, è associazione mafiosa: nelle ispezioni in carcere in cui ha accompagnato la deputata molisana i boss gli avrebbero affidato messaggi da recapitare all’esterno.
Uno shock per l’avvocatessa di Campomarino che non è indagata, sarà però ascoltata oggi a Palermo come persona informata sui fatti. La sua ricostruzione, evidentemente, per chi indaga è importante.
Gli audio delle intercettazioni ambientali sono inquietanti. La morte di Falcone? Un incidente sul lavoro, anzi «quello» non era più magistrato ma aveva un incarico politico quando è morto. All’aeroporto di Palermo bisogna cambiare nome. Messina Denaro? «Il mio premier».
Grazie al suo ruolo di responsabile di osservatori e associazioni nazionali, Nicosia è riuscito negli anni a farsi inserire nelle delegazioni che hanno accesso in carcere per verificare le condizioni dei detenuti. Ma si tratta di visite che devono sempre passare dall’autorizzazione del Dap. E per Nicosia, una condanna pesante alle spalle per traffico di droga, non è semplice.
Entra in contatto con l’onorevole Occhionero, sembrerebbe attraverso un esponente molisano dei Radicali. Brillante, un po’ pieno di sé, Nicosia spaccia il suo progetto di ricerca sulla vita nelle carceri come un’iniziativa utile al Parlamento. In linea di principio, nulla di criminale. Se non fosse che la sua doppia vita, condotta anche mentre le cimici delle forze dell’ordine registrano incontri e conversazioni, racconta un’altra verità. Cioè che lui sia inserito tra i fedelissimi di Messina Denaro, anche se perora la sua causa chiedendo corrispettivi più concreti dei grazie ricevuti. Il che getta un’ombra sull’autorevolezza dei boss di oggi.
Il rapporto di collaborazione con Occhionero dura da gennaio a fine aprile. A maggio la parlamentare comunica alla Camera che il contratto da assistente parlamentare di Nicosia non esiste più. Probabilmente ha scoperto che quell’uomo non è chi dice di essere. Ma questo lo racconterà alla magistratura.
A destare scalpore nel tardo pomeriggio di ieri, la pubblicazione sull’online fondato da Mentana, Open, della trascrizione di alcune intercettazioni captate dagli inquirenti dopo la visita di Occhionero e Nicosia al carcere di Trapani. A dicembre commentano, riferisce Open, l’incontro con Santo Sacco, consigliere provinciale, ex consigliere comunale di Castelvetrano, sindacalista della Uil e definitivamente condannato quale componente della famiglia mafiosa di Castelvetrano, per conto della quale aveva intrattenuto un rapporto epistolare con il latitante Matteo Messina Denaro. Secondo i pm, Sacco, in carcere, aveva ricevuto dal Nicosia una lettera scritta su carta intestata della Camera che non è sottoposta a limitazioni e controlli in quanto proveniente da membro del Parlamento. Nicosia si dice convinto che se ne sarebbe vantato, «io sono Santo Sacco anche in galera». Poi un riferimento al boss, il primo ministro, Messina Denaro. Sia Nicosia sia Occhionero, trascrivono gli inquirenti, ridono. Insomma, elementi da chiarire.
In quattro mesi di collaborazione, la deputata visita con Nicosia alcuni penitenziari siciliani (tra cui Sciacca e Agrigento) e non (Tolmezzo). Dopo le visite. A marzo, in un suo atto di sindacato ispettivo espone la criticità strutturale del carcere friulano di Tolmezzo e, in particolare, della sezione “casa lavoro” e di quella riservata ai detenuti al carcere duro. Tra questi, Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro, con cui Nicosia ha avuto l’opportunità di parlare.
Per il suo collaboratore Occhionero era il passepartout che serviva. Ne riferiva, fra gli altri, all’imprenditore Accursio Dimino, arrestato pure lui. Niente di meno, al danno la beffa, a un certo punto Nicosia ha pensato di scaricarla. Non è sicuro appoggiarsi a un parlamentare eletto con Leu e con Pietro Grasso, ex magistrato amico di Falcone e Borsellino. Senza contare il rischio che Grasso scoprisse la sua precedente condanna per droga: «Mi spavento, mi spavento… quello s’informa». Ha cambiato idea il falso prof: «Lo vorrei fare con questi di Forza Italia, sarebbe meglio». E Dimino – nelle intercettazioni riportate da livesicilia.it e riprese dal Quotidiano del Molise online – concorda: «Sarebbe meglio che sono più garantisti… liberisti e cose…».
Domenica sera il frontman dei diritti dei detenuti guarda la televisione (tra l’altro in tv conduce la trasmissione “Nezz’ora d’aria”) la fiction sulla nascita del Coro dell’Antoniano, i Ragazzi dello Zecchino d’Oro. «Guardando questo film mi chiedo perché le scuole italiane non si intitolano a “Mariele Ventre e Mago Zurlì”. Il metodo Mariele Ventre merita ancora oggi molta considerazione… Tutti gli istituti Garibaldi e Mazzini, un po’ di Falcone e Borsellino propongano al collegio Docenti “Mariele Ventre e Mago Zurlì”. Meno Falcone e Borsellino, per Nicosia evidentemente è un chiodo fisso, e più Mago Zurlì. È il suo ultimo post da uomo libero.
ppm

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