Il senatore Di Marzio è ancora lì, all’indice. Nella lista di proscrizione stilata dai probiviri e pubblicata da Repubblica e Fatto quotidiano dopo la riunione di ieri pomeriggio. Fra coloro che rischiano l’espulsione. Mentre lui aspettava un segnale. Mentre lui se ne sta andando da solo peraltro. Qualcuno ha provato a convincerlo a restare, il viceministro Sileri a cui lo legano amicizia e stima gli ha consigliato di non prendere subito decisioni definitive. Di fatto, anche e soprattutto la decisione dei probiviri di ieri di avviare i procedimenti, lui sta pensando al discorso con cui motiverà in Aula la scelta di lasciare il Movimento e approdare al Misto.
La crociata vandeana dei vertici 5s contro i ‘morosi’ procede a tappe forzate, incurante di aver perso per strada vigore e credibilità. Perché se da un lato c’è chi reagisce motivando la mancata restituzione con motivazioni di merito o di principio, il parlamentare molisano ha spiegato di aver pagato nei mesi che al contrario sul sito tirendiconto.it risultato ‘vuoti’. Non ha inserito nel portale gli importi e i bonifici, ma li ha pubblicati sui social e messi a disposizione della stampa. Il Movimento e l’associazione Rousseau, è la sua posizione, sanno benissimo che ogni mese verso le mie quote. Allo staff che lo aveva messo in mora chiedendo il pagamento delle quote arretrate (secondo il sito della trasparenza non versa da ottobre 2018) ha risposto inviando i bonifici effettuati e chiedendo di sapere cosa se manca altro e quanto, in modo da poter corrispondere subito le cifre.
«Non ho ricevuto, ancora ad oggi, nessuna risposta». Si è visto però sbattuto su tutti i media nazionali che si sono occupati del caso fra i morosi. Ancora e ancora. Proprio dopo la sua firma in calce alla richiesta di referendum sulla legge che taglia il numero dei parlamentari. A inizio anno ha vuotato il sacco con un’intervista a Primo Piano. Da tempo esponeva le sue critiche nelle assemblee dei gruppi, in dissenso su scelte di governo importanti – sulla sanità e la giustizia per esempio -, poi quando ha dato una mano al referendum su una norma che aveva votato solo per disciplina è finito prima all’indice come ‘poltronaro’ (il pronunciamento degli italiani rinvia l’entrata in vigore del taglio) e poi come moroso. Se anche il procedimento dei probiviri (Berti, Raffaela Andreola e Fabiana Dadone) riuniti insieme ai capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli e al collegio di garanzia M5s, si concludesse con l’affermazione che Di Marzio è in regola, per lui non cambierebbe nulla. «Il Movimento era in grado di saperlo e avrebbe dovuto parlare prima», dice.
Dopo l’intervista rilasciata a Primo Piano, il deputato Federico ha provato un pressing. Al senatore lo legano buoni rapporti personali e, anche su queste colonne, il giovane parlamentare campobassano non ha nascosto la volontà di tenere aperti quei margini di manovra che lui comunque vede. Poi Sileri, che a Di Marzio ha chiesto pazienza, magari di aspettare le regionali di fine mese per decidere. Ma il direttore sanitario del Cardarelli non ci ha ripensato. Nessuna visione, nessuna autocritica dopo la sconfitta alle europee, scelte di governo lontane da quello che era il programma e lontane dai principi fondanti: questo imputa Di Marzio ai vertici 5s e questi sono i motivi per cui, in assenza di fatti miracolosi, entro qualche giorno si appresta a lasciare il gruppo di Palazzo Madama. Dal Misto, pare di capire, potrebbe essere una delle colonne del movimento dell’ex ministro Fioramonti. Leggendo l’intervista di Fioramonti a Repubblica ieri sembrava infatti di ripercorrere il ragionamento, le critiche e le proposte del senatore Di Marzio.

ritai

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.