Il presidente della Regione Donato Toma fa il punto sulle consultazioni. «Sono quasi terminate». Ha parlato con tutti o quasi, tranne qualcuno. La sensazione è che possa trattarsi di Michele Iorio. L’ex governatore è l’unico a restare fuori dal perimetro.
Si è confrontato con Mena Calenda: «Ci siamo chiariti». Ha parlato con Aida Romagnuolo che «nelle sue posizioni è coerente, è una consigliera che tengo in considerazione». Ora non ha fretta di concludere la sua meditazione. Lunedì ci sarà Consiglio regionale, «osserveremo i comportamenti in Assise e da quel momento sarò in fase operativa».
Il rimpasto che sembrava vicino e necessario dopo che la maggioranza è andata sotto sulla riforma del tpl ha scatenato appetiti, naturalmente. E da giorni si parla solo di questo. Perciò Toma corre ai ripari: «Le mie priorità sono risolvere i problemi dei molisani e tutelare la dignità della nostra terra, non preservare le poltrone».
Resta però il braccio di ferro con la Lega, la ferita aperta dalle dichiarazioni del commissario Jari Colla: il Carroccio, dice Toma, ha creato il problema con l’espulsione delle due consigliere elette e blindando Mazzuto in giunta e il Carroccio lo deve risolvere. Come? «Mi aspetto che in questa settimana il commissario faccia qualcosa», dice a Primo Piano il presidente. Qualcosa di diverso dagli avvertimenti. «Tutti i voti, espressi al presidente, ai partiti e ai consiglieri, che ci hanno consentito di vincere le regionali del 2018, hanno valore e tutti sono stati determinanti ai fini della vittoria finale. Logiche di prevaricazione muscolare e avvertimenti da Prima repubblica, hanno trovato, e troveranno, la mia porta chiusa; resterà sempre aperta, invece, al confronto costruttivo», affida invece a una nota istituzionale.
In pratica, Toma respinge anche le ipotesi che vedrebbero un assessorato in meno a Forza Italia. Il problema, continua a dire, appartiene alla Lega. E non sembra entusiasta della staffetta ipotizzata con Fratelli d’Italia. Il tagliando alla giunta, dichiara sempre nella nota, lo fa in base a «merito, competenza e operatività». Quindi rivendica: «Lavoro ogni giorno e mi assumo la responsabilità di tutto. Rispondo nel bene e nel male, ci metto la faccia, l’anima, il cuore e la testa». Ribadisce che il Molise è stato prima di altre Regioni «modello simbolo, virtuoso e vincente, di un centrodestra unito e allargato alle forze civiche».
Pare infine voler smorzare le polemiche: «La vicinanza di Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni a questa amministrazione è stata, ed è, costante. Continuiamo a governare perbene. È quello per cui siamo stati votati, è quello per cui siamo valutati. Registriamo attacchi quotidiani da parte di forze che vogliono vedere fallire il progetto per la nostra terra solo per propaganda politica. È da loro che dobbiamo difendere i molisani. Il nostro campo deve continuare ad essere compatto».

Calenda fa pace con Toma e Mazzuto, Fratelli d’Italia punta a fare il colpaccio

Giornata intensa. Anche troppo. Fra incontri e telefonate, le triangolazioni nella maggioranza di centrodestra si sprecano.
Corteggiatissima, Filomena Calenda. Il pressing – o il sondaggio – su di lei pare fosse iniziato prima. Si racconta che la Befana le abbia portato un colloquio col commissario della Lega Jari Colla. Ieri mattina, invece, l’incontro chiarificatore col presidente Toma a cui ha ribadito lealtà. Lui, d’altro canto, conosceva le perplessità sulla riforma del tpl.
A metà mattinata a Palazzo D’Aimmo è stato avvistato Luigi Mazzuto, il pomo della discordia. Anche lui ha avuto un confronto con la Calenda. Foriero di un suo ritorno nella Lega? Al momento non si sa. Anche perché la presidente della IV Commissione non ha abbandonato l’idea di aderire a Fratelli d’Italia.
Ed è proprio il partito della Meloni ad aver guadagnato in queste ore lo spazio sotto i riflettori, come protagonista di una ipotetica staffetta. Gli ultimi sondaggi lo attestano come unica forza politica in crescita, perfino la Lega scende. E qualche giorno fa lo stesso governatore aveva ammesso che l’annuncio del rimpasto aveva scatenato gli appetiti. Fratelli d’Italia vanta ancora un credito: un patto pre elettorale che assegnava al partito un posto in giunta, poi convertito in sottosegretariato. Ma non è un assessorato. È un ruolo che a Quintino Pallante, primo eletto e capogruppo piace, lo interpreta bene anche secondo il governatore. È chiaro però che i vertici nazionali e regionali, vista la discussione che si è aperta, rimettono in fila le cose. Roma sta seguendo le evoluzioni, la Meloni anche in prima persona. La linea, nazionale e regionale, la spiega il coordinatore Filoteo Di Sandro: «Spero che il presidente Toma rimoduli la giunta e vada in direzione di un esecutivo politico, ricordando l’impegno preso con Fratelli d’Italia e cioè quello di un posto in giunta». E il posto per Meloni & Co tocca all’eletto, cioè Pallante.
Di Sandro, a surroga vigente, prenderebbe il suo posto in Consiglio. Sono le ore delle malizie e delle cattiverie. C’è chi spiffera: non farebbe l’assessore per non far entrare il collega. «È una cattiveria che non ha alcun riscontro. Non lascerò certo la maggioranza perché non faccio l’assessore – accetta la provocazione il sottosegretario – Da qui a dire che sono contento di non essere assessore ce ne corre. Addirittura non lo farei per sbarrare la strada a Filoteo! Ma su…». Archiviata questa polemica, quindi, Pallante spiega: «Non ho mai fatto rivendicazioni personali, anzi ho sempre subito ma con piacere, se così si può dire, quando subire serve al progetto complessivo del centrodestra. Non vado a gettoni». E lo dice, sottolinea, anche rispetto ad amici personali di una vita che ora prendono strade diverse. «Iorio è un mio amico e io l’ho difeso all’inverosimile, ma non lo difendo quando pone rivendicazioni personali che possono anche essere legittime ma indeboliscono il centrodestra». Detto questo, conclude, «il partito mi darà indicazioni».
Da sottosegretario, infine, ascolterà i consiglieri di maggioranza e i gruppi. Poi riferirà al presidente e con lui si confronterà. Non dimenticando, in ultimo, di dargli anche il suo punto di vista. r.i.

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