Come una tempesta perfetta. Perché è lo scenario peggiore, perché quell’uragano ha colpito al cuore, ha spezzato le gambe ma non la capacità di reazione. Perché non è un film, né un best seller né una serie tv. Inimmaginabile lo scenario nel quale viviamo, ovattati senza suoni né rumori. Vincenzo Cotugno, assessore alle Attività produttive della Regione Molise, ragiona già di domani. Sì, perché oggi occorre cercare di concentrarsi sul futuro, si spera prossimo. In videoconferenza ha preso parte alla riunione della commissione Attività produttive in seno alla Conferenza delle Regioni. Al microscopio, stavolta, le misure contenute nel ‘cura Italia’. Le istituzioni regionali hanno ragionato, a distanza, dei provvedimenti messi in campo e degli scenari possibili e realizzabili. Ognuno portando la propria esperienza, le esigenze e peculiarità territoriali. «È solo un primo intervento, per arginare l’emorragia in atto» dice l’assessore Cotugno.

L’emergenza economica che stiamo vivendo, ognuno con percezione e risposte diverse, non ha confini regionali, né tantomeno nazionali.

«E no: l’Italia e l’Europa stanno vivendo un improvviso shock dal lato dell’offerta, della produzione, della creazione di valore aggiunto, che pone il drammatico problema del mantenimento dei posti di lavoro. L’emergenza economica, i provvedimenti a sostegno delle imprese, le misure e le risorse messe in campo non risolvono il problema della liquidità che manca, e mancherà nel prossimo futuro, al sistema delle imprese. Consapevole di questo, auspico il Governo adotti misure più corpose e specifiche, in modo da evitare che questo shock non colpisca anche la domanda».

Quale il rischio di una eventualità del genere, assessore?

«Se ciò accadesse si creerebbe un circolo perverso, con aspettative ancor di più al ribasso nei consumi. Un vortice negativo che deve essere evitato. Il pericolo gravissimo che corriamo è il blocco dell’intero ingranaggio produttivo e distributivo su cui si regge la nostra società».

Il ‘cura Italia’ avrebbe avuto bisogno di una dotazione finanziaria diversa, quindi.

«Per evitare che lo shock passi dall’offerta alla domanda, purtroppo, occorrono risorse enormi. La Germania ha stanziato un primo budget di 550 miliardi di euro, gli Stati Uniti 1.500 miliardi di dollari e così altri stati europei, con interventi 10-20 volte superiori al budget del decreto ‘cura Italia’. Ecco perché quelle italiane sono misure insufficienti per la crisi sistemica dell’economia che l’epidemia sta producendo. Ci troviamo di fronte ad una crisi che è peggiore di quella del 2008, che aveva radici prettamente finanziarie. Ora siamo in presenza di una crisi produttiva e di sistema: è il cigno nero, la tempesta perfetta».

Restare a casa significa bloccare il tessuto produttivo. Insomma, è un cane che si morde la coda.

«Oggi giustamente viene chiesto a quasi il 90% della popolazione di stare a casa per un periodo non definito. Un dovere, perché il virus cammina sulle gambe degli uomini. Contemporaneamente però dobbiamo attivarci per evitare il blocco della produzione dei beni primari essenziali e degli approvvigionamenti. Tutto questo dipenderà dalla durata della quarantena di massa e dal comportamento responsabile di tutti per evitare la diffusione del virus».

Quale le misure che lei ritiene di dover proporre alla Commissione Attività produttive?

«Misure di sostegno alle imprese, è evidente. Intanto l’attivazione degli Eurobond per avere risorse liquide come nazione, poi controgaranzie statali per il tessuto produttivo, così da consentire che le risorse liquide siano davvero iniettate nel sistema produttivo. È indispensabile un piano infrastrutturale nazionale, che impegni tutte le risorse non spese per l’avvio di opere concrete che creino immediatamente posti di lavoro: è l’unico modo per bloccare sul nascere la crisi nella domanda. Servono sgravi e incentivi per chi investe capitale di rischio nelle piccole e medie imprese, per invogliare i fondi di private equity ad investire laddove c’è davvero bisogno, piani di interventi shock sovranazionali: per affrontare un problema globale è necessaria una risposta globale».

L’associazione dei costruttori, alla luce di un percorso sempre più critico, ha chiesto alla Regione un provvedimento per consentire la chiusura dei cantieri. In tema di edilizia, quale potrebbe essere una prima risposta immediata?

«Occorre un piano per sbloccare l’edilizia, sì: si potrebbero prorogare fino al 2030 le agevolazioni Ecobonus e Sisma-acquisti, rimodulare i fondi europei in scadenza per consentire l’utilizzo senza vincoli da parte delle regioni che potranno finanziare con immediatezza misure o investimenti che possano davvero sostenere la ripresa. E poi bisogna sbloccare i cantieri pubblici rivedendo drasticamente le procedure del codice degli appalti, snellire procedure ed autorizzazioni. L’Italia è il paese più bello del mondo ma anche il più ingessato e questo impedisce alle imprese, in particolare a quelle straniere, di investire da noi».

Quali aspetti del ‘cura Italia’ andrebbero modificati, in sostanza?

«Nell’immediato occorre sospendere totalmente i versamenti contributivi e previdenziali almeno fino alla fine di settembre per tutte le Pmi, senza limiti di fatturato: in questo momento tutte le imprese si trovano nelle stesse condizioni ed hanno diritto a godere dei medesimi aiuti. Sospensione totale dei pagamenti all’erario a qualsiasi titolo fino a settembre per tutte le partite iva, quindi per autonomi, liberi professionisti, imprese, artigiani, etc, e dei pagamenti di rate per mutui, prestiti, finanziamenti vari per famiglie ed imprese. Così evitiamo che famiglie e imprese siano costrette a scegliere nei prossimi mesi tra pagare tasse, rate contributi oppure comprare cibo, pagare l’affitto e le bollette».

Tutto chiaro ma come si finanzia una misura simile?

«Consolidando l’indebitamento al 30 settembre prossimo di famiglie e imprese, spostandolo a medio e lungo termine con mutui (anche ipotecari) fino a 10 anni. Cassa depositi e prestiti, banche e istituti di credito sono stracolmi di carta moneta, liquidità iniettata dalla Bce che ancora non viene allocata: è questo il momento di metterla sul mercato. Lo Stato deve farsi garante o l’Unione Europea attraverso gli eurobond come prestatore di ultima istanza: solo così i mercati finanziari si sentiranno tranquillizzati, perché sapranno che il governo italiano è pronto a fare qualunque cosa occorra per mettere il nostro sistema produttivo in sicurezza. Questo è il nostro “whatever it takes”».

E nel piccolo Molise, come stare accanto al tessuto produttivo regionale?

«Come governo regionale già abbiamo provveduto ad una moratoria delle rate con FinMolise. Con il presidente Toma, la struttura dello Sviluppo Economico ed i vertici della FinMolise stiamo approfondendo altre misure di sostegno per le nostre imprese».
red.pol.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.