Avrebbero dovuto essere delle “eccezioni”. Invece rischiano di diventare sempre più la generalità. Parliamo delle aziende ‘autorizzate’ a continuare o riprendere a lavorare secondo il Dpcm 22 marzo 2020. Il premier Giuseppe Conte aveva parlato di una ulteriore stretta nell’annunciare il decreto. Tuttavia, si potrebbe dire “fatta la legge, trovato l’inganno”. Pare proprio così. Secondo le diverse segnalazioni arrivate al sindacato, infatti, tante società si starebbero ingegnando per rientrare nell’elenco – già di per sè sterminato – di aziende e categorie a cui è concesso operare: la tecnica sarebbe la “deroga”, l’eccezionalità. Al punto che diversi lavoratori sarebbero stati pure già allertati per rientrare al proprio posto la settimana prossima.
La Fiom Cgil, in una nota firmata dal segretario Giuseppe Tarantino, da Venafro ha rivolto una precisa istanza alla Prefettura di Isernia. «Ai fini della tutela dei lavoratori e dell’intera collettività», il rappresentante sindacale dei meltalmeccanici ha chiesto di poter «conoscere le aziende che hanno fatto richiesta di riavvio delle attività produttive, rientranti in quelle definite di essenziale utilità del settore metalmeccanico. Si chiede inoltre – si legge ancora nell’istanza – di interpellare preliminarmente le organizzazioni sindacali interessate ai fini di una valutazione congiunta relativa al rilascio delle autorizzazioni». In realtà, a quanto pare più che di rilascio di autorizzazioni si tratta di eventuali controlli successivi poiché il Dpcm 22 marzo prevede, tra le altre cose, che «il prefetto può sospendere le attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni» normate.
Tarantino, in particolare, è preoccupato perché una ripresa produttiva generalizzata «può mettere in discussione i sacrifici che stiamo facendo per evitare i contagi, anche in virtù del fatto che tutti temono che se il numero dei positivi dovesse aumentare a dismisura la sanità non sarebbe all’altezza di rispondere con efficacia».
In sostanza, la richiesta della Fiom è di controllare l’effettiva necessità di riprendere l’attività produttiva e, inoltre, di monitorare in modo stringente il rispetto sulla dotazione e sull’uso dei dispositivi individuali di protezione.
Il tema è molto delicato. Tanto è vero che il deputato del Movimento 5 Stelle Antonio Federico ha inteso raccogliere «le segnalazioni di alcune sigle sindacali che hanno chiesto alle Prefetture molisane chiarimenti in merito alla riapertura di alcune aziende regionali chiuse inizialmente per l’emergenza Covid-19. Stiamo infatti vivendo un momento difficile e prima di tutto dobbiamo ringraziare gli imprenditori che hanno deciso di rinconvertire la produzione della propria azienda per mettersi al servizio del Paese».
Allo stesso tempo, però, «bisogna monitorare al meglio tutte le aziende che in seguito alle disposizioni del governo hanno dovuto chiudere i battenti in questa fase d’emergenza in quanto non rientravano tra le attività essenziali, che per questo hanno chiesto la cassa integrazione per i propri dipendenti e che poi hanno riaperto con altre finalità produttive. Un’attività pienamente legittima – ha spiegato Federico -, ma che va monitorata per tutelare la saluta pubblica e riuscire a non disperdere risorse economiche in periodo d’emergenza. In questo senso è fondamentale verificare tutte le richieste di modifica dei codici Ateco che determinano la classificazione delle aziende per ciascun settore».
Quindi, l’onorevole grillino ha voluto ricordare pure come «le attività produttive sono tenute a segnalare la propria apertura alle Prefetture territorialmente competenti e i prefetti hanno facoltà di sospendere le attività qualora non rientrino tra quelle ora ritenute essenziali».
Allo stesso tempo, Antonio Federico ha fatto appello al governatore Toma «affinché l’Unità di crisi che coordina, e che detiene la responsabilità dei controlli sulle misure di sicurezza, faccia tutto ciò che è in suo potere per garantire un adeguato monitoraggio della sicurezza all’interno di ciascuna realtà produttiva». A fare eco al deputato Federico, la collega grillina consigliera regionale Patrizia Manzo la quale ha sottolineato come della questione «ne ho parlato anche in Consiglio». Tra l’altro la Manzo aveva «chiesto di costituire anche un albo o un elenco pubblico in tutela della sicurezza dei cittadini».
Pr

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