Sull’accesso all’area contabilità del sistema informativo Urbi Smart, i 5 Stelle di Palazzo D’Aimmo hanno perso pure al Consiglio di Stato.
Palazzo Spada, infatti, ha respinto il ricorso dei consiglieri Greco, Primiani, De Chirico e Fontana che chiedevano la riforma della sentenza con cui il Tar nel 2019 aveva dato ragione al governatore Toma.
Nella precedente consiliatura, l’area era accessibile ai consiglieri. Diventata inaccessibile successivamente all’insediamento del nuovo esecutivo, il gruppo pentastellato si era rivolto al
presidente del Consiglio prima e poi al governatore e al direttore del servizio Bilancio. Toma negò le credenziali per motivi di sicurezza dei dati. Diniego confermato in risposta a una ulteriore istanza dei 5s perché l’abilitazione «equivarrebbe ad un accesso indiscriminato e generale su non ben definiti atti d’ufficio, poiché deve sempre sussistere un legame diretto tra la richiesta di accesso stessa e lo specifico atto d’interesse».
Quattro dei sei esponenti del gruppo, gli stessi che poi hanno proposto appello, si rivolsero al Tar che diede ragione a Toma, rilevando fra le altre cose che «presupposto dell’accesso è la presentazione di una richiesta specifica e puntuale, riferita a documenti preesistenti e già formati» mentre il rilascio delle credenziali per l’area Contabilità «consentirebbe ai consiglieri regionali di accedere alla generalità indiscriminata dei documenti relativi alla contabilità dell’ente e in mancanza di apposita istanza, così dando luogo ad un “monitoraggio assoluto e permanente sull’attività degli uffici” in violazione della ratio dell’istituto che è conoscitiva e di controllo di una determinata informazione o di uno specifico atto dell’ente, siccome ritenuti strumentali al mandato politico, e non essenzialmente esplorativa, e così eccedente dal perimetro delle prerogative attribuite ai consiglieri regionali».
Assistiti dai legali Vincenzo Iacovino e Vincenzo Fiorini, i quattro pentastellati si sono rivolti a Palazzo Spada e la Regione si è costituita con l’Avvocatura distrettuale. Nei giorni scorsi la sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato, che confermando la sentenza impugnata fra le altre cose così motiva: «Consentire ai consiglieri regionali di accedere a discrezione, in maniera
costante e immediata, all’intera massa degli atti e dei documenti amministrativi comporterebbe una seria alterazione, di fatto, della forma di governo perché inciderebbe sulla funzionalità dell’amministrazione e sull’inerente responsabilità. La Costituzione non ha stabilito per le Regioni una forma di governo assembleare, come sarebbe se il patrimonio cognitivo venisse condiviso con i consiglieri regionali. Da una tale condivisione verrebbe alterato il sistema dei pesi e contrappesi insito nella separazione tra i poteri e, contro il disegno costituzionale, si perverrebbe di fatto a una quasi cogestione dell’attività amministrativa. E, in una forma di governo essenzialmente presidenziale, contro la coerenza del sistema si finirebbe addirittura per dare al singolo consigliere regionale un potere che non ha il singolo parlamentare nella forma di governo parlamentare nazionale».
Soddisfatto il presidente Toma: «Ero convinto di aver agito correttamente, come la magistratura amministrativa ha definitivamente stabilito».
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