I 5 stelle hanno un loro testo pronto, trasmesso al Pd per presentare insieme la sfiducia al governatore Toma. Per oggi è convocata la direzione dem. «Integreremo i due documenti, il loro e il nostro, per elaborarne uno condiviso», conferma il segretario regionale Vittorino Facciolla. Sarà depositato a inizio settimana, non sarà possibile discuterlo subito, come prevedono Statuto e regolamento: la sfiducia è l’atto più forte e ‘insultivo’ verso il presidente eletto dal popolo e verso la legislatura, quello la chiude definitivamente. Naturale che le regole prevedano procedure rafforzate. Che nei fatti diluiscono i dissidi e consentono ripensamenti.
Nessun pronostico, risponde perciò a precisa domanda l’ex vicepresidente della Regione. «Se fosse vissuto da tutti come un atto di responsabilità, anche Toma stesso dovrebbe votarsi la sfiducia prendendo atto dei disastri che sta combinando. Siccome in questi momenti c’è anche l’occasione per riposizionamenti di sorta, io non sono in grado di dire come andrà».
A giudicare dal clima che si respirava lunedì, la maggioranza ha perso pezzi. Oltre a Iorio, che le minoranze danno già nel conto dei sì per la sfiducia, per il centro Covid a Larino votarono anche Aida Romagnuolo e Filomena Calenda.
Discorsi differenti, per le due ex leghiste. Partiamo da Calenda. Nelle ultime ore è tornata a circolare l’ipotesi di un suo ritorno nel Carroccio. Occasione buona per chiederlo ai vertici della Lega, ieri a Isernia, per l’ufficializzazione del passaggio di una consigliera nel gruppo di Palazzo San Francesco. Jari Colla, commissario inviato da Salvini a ottobre, ha in sintesi risposto di aver visto una sola volta la consigliera Calenda, alla manifestazione per il 2 giugno, sempre a Isernia, ma ha smentito riavvicinamenti. Un ritorno che pure il neo assessore Marone ha di fatto destituito di fattibilità immediata quando ha spiegato di aver avuto con lei contatti per i rispettivi ruoli istituzionali (lui ha la delega al Welfare e lei è presidente della IV Commissione che si occupa anche di politiche sociali). Contatti che sono stati e saranno sempre frequenti, quindi, ma prescindono dalle posizioni politiche.
La scelta di Calenda rispetto alla mozione di sfiducia, quindi, non sarà condizionata dalle sirene del Carroccio che, dicono i capi del partito, non stanno cantando.
Aida Romagnuolo, invece, cannoneggia da giorni di nuovo su Palazzo Vitale e sul suo primo inquilino.
Il polo civico, di cui fa parte anche lei (e Calenda), è nato proprio dopo la nomina di Marone. È Andrea Di Lucente a descrivere un quadro in questi giorni chiaro e lineare per quanto riguarda la Romagnuolo. Il capogruppo dei Popolari lunedì in Aula ha accusato Toma di essersi rinchiuso in una torre d’avorio: nessun confronto né condivisione. «Consegnammo io e il presidente Micone il documento che chiedeva al governatore di aspettare novembre per nominare l’assessore. Era l’inizio di un confronto. Poteva riunirci e spiegare di avere questa necessità, di aver preso degli impegni. Invece… Beh, se si vuol fare a braccio di ferro…». Quindi, Di Lucente cosa farà rispetto alla mozione di sfiducia che le minoranze presenteranno. «In questo momento io e qualche collega la votiamo. E parlo per me e per i colleghi con cui mi sento e coordino più spesso, cioè Micone e Romagnuolo. Siamo convinti di andare avanti in questa posizione. Se poi qualcuno si degna di confrontarsi davvero con noi, gli daremo linee politiche e programmatiche e potremo darci un periodo di un anno. Un documento con degli obiettivi. E non è un ricatto, è un compromesso». Obiettivi: vuol dire azioni programmatiche o anche ruoli? «Si tratterà anche di ruoli – risponde Di Lucente – Ma io, lo dico subito, non voglio fare l’assessore. Qualche collega forse lo vuol fare, ma non io. Io sono stanco pure di fare il presidente della I commissione. Le relazioni degli atti votati in questi anni nell’80% dei casi sono mie. A questo punto voglio fare il segretario del Consiglio e conto le manine quando si vota…». La commissione guidata da Di Lucente è ferma da qualche settimana. E senza segnali concreti non sembra destinato a ripensarci: «Ho ancora una dignità e una credibilità», conclude.
In queste ore è partita la missione del sottosegretario Pallante e del vice presidente Cotugno, cui il governatore ha chiesto di scandagliare le reali intenzioni di tutti. Lunedì potrebbe esserci una riunione di maggioranza.
Di Lucente è stato chiaro. E tre voti, più quello di Iorio, significa che la mozione di sfiducia finirebbe 12 a 9, con il governatore sfiduciato pure dall’attuale presidente del Consiglio regionale.
C’è però un punto di caduta: il dopo. Perché in queste ore i contatti, o tentativi di contatto, fra i dissidenti del centrodestra, e le opposizioni si racconta siano tanti e frenetici. Ma la domanda, probabilmente viene fatta più ai dem che ai pentastellati, è: ok, sfiduciamo Toma, è poi? Quel ‘poi’ significa alleanze per le regionali, un progetto alternativo di governo della regione e, chiaramente, ruoli per ognuno dei protagonisti. Qui la faccenda si complica. Perché al netto delle voci che impazzano e circolano impazzite non è facile (ri)mettere insieme chi insieme per due anni non è stato più. Ancora più difficile immaginare già ruoli e posizioni. Come fare i conti senza l’oste, i molisani, la cui reazione (alle urne) oggi – con la pandemia e la crisi che ne sta seguendo – è meno prevedibile che mai.
ritai

Un Commento

  1. Pasqualino paoletti scrive:

    Non ci credo.Comunque alle prossime ne vedremo delle belle.

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