Il commissario della sanità il 16 giugno, un giorno prima del termine indicato dalla circolare del 29 maggio 2020, invia a Roma attraverso la piattaforma Siveas il piano sul centro Covid a Larino. Il giorno dopo il presidente della Regione (e in indirizzo c’è pure Giustini) riceve il progetto redatto dalla struttura della direzione Salute e firmato pure dal sub commissario Grossi (nonché dall’Asrem) e lo invia a Roma.
Al ministro Speranza, spiega lo stesso Toma per smentire chi dice che nella Capitale è pervenuto un solo piano. È sempre Toma a riferire che il 18 giugno la direzione Salute, guidata da Lolita Gallo, ha trasmesso il progetto per il centro Covid all’hospice del Cardarelli attraverso il sistema indicato dalla circolare dei dg ministeriali Urbani e Ugenti il 29 maggio.
La direttrice generale della Salute si è presa la responsabilità di inviarlo come indicato. Perché nel ginepraio di competenze, sovrapposizioni e non poche contrapposizioni che caratterizzano la sanità molisana, la situazione relativa al rafforzamento della rete ospedaliera Covid è questa: il commissario trasmette il suo piano senza farlo passare per un decreto (che la sub non avrebbe firmato a questo punto) e il presidente trasmette il secondo piano al ministro ma senza una delibera di giunta. E la giunta avrebbe potuto votare un piano ospedaliero essendo la Regione commissariata?
Secondo il governatore, entrambi i progetti sono regolarmente a Roma: «Il termine indicato dalla circolare, che non era perentorio, è stato forse calcolato su una data di entrata in vigore del decreto Rilancio che poi ha avuto un errata corrige. Entrato in vigore il 19 maggio, trenta giorni scadono il 18». Perché il giorno di entrata in vigore, aggiunge, non si conta. Secondo Toma è tutto regolare, l’errore è nella circolare e la dg Salute ha inviato entro il termine previsto dal decreto il secondo progetto. Quanto al necessario ‘atto regionale’, è dell’idea che il piano che sarà approvato da Roma dovrà passare in giunta o in Consiglio ed è intenzionato a farlo. «Intanto aspettiamo la valutazione ministeriale». Toma resta convinto che il piano Cardarelli, prevedendo un rafforzamento incardinato (seppure strutturalmente separato) su un Dea di I livello, sia quello in linea con l’indirizzo fornito dalla circolare di Urbani che solo in ultima istanza prevede centri esclusivamente Covid e visto che il Vietri al momento non è tecnicamente un ospedale.
Tuona, invece, l’ex governatore Michele Iorio che chiama in causa il ministro Speranza – «gli scriverò», dice – e per il quale ‘atto regionale’ è il pronunciamento del Consiglio che il 15 giugno ha approvato la mozione sul centro al Vietri. «Ho faticato a riprendermi dalla notizia che al ministero della Salute sono arrivati due piani Covid per il Molise. Uno approvato dal Consiglio, l’altro che porta la firma di soggetti non titolati da alcuna norma a sottoscriverlo e soprattutto violando le procedure per la presentazione del progetto». Ripercorre il contenuto di decreto e linee guida e sostiene che «per atto regionale si intende atto approvato dal Consiglio regionale essendo il Consiglio, per Statuto, l’organo rappresentativo della Regione, determina l’indirizzo politico generale, indirizza e controlla l’azione politica, amministrativa e programmatoria della Regione». Toma, ricorda Iorio, ha detto durante la seduta che il piano di Giustini «avrebbe violato le procedure perché non sarebbe passato al vaglio della Commissione», ma poi un piano diverso viene presentato dal governatore «senza passare né al vaglio della Commissione né del Consiglio stesso.
Dimenticando che nessuno, neppure il presidente della giunta può arrogarsi il diritto di fare cose diverse da quelle stabilite con atto regionale se non correndo il rischio di incappare in un abuso d’ufficio».

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