La vigilia, giovedì, è completamente diversa da quella di domenica. Ora nell’aria c’è la voglia di non mandare tutto all’aria, lo sforzo di continuare a ‘piacersi’.
Oggi la riunione di maggioranza. Sul tavolo, queste le indiscrezioni sfuggite al riserbo, una bozza di intesa, lavorata nei giorni scorsi a più mani. La base per arrivare, questo l’obiettivo, a un documento definitivo da consegnare al governatore Toma.
E pare che la priorità, nelle richieste al presidente, sia data nella bozza alle scelte programmatiche e al ruolo che in queste deve avere il Consiglio regionale. Che non è, per raccontare semplice semplice come la pensano gli eletti del centrodestra che al governatore chiedono una svolta, un’assemblea di condominio o di un’associazione. È l’Assemblea legislativa. Certo, il governatore è eletto dal popolo, ma il Consiglio ha un ruolo nella programmazione delle azioni da mettere in atto sul territorio. Quindi, dialogo e condivisione. L’Assise non ratifica.
Il corollario è che se lo stesso Consiglio, in particolare la maggioranza che da sola aveva i numeri e in quel caso nessuno venne meno all’impegno preso, abroga la surroga (e manda a casa quattro primi dei non eletti che hanno sostituito per due anni gli assessori) sul presupposto del risparmio, il presidente non può un mese dopo nominare un assessore esterno in quota Lega.
Scelte, dunque, poi chi le attua. La bozza, da quel che sembra, non dà la priorità per ora alle caselle e ai nomi con cui riempirli. Anche se a novembre il giro di boa imporrà scelte stavolta sui nomi.
E qui cominciano le incognite. In scadenza a novembre il presidente del Consiglio Micone. Che punta a restare a capo di Palazzo D’Aimmo. Si racconta, perciò, che non sia soddisfatto della bozza: non è l’organigramma che Toma aveva chiesto, non c’è scritto che presidente del Consiglio resta lui (o resta all’Udc). Soprattutto, poi, per le due ex leghiste sarebbe prioritaria la revoca dell’assessore Marone, scelto da Salvini che invece pare abbia messo un disco rosso al rientro nel Carroccio di entrambe. La base di partenza, per Aida Romagnuolo e Mena Calenda, è il rispetto del patto sulla cancellazione della surroga e quindi il sacrificio di Marone.
Mal di pancia, forse, gestibili. A meno di non voler fare la figura di una coalizione affamata di poltrone o mera consumatrice di vendette interne. Queste le ragioni a favore di un pronostico positivo. Che allontana il voto insieme alle minoranze sulla sfiducia. Se scoppierà la pace invece è più difficile da dire.
Alla riunione, come anche lunedì, il presidente Toma non parteciperà. «I consiglieri devono sentirsi liberi di criticare le mie azioni, la mia presenza potrebbe influenzarli e questo non lo voglio», spiega. Una volta che avranno raggiunto l’accordo sul documento, ci sarà l’interlocuzione con lui. «Attendo le loro proposte senza nessun pregiudizio», conclude.
r.i.

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