Cita Gandhi. E non per la non violenza, quanto per l’illuminata anarchia in cui « ciascuno è governante di sé stesso e si governa in modo da non molestare mai il vicino».
Può stare tranquillo il presidente Toma coi numeri risicati della maggioranza? Aida Romagnuolo spiega perché ha rinunciato all’incarico di sottosegretario.
«Mi avrebbe garantito l’autista, lauto, uffici, una folta segreteria e diverse deleghe. E invece a volte la spiegazione è quella più semplice, la più ovvia, la più ragionevole. Dire sì è semplice, facile e spesso vantaggioso. Il no impegna, chiede quasi sempre giustificazione, presuppone basi solide, trova sempre muri di congetture. Ma ti regala la libertà. Ed è quella che ho scelto io. La libertà di dire no adesso per poter dire anche no se sarà necessario in futuro per il bene del Molise».
Una presa di distanza, un risvolto che spiega che quella frase – continuerò a svolgere il ruolo di semplice consigliere – non era una conferma di adesione alla maggioranza. Anzi. Aggiunge Romagnuolo infatti che «il cammino fin ora condotto dalla maggioranza presente nel governo regionale necessita di liberarsi da comportamenti a volte farisaici che non rendono giustizia alle attese di un territorio provato da troppo tempo e bisognoso di vera attenzione. Ho sempre cercato di fare squadra facendo tanti passi indietro per garantire stabilità utili per poter lavorare ad un “laboratorio Molise” che può e deve essere il volano di una ripartenza necessaria, il ponte tra un nord e un sud troppo distanti, lo spazio dove le nuove generazioni possono e devono trovare spazio per poter costruire il loro futuro disponendo di ogni mezzo necessario».
C’è un futuro possibile, ancora la ex leghista, «solo se avremo, tutti, il coraggio di dire no. O di dire sì, se sarà necessario, anche a proposte che verranno da parti opposte a questa maggioranza. Perché la costruzione di una Regione virtuosa non si può improvvisare. O comunque non più. Resto a disposizione del popolo molisano con il mio no e con il mio sì per essere obiettiva voce di una crescita possibile e punto di riferimento nell’assise regionale dove la libertà di scelta non potrà che essere il perno di una auspicabile, vera, democrazia partecipata». Perché, conclude con le parole di Gandhi, «se la vita nazionale diventa così perfetta da governarsi da sé, non occorre più nessuna rappresentanza».

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