Politico di lungo corso, l’ex governatore del Molise non esulta per il trionfo del sì, convinto che questo risultato non sia propedeutico a risolvere i problemi di un sistema istituzionale che avrebbe bisogno di una stagione di riforme condivise e bipartisan. Michele Iorio si distingue dai sostenitori del no. Il taglio per lui non è uno schiaffo al parlamento, né uno sfregio o un assegno in bianco che allontana la gente dalla politica, né penalizza le piccole regioni e i partiti minori: «Purtroppo resterà solo una riduzione numerica, perché non si riuscirà a fare riforme complessive di cui il Paese ha bisogno».
Ma nessuna «lesione della democrazia o riduzione di spazi» per Iorio che sorvola anche sui risparmi irrisori – quelli calcolati dal fronte del no – che si otterrebbero riducendo il numero dei parlamentari: 57 milioni l’anno, lo 0,0007 per cento della nostra spesa pubblica pari a un euro all’anno per ciascun italiano.
E sulla legge elettorale, passo successivo che ora tutti invocano, dice: il fatto che il parlamento ne sforni una ogni cinque anni testimonia il degrado più assoluto della nostra democrazia asservita agli interessi di chi comanda.
Sicuramente si sono state giornate migliori per l’ex leader del centrodestra, per tredici anni alla guida della Regione. Quella di ieri non lo è stata di certo. L’amico Raffaele Fitto è uscito piuttosto malconcio dalle urne nonostante gli exit poll davano un testa a testa al cardiopalma con l’uscente Emiliano. «Più che Fitto è stata sconfitta la coalizione» accenna Iorio cercando di ‘salvare’ l’eurodeputato già in passato alla guida della Regione Puglia. «E poi bisogna vedere quanto abbia funzionato l’appello sul voto disgiunto di Emiliano. Un’analisi che si potrà fare solo a dato acquisito».
Di certo non è d’accordo con quell’analista che ieri ha scaricato le responsabilità delle sconfitte del centrodestra sulle “minestre riscaldate” ovvero Fitto e Caldoro. Tesi che Iorio respinge subito non fosse altro perché «anch’io sono una minestra riscaldata» dice.
E alla domanda se pensa ancora di candidarsi per il vertice della Regione Molise risponde: «Fino a quando le leggi non lo vieteranno».

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