Con la deliberazione numero 88 del 28.03.2023 la Giunta regionale, su proposta del servizio bilancio della Regione Molise, ha dettato le linee di indirizzo per la copertura dell’ulteriore disavanzo di circa 137 milioni di euro. Significa che tale cifra non trova copertura mediante l’utilizzo delle risorse proprie regionali.
Come si è arrivati a tale ulteriore disavanzo? A cosa sono da imputare le minori entrate e/o le maggiori spese verificatesi? La questione può essere semplificata come segue:
presenza di residui attivi iscritti in bilancio ovvero crediti vantati dalla Regione Molise, pari a circa 130 milioni di euro, maturati nel corso degli anni antecedenti al 2018. Tali residui sono stati eliminati negli ultimi cinque anni, da questo esecutivo, su stimolo della Corte dei Conti, poiché insussistenti;
copertura di debiti fuori bilancio per quasi 70 milioni di euro, contratti prima del 2018, ma non inseriti nei bilanci precedenti (tecnicamente si direbbe “non impegnati”).
La causa dell’ulteriore disavanzo è da ascrivere anche al fatto che le precedenti amministrazioni non hanno provveduto ad accantonare fondi rischi e spese adeguati rispetto alle passività pregresse.
Che significa? Se sapevi che avevi cause in corso o crediti non certi avresti dovuto accantonare risorse adeguate al rischio di soccombenza o di svalutazione del credito.
Insomma, una politica di bilancio antecedente al 2018 non rispettosa delle regole contabili ha spinto questa amministrazione a dover porre rimedio a conti che non restituivano il quadro fedele della situazione finanziaria, vale a dire: dover “tappare i buchi” che altri avevano causato.
Ma le amministrazioni precedenti avrebbero potuto correggere l’infedeltà dei conti? Certo che avrebbero potuto! Con le modalità che il legislatore permise alle amministrazioni locali per far emergere il cosiddetto disavanzo tecnico e spalmarlo, addirittura, in 30 anni, con riferimento al 01/01/2015, in occasione dell’entrata in vigore dei nuovi principi contabili ex D.Lgs. 118/2011.
La Regione Molise fruì di tale occasione soltanto parzialmente. Considerato, quindi, che gran parte dei crediti inesigibili e dei debiti fuori bilancio, emersi in questa legislatura, per lo più risalivano ad anni precedenti, di fatto, quanto allora non rilevato in termini di disavanzo è servito a “ipotecare” le risorse di questa amministrazione. Frutto di un calcolo errato o piuttosto di esigenze di bilancio meno “palpabili”?
Un peso enorme sulle spalle di chi, come questa Giunta, fosse stato costretto a “parificare” i conti.
Un’altra domanda nasce spontanea: i controlli in quegli anni non hanno rilevato le problematiche contabili? In realtà, i revisori dei conti osservavano i consuntivi e formulavano raccomandazioni ma, sostanzialmente, giudicavano con esito favorevole i bilanci. La Corte dei Conti non aveva un controllo così penetrante come oggi sui bilanci regionali, anche per la circostanza che l’istituto della parifica contabile dei consuntivi regionali è stato previsto per la prima volta dal D.L. 174/2012. Tutte queste circostanze hanno determinato uno slittamento della “resa dei conti” ai giorni nostri.
Qual è, allora, la soluzione per evitare che un ulteriore disavanzo, non ripianabile in tempi compatibili con le possibilità della Regione, provochi un ‘blocco’ delle finanze regionali e una ridotta erogazione di servizi essenziali per i cittadini? La soluzione la fornisce l’articolo 119 della Costituzione ove si prevede l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante, destinato al finanziamento delle funzioni pubbliche e la promozione dello sviluppo mediante impiego di risorse aggiuntive. Quindi, è lo Stato (il Governo con interventi straordinari necessari e urgenti ovvero il Parlamento con provvedimenti legislativi) che deve intervenire.
Interventi che il sottoscritto ha chiesto in più occasioni al Governo e che, nella scorsa campagna elettorale, gli aspiranti parlamentari hanno preso l’impegno di promuovere.
Nel caso in cui nelle prossime settimane il Governo non dovesse porre in campo un apposito provvedimento per il Molise, non rimarrà che avanzare richieste in ogni sede possibile che impongano al Consiglio dei Ministri l’attuazione del citato dettato costituzionale.
La rivendicazione di maggiori risorse non è atto da compiersi a cura di estemporanei gruppi parapolitici in odore di campagna elettorale, ma un atto corale da attuarsi, attraverso il presidente della Regione e la delegazione parlamentare, da parte di tutti i partiti e della cosiddetta società civile.
Donato Toma

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