Invece che un giallo, il chiacchiericcio tipico della provincia ha trasformato per alcune ore la sorpresa di aver trovato nell’accordo di programma sull’area di crisi complessa un terzo progetto per la filiera avicola in una telenovela con protagonisti i soliti noti.
Se non è Amadori è Aia, magari in accordo con chi la filiera l’ha gestita per qualche mese. Eco di guerre per ora lontane, negli ambienti sindacali e poi a catena fra le maestranze e nei circuiti politici, questa la versione circolata con insistenza. Una versione immediata, certo. Pret a porter. Perché tutti sanno che alla call di Invitalia, scaduta il 10 ottobre e quindi quasi un mese prima che il tribunale di Campobasso decidesse a chi, fra Agricola Vicentina e Dasco, aggiudicare i beni della ex Arena, rispose sia il gruppo Amadori che l’azienda di Roseto. Se non fosse che la manifestazione di interesse da 45 milioni per 110 occupati nella produzione di carne e polli halal (macellati con metodo islamico e destinati quindi al mercato arabo) è, stando a quel che in queste ore Primo Piano ha riscontrato, una terza iniziativa. Non è Amadori, presente nell’elenco che Invitalia ha inserito nel progetto di riconversione industriale con il piano di riqualificazione del complesso ex Gam. Non è la Dasco, né da sola né con Aia. La risposta, a precisa domanda, degli abruzzesi è stata altrettanto chiara e precisa.
Quindi, la domanda resta: chi c’è dietro? Per fare ipotesi, bisogna conoscere un argomento. E la vicenda della ex Arena è talmente lunga e complessa che si rischia di perdersi. Però, in questi anni alla filiera avicola molisana si sono interessati anche gli arabi. O meglio un fondo, se non due, di investimento. In particolare, un paio di anni fa un manager romano, in rappresentanza di un fondo di investimento arabo, prese contatti con la Regione e con un’organizzazione agricola molisana: voleva produrre carne di pollo destinata alle tavole che rispettano la religione islamica. Come gli ebrei, gli arabi trattano in maniera diversa le carni che è permesso mangiare (quella di maiale per gli arabi è proibita a prescindere). Lo stesso fondo potrebbe aver seguito le evoluzioni e deciso di manifestare a Invitalia l’interesse ad investire usufruendo delle agevolazioni nel distretto Campochiaro-Bojano.
Inoltre, altri ricordano di un altro contatto con un fondo di investimento orientale, attraverso un mediatore stavolta di origini campobassane.
La pista porta fuori dall’Italia comunque. A oriente. E potrebbe anche fermarsi lì. Nel senso che, pur se inserita fra le manifestazioni di interesse più sostanziose (quelle candidabili agli aiuti concessi attraverso un contratto di sviluppo), potrebbe restare sulla carta. Non vincolante per Invitalia, la risposta alla call, né per gli imprenditori. r.i.

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