Sedici anni dopo, 16 anni dopo un terremoto che ha fatto registrare 30 vittime (27 bambini e una maestra sotto le macerie della scuola Jovine), la ricostruzione è al 70%. È ‘ferma’, anche se tecnicamente procede, al 70%. Ferma perché è evidente che 16 anni sono troppi.
«Troppe cose non hanno funzionato, forse è il caso di girare pagina e trovare una soluzione seria e definitiva», dice per tutti Michele Giambarba, il sindaco di Casacalenda che fu uno dei centri più colpiti in quel maledetto 31 ottobre 2002.
Il 31 dicembre è il termine per chiudere il capitolo ricostruzione, per chiudere in cantieri perché sono finiti i lavori. Ce ne sono in corso e sono ancora tanti. Evidente, sottolinea il primo cittadino di Toro, che una proroga è necessaria, «ma alla proroga deve seguire altro: i pagamenti alle imprese, lo snellimento del lavoro degli uffici tecnici». Non dimentica di rilevare un dato: ci sono ancora persone che non rientrano nelle proprie case ricostruite.
Il governatore Donato Toma ha voluto il confronto con i sindaci dei comuni colpiti dal terremoto del 2002 per capire a che punto è l’avanzamento e per valutare le soluzioni migliori per risolvere degli intoppi che sono evidenti, come per esempio il flusso dei pagamenti alle aziende che lavorano al post sisma.
Insieme a lui nella Sala Parlamentino di Palazzo Vitale, il direttore del Primo Dipartimento Mariolga Mogavero e il direttore dell’Agenzia regionale per la ricostruzione post sisma Manuel Brasiello.
«Ho chiesto una dettagliata relazione – ha fatto sapere Toma dopo il vertice – sullo stato di avanzamento dei lavori e ho voluto condividerla con i sindaci. Abbiamo inaugurato una nuova stagione politica incentrata non solo sulla massima trasparenza, quanto sull’opportunità di comunicare senza riserve come stanno le cose, valutare insieme le criticità e quali azioni mettere in campo per superarle».
«Certo – ha proseguito – la questione legata alla ricostruzione sta andando troppo avanti con i tempi e nei prossimi giorni inviteremo le amministrazioni comunali a farci pervenire, con somma urgenza, un report preciso e dettagliato sullo stato di realizzazione dei lavori, nonché sugli interventi non ancora iniziati e sulle cause che ne sono alla base».
«Abbiamo ereditato – ha concluso – una situazione problematica legata al ritardo nei pagamenti dei lavori. Siamo consapevoli di ciò e siamo concentrati a trovare soluzioni idonee per dare ossigeno alle imprese».
Il dato aggregato evidenzia un totale finanziato, per 1.209 interventi, di 332.751.959,30 euro, un avanzamento fisico dei lavori, per 1.066 interventi, di 213.971.692,15 euro, pari al 70,26%. Risultano, inoltre, 143 interventi non ancora iniziati pari a 28.229.547.80 euro. Si tratta esclusivamente di interventi che riguardano immobili privati.
Non mancano i contenziosi e le contestazioni fra soggetti attuatori, destinatari dei finanziamenti e imprese esecutrici.
La verifica avviata con gli amministratori è la base – ha spiegato il direttore dell’Arps Brasiello – per l’eventuale richiesta al Ministero di una proroga che consenta una regolare ultimazione dei lavori.
Il punto sulla ricostruzione del 2002 nel bel mezzo di uno sciame sismico che ha riportato la paura in Molise, a partire dal 14 agosto, soprattutto nella zona fra Montecilfone, Palata e Guglionesi.
Venerdì il Consiglio dei ministri dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza, un provvedimento importante al di là della consistenza degli aiuti che arriveranno in seguito: senza la dichiarazione di emergenza, infatti, sarà difficile non pagare utenze e tasse per chi in queste settimane non lavora e non guadagna.
La preoccupazione principale dei sindaci più coinvolti è che il ‘cratere’ sia allargato (lo stato di emergenza è stato richiesto per tutto il territorio regionale anche se Toma ha spiegato che si tratta di un fatto esclusivamente tecnico ma i contributi andranno a chi ha subito danni). «Allargare troppo l’area del ‘cratere’ non ha significato, i comuni realmente colpiti sono molto meno di quelli che si possa pensare. Per evitare errori del 2002 – sostiene il primo cittadino di Guglionesi Mario Bellotti – concentriamoci in un’area molto più ristretta».
Il suo collega di Montecilfone Franco Pallotta è invece molto più allarmato e molto più diretto. «Ho notizie dal Ministero – sono voci di corridoio e spero non siano vere – sull’intenzione di gestire la ricostruzione degli edifici pubblici in maniera diretta, il Miur per le scuole e il Mit per le infrastrutture, ma il problema serio è che per i privati sarebbe previsto un credito di imposta del 50% della spesa. Il mio paese si spopolerà, la gente non ha i soldi per poter investire e avere il credito di imposta. Una cosa mai vista. Se questa è la strada che il governo vuole intraprendere per aiutare a ricostruire le case private – accusa – è assurdo. Servono contributi per rimettere in sicurezza abitazioni». Sull’ampliamento del ‘cratere’ è ancora più drastico. Ricorda le intercettazioni della notte del terremoto dell’Aquila, quelle in cui imprenditori «gongolavano perché avrebbero potuto avere benefici economici dalla ricostruzione» e conclude: «Non vorrei che anche a livello pubblico, fra i miei colleghi sindaci non colpiti dal sisma, si verifichi la stessa cosa perché sarebbe più scandaloso da parte di amministratori». r.i.

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