La notizia ha fatto rumore, ma non ha ‘sorpreso’. Il provvedimento del prefetto di Campobasso nei confronti delle sette imprese molisane ‘sospese’ per sospetti collegamenti con la criminalità organizzata è stata accolto con soddisfazione ma al contempo ha acceso i riflettori su un fenomeno da cui, purtroppo il Molise non è immune. Ne è convinta la consigliera regionale pentastellata Patrizia Manzo: «È luogo comune credere, o voler credere – scrive l’esponente di Palazzo D’Aimmo – che il Molise sia un’isola felice, libera da infiltrazioni mafiose. Eppure nei rapporti semestrali la Direzione Investigativa Antimafia descrive un Molise a rischio di infiltrazioni mafiose.
È di ieri (lunedì, ndr), la notizia che il prefetto di Campobasso ha predisposto sette interdittive antimafia con lo scopo di prevenire infiltrazioni malavitose in diversi settori produttivi.
Un’azione tempestiva da parte dello Stato che dimostra anche quanto sia importante parlare di mafia al fine di sensibilizzare il territorio contro il rischio di infiltrazioni mafiose uscendo da un clima omertoso che potrebbe renderci “fragili”.
Ringrazio per la grande sensibilità dimostrata le istituzioni presenti sul nostro territorio e teniamo lontano dal Molise e dalle nostre vite tutto ciò che è anche minimamente e lontanamente in odore di mafia».
La consigliera ha inoltre focalizzato l’attenzione su rapporto della Dia del primo semestre 2018, in cui si evince una ‘tendenza’ preoccupante: «Per quanto in Molise non risultino stabili e strutturati insediamenti mafiosi, nel tempo si sono colti dei segnali di interesse.
Le risultanze investigative degli ultimi anni danno conto, infatti, sia della presenza di soggetti calabresi riconducibili al gruppo Ferrazzo di Mesoraca , sia di soggetti legati a clan camorristici.
In quest’ultimo caso è stata interessata la fascia adriatica e le zone del Sannio/Matese, in ragione della vicinanza geografica con aree ad alta densità mafiosa. Tali territori vengono scelti, infatti, per stabilire il domicilio, trovare rifugio durante la latitanza o espandere attività illecite legate a traffici di stupefacenti ed al riciclaggio.
Al riguardo si evidenzia come tra i beni confiscati, nel mese di marzo, ad un soggetto legato ai Casalesi figurasse anche una società con sede a Pettoranello del Molise (IS).
In ascesa è il traffico di stupefacenti, che vede coinvolti i gruppi campani quali principali fornitori di droga per le piazze di spaccio della provincia di Isernia e, in parte, della provincia di Campobasso.
I settori economici che, più di altri, sembrano ricadere nelle mire dei clan sono la grande distribuzione, l’edilizia, la rivendita di auto usate, la gestione di locali notturni.
In tale contesto è stato più volte rilevato che soggetti collegati con organizzazioni malavitose campane abbiano scelto il Molise per collocarvi fittizie sedi societarie, nella convinzione di poter sfuggire ad eventuali controlli.
Per quanto – come emerso da attività investigative – si sia trattato di mere domiciliazioni in Molise, queste sono risultate comunque funzionali alla realizzazione di affari illeciti in Campania.
Anche la criminalità organizzata di matrice pugliese, ugualmente favorita dalla contiguità territoriale con il Molise, ha delle manifestazioni nel basso molisano e nei comuni costieri.
In tale ambito geografico, i dinamismi delittuosi si sostanziano nella commissione di attività predatorie “in trasferta”, caratterizzate dai tratti distintivi della pendolarità ed efferatezza, riconducibili alla mafia foggiana.
Quanto detto trova conferma nella recente operazione “Crazy Marmot”che ha consentito la disarticolazione di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio realizzati con la tecnica della marmotta e con l’appoggio di basisti fra cui anche molisani. Tra gli indagati figura un elemento appartenente alla società foggiana, figlio del boss ai vertici della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza.
Quanto sopra anche a riscontro del profilo evolutivo, connesso alle dinamiche delittuose in atto nella zona dell’Alto Tavoliere, che sottolinea il carattere sempre più “strutturale” dell’asse criminale tra la mafia sanseverese e la batteria sopra richiamata della società foggiana.
Attesa la capacità di infiltrazione delle consorterie mafiose pugliesi nel tessuto economico-sociale extra regionale, l’attività di analisi e le indagini preventive sono indirizzate verso un costante monitoraggio del settore terziario e del turismo. Particolare attenzione viene rivolta ai comuni che insistono sulla costa adriatica, dove sono sempre più fiorenti le attività commerciali legate al mercato turistico estivo, e lungo le zone di confine, in cui convergono importanti vie di comunicazione, che potrebbero favorire l’insediamento delle consorterie.
Nella provincia di Isernia è confermata la stabile presenza di gruppi criminali di etnia rom, attivi, in particolare, nella commissione di reati contro il patrimonio».

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