Sempre impeccabile nell’abbigliamento, altrettanto nell’acconciatura. Pure nel fine settimana, quando, soprattutto chi svolge ruoli istituzionali ed è costretto alla cravatta quotidianamente, si concede un po’ di relax anche nella mise.
Serio, fin troppo serio. L’atteggiamento è quello del giudice che deve decidere se condannare all’ergastolo un imputato sul quale pende un’accusa gravissima ma le prove non sono indiscutibili.
Delle domande ascolta con attenzione e ‘pesa’ anche le pause.
Raro vederlo sorridere.
Andrea Greco è fatto così. A primo acchito può sembrare un pallone gonfiato, un robot programmato. Uno di quei politici che impara la parte a memoria e la recita all’occorrenza.
Lo scambio continuo di opinioni che la professione impone induce ad affermare, invece, che il capogruppo dei 5 Stelle a Palazzo D’Aimmo crede in quello che fa. Ci crede fino a sognare.
Guai a chiedergli della vita privata: va sulle sue, si chiude a riccio ed è lapidario nella risposta.
Alla domanda: è vero che a breve convolerà a nozze?, replica quasi stizzito: «Come credo sia evidente non mi va di mettere sotto i riflettori lo splendido rapporto che da anni ho con la donna che mi supporta e mi sopporta in ogni mia azione».
Carattere forte, deciso. Anche se negli ultimi mesi sembra aver smussato gli spigoli.
L’intervista, in realtà, era stata chiesta per parlare di sanità. Per discutere dei commissari, di quanto fatto in questi primi sei mesi. Per avere un giudizio sulla struttura coordinata da Giustini e Grossi.
Greco, tuttavia, preferisce rimandare l’argomento all’indomani della seduta monotematica del Consiglio che si terrà il prossimo 30 luglio. Sconosciute le ragioni, non ne fa menzione. Ma assicura di avere validi motivi per tacere ancora qualche giorno.
Sulla scrivania e tutt’intorno ci sono pile di fascicoli. Nell’ufficio di via IV Novembre migliaia di documenti. Nonostante le pressioni non vuole anticipare nulla. Lascia solo intendere che in questi giorni è in atto una fase di studio importante. E che le sorprese potrebbero essere tante (e clamorose).
Da quando Roberto Gravina ha vinto le elezioni comunali, lei sembra più moderato, più “democristiano”, meno aggressivo, più paziente, meno impulsivo. Si ispira al sindaco di Campobasso, convinto che mediazione ed equilibrio siano le chiavi del suo successo?
«Non sono più o meno aggressivo, ma sono e resto passionale. Vivo il ruolo che i cittadini mi hanno concesso di ricoprire con passione e con grande motivazione. Non credo che potrà mai cambiare il mio modo di interpretare il ruolo, semplicemente perché io sono me stesso quando rappresento i cittadini».
A proposito di Campobasso, se lo aspettava un risultato di tali proporzioni?
«Mi aspettavo un risultato importante perché in questa regione il MoVimento 5 Stelle sta lavorando bene, per il semplice motivo che sta riuscendo ad interpretare gli umori dei cittadini, sta raccogliendo le loro istanze e sta intervenendo dove può intervenire».
Cosa significa per il Movimento aver conquistato Campobasso?
«Significa continuare il nostro percorso di espansione cominciato nel 2013 e che prosegue tuttora, come è evidente. Ma significa anche puntellare questo percorso con un risultato che consegna al Molise il terzo capoluogo a 5 Stelle in Italia. Un risultato frutto dell’impegno profuso ad ogni livello istituzionale».
Nelle ore immediatamente successive alla vittoria di Gravina, probabilmente era ancora in corso lo spoglio del ballottaggio, in un confronto televisivo su Teleregione – lei in collegamento dal Municipio, Toma era ospite in studio – chiese le dimissioni al governatore.
«Sì, lo trovo giusto, perché Toma ha perso le amministrative nella propria città. In pratica, ad un solo anno di distanza dalla sua elezione al vertice della Regione, con il voto delle comunali, i suoi concittadini gli hanno fatto capire che non approvano le sue scelte politiche e amministrative. E sono stupito che questo dato sia stato poco sottolineato dai più, non da tutti. Immagino cosa sarebbe successo se una sconfitta del genere avesse toccato l’ex presidente della Regione, Paolo di Laura Frattura. Con Toma, invece, questa ‘attenzione’ non c’è stata. Ma voglio interpretarla con il detto: inutile ‘sparare sulla Croce rossa’».
Un giudizio sul governatore?
«Il mio giudizio sul governatore è semplice: non è adeguato a svolgere il ruolo di prima carica della Regione. Non lo è politicamente, non lo è amministrativamente, oserei dire che non lo è a livello personale. Mi spiego meglio: non riconosco a Toma la capacità di riuscire a gestire l’accozzaglia di partiti e partitini che gli hanno messo a supporto per farlo eleggere. Non riesce a gestirne le pressioni, non riesce a gestirne le richieste».
E la giunta?
«Direttore, se mi consente: dovrebbe rivolgere questa domanda ai molisani. Ad esempio, chiediamo agli ex lavoratori di tante aziende molisane cosa è stato fatto in quest’ultimo anno per loro dall’assessore Mazzuto. Chiediamo ai dipendenti del trasporto pubblico, cosa pensano dell’operato dell’assessore Niro. Chiediamo ai cittadini cosa pensano, ad esempio, del fatto che l’assessore Cotugno annuncia carenza di fondi per le manifestazioni culturali della Regione ma intanto, con la scusa del marketing territoriale, apparecchia un viaggio negli Stati Uniti da 133mila euro per cene di gala e vip cocktail. E pensiamo che per lo stesso tipo di manifestazione una regione come la Puglia ha speso oltre 40mila euro in meno. Ma continuo. Cosa pensano gli agricoltori dell’operato dell’assessore Cavaliere? Cosa pensano di lui quanti ancora non ricevono i soldi concessi tramite Psr? E cosa pensano quanti hanno visto perdere 4 milioni di euro alla Regione Molise per il Parco del Matese? Poi Di Baggio: basterebbe chiedere ai lavoratori della formazione professionale…».
Il caso Mazzuto?
«Non c’è alcun caso Mazzuto. Qui c’è un caso Molise. L’assessore al Lavoro può essere sì uno dei tanti indicatori del fallimento gestionale dell’amministrazione Toma, ma è anche la scusa che la maggioranza si è data per dar sfogo ai propri malumori interni, ai mal di pancia cominciati il giorno dopo che Toma ha composto la giunta regionale. Questa è la verità ed è una verità di cui sono a conoscenza tutti, da Toma ai consiglieri. Chi oggi lo nega, lo fa per opportunità politica».
La mozione di sfiducia non è passata per un soffio: la conta dei voti è finita 10 pari (10 consiglieri hanno votato «sì», 10 hanno votato «no»).
«In maggioranza tanti consiglieri ritengono l’assessore una zavorra e il pensiero dei cittadini lo conosciamo. Ma nessuno vuole assumersi la responsabilità di sfiduciarlo apertamente in molti casi perché non vuole inimicarsi Toma proprio perché mira a un posto in giunta. Prova ne sia il fatto che a votare la sfiducia di Mazzuto finora è stato solo chi nella maggioranza si attendeva qualcosa in più da lui e dal presidente. Toma, dal canto suo, non sa cosa fare: da una parte deve rispettare le indicazioni della Lega nazionale che in Mazzuto ha il suo unico rappresentante; dall’altra tergiversa perché non sa come gestire un eventuale post Mazzuto. Non riesce a capire a chi cedere l’assessorato e come rispondere a tutte le richieste degli alleati. Insomma, non riesce a capire di chi può fidarsi. Mi permetto di dirglielo io: di nessuno, perché nessuno dei suoi alleati gli riconosce la forza politica che il ruolo di governatore gli ha dato solo parvenza di avere».
La Lega continua a mietere consensi (in settimana ha sfiorato il 38%), il Movimento è poco sotto il 18%. Ha ancora senso governare con il Carroccio?
«Io, come tutto il MoVimento 5 Stelle, non avrei mai pensato di governare con la Lega. Ma il risultato straordinario delle scorse politiche e il momento istituzionale drammatico che stava vivendo il Paese ci hanno spinto a sottoscrivere un contratto di governo con la forza politica che aveva riscosso il maggior consenso elettorale dopo il MoVimento 5 Stelle. Un contratto su temi precisi, che ci sta consentendo di raggiungere tanti obbiettivi presenti da anni nel nostro programma, lo stesso programma che hanno condiviso milioni di italiani».
Eppure ogni qualvolta il punto di rottura sembra inevitabile, Conte, Salvini e Di Maio ritrovano l’armonia. Gioco delle parti per annientare anche mediaticamente il centrosinistra e il resto delle opposizioni o cosa?
«Io mi occupo di questioni regionali e ho già il mio bel da fare. Ad ogni modo credo che il centrosinistra stia lavorando abbastanza bene per annientarsi mediaticamente da solo. Credo sia naturale che due forze così diverse, come lo sono il MoVimento 5 Stelle e la Lega, trovino spesso motivo di scontro. L’importante è tenere sempre a mente il bene dei cittadini e in questo senso ho la piena fiducia in Luigi Di Maio, che stimo dal punto di vista politico e a cui sono legato da un’amicizia personale».
Luca Colella

Un Commento

  1. Mara Iapoce scrive:

    Siete gli unici in ambito nazionale, ma fatemi il piacere, voi e la vostra cultura gender! Campobasso sta soccombendo sotto la mancanza di prospettive, sotto il degrado, sotto lo scarsissimo senso civico, sotto la scarsità di impianti sportivi e di luoghi culturali di spessore, e questi pensano a patrocinare la carnevalata del gay pride! Ma di che cosa dovreste andare orgogliosi? Di ridurre l’uomo a un fantoccio? Se lo hanno capito proprio coloro che hanno fatto parte di quel mondo, qual è la parte che non vi è chiara in termini di offesa alla perfezione del creato e delle sue regole? Perché dovete essere così anacronistici quando un buon numero di chi ha appartenuto a quella sfera se l’è scrollata di dosso spiegando agli altri dove era l’inganno? Non lo capite che quelle persone stanno gridando aiuto con quelle parate, perché non conoscono -e quindi non amano- se stesse? Non capite che fare da megafono alla loro ideologia significa amplificare il regredire dell’uomo? Alla faccia delle lauree e dei master! Riflettete su quella che è una delle più grandi bugie del secolo, e che gradualmente verrà smontata pezzo per pezzo.

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