Andrea Di Lucente, presidente della I commissione di Palazzo D’Aimmo e consigliere delegato alla digitalizzazione, è stato rinviato a giudizio per malversazione.
I fatti riguardano la Gam Consulting, di cui Di Lucente non è più amministratore da quando nel 2018 è stato eletto in Regione, che nel 2012 è risultata beneficiaria di 150mila euro di contributi, fondi europei, a cui secondo l’accusa non aveva diritto. Fra la società, che ha restituito parte del contributo, la ricostruzione del suo difensore parla di un’accettazione che riguarda solo 50mila euro, c’è un contenzioso civile. Ma le indagini della Guardia di Finanza di Isernia hanno portato a risvolti che si discuteranno a partire dal 10 marzo davanti al tribunale del capoluogo pentro. Il rinvio a giudizio circa due anni fa, ripercorre Isnews, ma il processo è slittato causa Covid e perché la difesa, con un’eccezione di incompetenza, ha determinato una seconda pronuncia del gup per assegnare il procedimento a un organo collegiale e non più a un giudice monocratico. L’azienda, spiega il difensore Raffaele Mauro, «all’epoca dei fatti fatturava circa 10 milioni di euro, e occupava una trentina di dipendenti tutti molisani. Non aveva dunque certo bisogno di 50mila euro per stare in piedi e, nel giudizio, ci sarà modo di dimostrarlo. Il mio assistito è del tutto estraneo alle contestazioni che gli vengono mosse. Strano la vicenda venga fuori oggi, essendo una cosa datata».
Lunedì lo scontro in Aula fra Di Lucente e l’ex governatore Iorio sul debito da 87 milioni per i contributi sospesi dalle vecchie Asl dopo il sisma del 2002. Sembra proprio a questo il riferimento dell’esponente dei Popolari per l’Italia che su Fb parla di «macchina del fango» che «si è azionata».
E prosegue: «Puntuale come ogni volta che dico la verità, che alzo il velo sugli scheletri altrui. Questa macchina del fango parte ogni volta che pronuncio un nome. Il solito, lo stesso di sempre. Lo fanno perché quando uno dice la verità e non si può ribattere alla verità o negarla, allora si attacca la persona. Si rimesta nel passato, si ingigantiscono episodi». Nel merito della sua vicenda, Di Lucente non entra, è materia giudiziaria al vaglio della magistratura penale. Assicura solo, riferendosi al fatto che la notizia del suo rinvio a giudizio sia venuta fuori da documenti inviati in chat e post sui social, «non sarà di certo un fake nato sul web e che si nasconde dietro all’anonimato a fermarmi».

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