Continua la protesta dei medici del 118 Molise. I camici bianchi chiedono, in particolare, il riconoscimento del ruolo, «che rappresenta l’indispensabile presenza per la garanzia di un tempestivo intervento diagnostico-terapeutico sul territorio a favore dei pazienti.
Le postazioni demedicalizzate, caratterizzate dall’impiego di soccorritori e personale infermieristico, rischiano di essere – sottolinea la referente regionale del sindacato Smi Antonella Giordano – solo mero trasporto pazienti in Pronto soccorso, già di per sé al collasso».
Lo stato di agitazione, spiega poi Giordano, non mira «a semplici miglioramenti economici, paradossalmente più facili da ottenere, ma ad un insieme di punti ben più ampio ed articolato. I medici rivendicano migliori condizioni lavorative (ambulatori dignitosi prima ancora che confortevoli sia per i pazienti, sia per i lavoratori stessi) e tutele che solo il contratto di dipendenza può garantire malattia, assicurazione, Tfr, maternità e reperibilità retribuite, solo per fare qualche esempio».
La carenza di medici nel 118 è pari al 50%: sono 50 quelli in servizio invece di 96. Il carico di lavoro è quindi tale da indurre a lasciare il servizio per altri più gratificanti o comunque meno stressanti. «Solo l’accoglimento delle richieste avanzate arresterà questo esodo promuovendo, nel contempo, un auspicabile ricambio generazionale.
I dirigenti Asrem, la classe politica e quanti abbiano la responsabilità della sopravvivenza del servizio di emergenza 118, compresi i cittadini stessi, facciano una riflessione: le patologie dell’emergenza sono democratiche, colpiscono in ugual misura tutti, ricchi, poveri e potenti, e non lasciano scelta (non si ha il tempo per affidarsi all’ eccellenza dentro e fuori regione). Quando colpiscono, il paziente può solo sperare e pregare che venga soccorso dal migliore team, in cui sia presente un medico e che venga soccorso in tempo utile, si rammenta che danni cerebrali avvengono dopo quattro minuti e la morte cerebrale dopo dieci minuti dall’arresto cardiaco», conclude Giordano.

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