Vertici della Regione, della sanità molisana e nomi eccellenti del ministero della Salute escono indenni dall’inchiesta sulla comunicazione dei posti letto di terapia intensiva disponibili per l’emergenza Covid. Il gip del Tribunale di Campobasso, col provvedimento depositato ieri che scioglie la riserva espressa nell’udienza del 20 settembre scorso, ha archiviato il fascicolo che vedeva indagati il presidente Toma, l’ex commissario Giustini, i dg della Programmazione sanitaria Urbani, della Salute Gallo e dell’Asrem Florenzano oltre all’ex sub commissario Grossi e all’ex dirigente dell’azienda di via Petrella Sforza.
Per il Tribunale del capoluogo, i dati inviati a Roma sui letti di rianimazione erano e sono veritieri e corretti. «Ero tranquillo sul mio operato, ma questo pronunciamento mette un punto fermo su una vicenda che ha avuto risvolti assai spiacevoli sui media, sui social e nella nostra comunità – il commento del governatore che oggi è anche commissario della sanità – Credo che tutti ricordino gli attacchi a me e alla giunta, accusati di aver mandato numeri falsi al Ministero. Bene. Ho dato mandato al mio avvocato di verificare se ci siano gli estremi per la calunnia», conclude Toma che nell’inchiesta è stato difeso da Giuliana Terzano.
A chiedere di non procedere oltre, dopo le risultanze degli accertamenti del Nas e le valutazioni di un perito, era stato lo stesso procuratore Nicola D’Angelo qualche mese fa. Il fascicolo era stato aperto in seguito alla denuncia – e a successive integrazioni – di Camilla Caterina, una privata cittadina che ha segnalato alla magistratura quelle che a suo parere erano illiceità da approfondire. La stessa Caterina quindi ha formalizzato opposizione, per lei l’indagine doveva andare avanti e ha chiesto di ascoltare alcuni dei protagonisti della vicenda. All’archiviazione ha detto no anche il Comitato “Verità e Dignità per le vittime Covid” e il suo presidente Francesco Mancini (che pure aveva presentato degli esposti), con gli avvocati Vincenzo Iacovino e Carlo Ruggiero: non hanno chiesto investigazioni suppletive ma hanno prodotto i provvedimenti adottati dal governo nazionale, dall’Asrem e dalla Regione Molise e chiesto comunque di rivedere le conclusioni a cui era giunto il pm.
La comunicazione dei letti disponibili per i ricoveri Covid rilevava sotto un duplice profilo all’epoca dei fatti (la denuncia è del marzo 2021), vale a dire appena dopo la fase più cruenta della pandemia in Molise: per l’inserimento, man mano che saliva il tasso di occupazione, della regione in una delle fasce di rischio contemplate dalle norme e per l’attivazione della Cross, procedura di urgenza gestita dalla Protezione civile nazionale che prevede il trasferimento dei pazienti che hanno bisogno della terapia intensiva in un ospedale che ha letti disponibili (quando siano esauriti quelli allestiti in questo caso in Molise).
Camilla Caterina prendeva in considerazione entrambi gli aspetti. Nonostante l’aumento dei decessi e la saturazione dei letti di intensiva, il Molise rimaneva in zona gialla: questo uno dei suoi rilievi. Una donna, inoltre, morì al Pronto soccorso del Cardarelli dopo 30 ore di attesa per il ricovero. Ma era destinata al reparto di malattie infettive, ha appurato la Procura che ha disposto lo stralcio di questo episodio e sta indagando ancora per l’ipotesi di omicidio colposo.
I Carabinieri del Nas, inoltre, hanno verificato che i letti disponibili negli ospedali pubblici e nelle cliniche private convenzionate, Gemelli e Neuromed, erano in totale 39. La stessa cifra comunicata al ministero della Salute. Il gip, quindi, non ha riscontrato elementi che abbiano rilevanza penale nelle condotte di Toma, di Angelo Giustini (assistito da Giuseppe Stellato e Danilo Leva), di Andrea Urbani (ex dg della Programmazione difeso sa Massimiliano Passi), di Oreste Florenzano e Ida Grossi (il legale di entrambi è Mariano Prencipe), di Lolita Gallo (difesa da Mirella De Santis) e di Francesco Sforza (assistito da Valentina Puca). Scagionati, tutti, anche per le ipotesi di rifiuto di atti d’ufficio, reati contro la salute pubblica ed epidemia colposa. Ipotesi, quest’ultima, che si concretizza – ha spiegato il giudice citando la giurisprudenza e la dottrina prevalenti ribadite in una recente pronuncia della Cassazione – attraverso un atto, non un’omissione, e cioè la diffusione di germi patogeni. «Siamo molto soddisfatti per le conclusioni a cui è giunto il magistrato – il commento di Mariano Prencipe – che rispecchiano la posizione della Suprema Corte e i limiti del codice penale. Poi.. le questioni politiche vanno discusse nelle sedi, appunto, politiche».
r.i.

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