La luce in fondo al tunnel del debito in cui la sanità molisana è precipitata di nuovo da qualche anno a questa parte è nelle parole del ministro Orazio Schillaci. Il titolare della Salute ha detto chiaramente che «se una regione (il Molise, ndr) dopo 13 anni non esce dal commissariamento, nonostante il piano di rientro, significa che forse il commissariamento non è lo strumento più utile per assicurare i servizi ai cittadini».
Nel punto stampa prima e poi nell’intervento che ha chiuso la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, l’ex rettore di Tor Vergata chiamato dalla premier Meloni al posto che è stato di Giulia Grillo e Roberto Speranza, ha aperto ieri qualche spiraglio anche riguardo alle regole (o forse sarebbe meglio dire alle deroghe) per la definizione di reparti e servizi, definendo una sua priorità di mandato quella di tenere in considerazione le specificità dei territori ed eliminare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari.
Dal 2013 al 2019 il fondo nazionale è stato costantemente ridotto, mentre l’esecutivo Meloni in manovra ha stanziato 2,3 miliardi in più. Un segnale, si è detto convinto il ministro, che verrà consolidato nei prossimi anni per invertire la tendenza.
Rispetto alla sanità regionale, ha argomentato in Aula Magna, che da troppi anni è in una situazione di deficit insostenibile, «la richiesta di un decreto Molise sul modello della Regione Calabria, per il recupero del deficit, va presa in seria considerazione, non solo dal dicastero della Salute, ma anche dal Mef. Tuttavia – ha aggiunto – il decreto da solo non sarebbe sufficiente senza una strategia di più ampio respiro che consenta al Molise, una volta azzerato il debito, di non generarlo di nuovo. Va creato, cioè, un nuovo modello che possa consentire il mantenimento del pareggio. A questo scopo potrebbe essere utile costituire un tavolo di coordinamento che coinvolga tutte le istituzioni, penso in particolar modo all’Università, che ha tutte le competenze necessarie per avere un ruolo determinante nella predisposizione di un piano di gestione che fornisca le necessarie garanzie, sia al ministero della Salute che al Mef».
Novità in arrivo, ha infine confermato, per le regole sull’isolamento Covid: «Stiamo lavorando per fa sì che gli asintomatici possano dopo cinque giorni rientrare nelle loro attività. Su questo, a breve, presenteremo un disegno di legge». L’ipotesi più accreditata è che per gli asintomatici possano bastare cinque giorni di quarantena dopo l’infezione, eventualmente anche senza tampone finale. «Sono convinto – ancora Schillaci – che siamo in una fase diversa della malattia da Covid 19 che oggi non è quella che abbiamo visto tre anni fa. Manteniamo alta l’attenzione ma siamo fiduciosi che si possa uscire dal Covid e pensiamo che sia importante ora pensare ai tanti problemi che con il Covid sono rimasti indietro, come le liste d’attesa e gli screening oncologici».

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