La chiacchierata comincia con una rivelazione tipica del personaggio. «Ma lo sa che quando ero amministratore in Regione, per darle l’idea del tempo che è trascorso, chi era colpito da infarto al mio paese (San Giuliano di Puglia, ndr) doveva essere comunque portato prima al Vietri di Larino e poi al San Timoteo di Termoli? C’erano disposizioni in tal senso… che poi furono revocate».
Per dire che l’organizzazione delle reti tempodipendenti in Molise ha sempre scontato lacune o localismi. In entrambi i casi, a correre rischi sono sempre stati gli utenti della sanità pubblica.
Giuseppe, Peppino per tutti, Astore si mette in contatto nella prima mattinata con Primo Piano Molise. Ha letto l’editoriale pubblicato ieri, a firma del direttore Luca Colella, sull’ipotesi di autorizzare i privati (o chiederlo perentoriamente a seconda della prospettiva da cui si guarda) ad aprire un Pronto soccorso neurologico e uno cardiologico. «Finalmente – commenta Astore – si è posto l’accento su una necessità che anni addietro io avevo indicato. Lanciai la proposta oltre 20 anni fa. Senza estremismi, né ostracismo né eccesso di tifo. Lo ribadisco: l’integrazione col privato, quello che è e rimane eccellenza, è l’unica soluzione per la sanità della nostra regione».
Dopo l’esperienza in Regione è stato a lungo parlamentare. Ma la sanità è rimasto sempre il suo humus. Peppino Astore per tanti molisani è “l’assessore alla sanità”.
L’ultimo piano sanitario approvato dal Consiglio regionale del Molise, prima del tunnel infinito del rientro dal debito, porta la sua firma, no?
«Esatto. Oggi manca proprio la programmazione, cioè la cosa fondamentale. Ascolto tutto e il contrario di tutto anche dalla maggioranza di centrodestra. Chi vuole riaprire gli ospedali, chi dice altro. Siamo alla fase primordiale e così non si va da nessuna parte. Che modello di sanità abbiamo in mente? Ecco, la rivoluzione che mi aspetto è che ci si metta tutti intorno a un tavolo per definire la programmazione. Non solo il centrodestra, perché poi arriva sempre chi strumentalmente contesta e dice no. L’organizzazione del sistema bisogna idearla insieme».
A chi rivolge questo appello? Non si aspetterà che un commissario esterno prenda questa iniziativa…
«Ma no! Il presidente della Regione ha comunque una responsabilità, politica di certo, anche se non ha accettato di essere commissario. E secondo me ha sbagliato. Dopo aver tanto tuonato, Roberti avrebbe dovuto prendersi la responsabilità. Ad ogni modo è lui che può assumere questa iniziativa che, ripeto, è fondamentale. Il Molise ha indubbiamente scelto lui alle elezioni. Io dico che gli errori del passato non vanni ripetuti altrimenti piangiamo i nostri morti».
Lei quindi è d’accordo: ai privati si può far gestire un pronto soccorso?
«I privati vanno certamente controllati, monitorati, sia per l’appropriatezza delle prestazioni sia per il corretto adempimento dei contratti che firmano con la Regione e con l’Asrem. Ma se sono eccellenza, l’ex Gemelli per la cardiochirurgia e il Neuromed che è peraltro un Irccs per la neurochirurgia, discipline che il Molise non può neanche accreditare nel pubblico per via dei criteri fissati dal Balduzzi, la loro integrazione nella rete delle patologie tempo dipendenti, è la soluzione. Il Pronto soccorso significa proprio questo. Perché l’obiettivo, per quanto mi riguarda, è dare risposte, in caso di ictus e infarto ma non solo, sul nostro territorio. In Lombardia, in Emilia Romagna i privati hanno i Pronto soccorso. Per questo ho apprezzato il vostro articolo di oggi (ieri, ndr). Apre un dibattito fondamentale. Coraggio delle scelte e organizzazione, questo ci vuole per la nostra sanità».
Anche la medicina territoriale arranca. Eppure è importante almeno quanto una stroke unit per l’ictus, per dire. Perché la popolazione molisana è prevalentemente anziana e soffre, quasi per la metà, di malattie croniche.
«Il mio piano sanitario, a cui lei faceva prima riferimento, metteva al centro del sistema il distretto sanitario. Oggi dell’efficacia di questo modello sono tutti convinti e altrove l’hanno anche realizzato e implementato. Noi siamo rimasti indietro. In ospedale devono andare solo i pazienti acuti. Altra cosa, quando un utente entra nel poliambulatorio di Santa Croce di Magliano, qualsiasi sia il suo problema di salute, va già preso in carico dal servizio sanitario regionale. Non può essere che venga solo indirizzato in quella struttura, in quell’ospedale, in Molise o fuori. È il sistema che si deve fare, appunto, carico del suo percorso terapeutico».
La stiamo facendo probabilmente troppo semplice. E il fondo? Meglio: e i fondi?
«Su una cosa concordo con Iorio (ex presidente e oggi assessore della giunta Roberti, ndr): le regole per il riparto del fondo nazionale vanno cambiate. Ma la loro fissazione va affidata a terzi. Sono anche, lo ribadisco, contrario al disegno di legge Calderoli anche se sono un fautore delle autonomie. Fondamentalmente dico che non si può continuare a tirare questa coperta troppo corta. Seguitiamo, in verità, a strapparla senza risolvere i problemi. E resta sempre il tema di fondo: se non abbiamo la programmazione non sappiamo neanche se i soldi che arrivano da Roma sono davvero troppo pochi. Vale pure per l’emergenza personale. Che senso ha dire “assumiamo 100, 1000 operatori” se non sappiamo quanti ce ne servono per i servizi che intendiamo e dobbiamo offrire ai molisani? Magari, scovando gli infermieri che fanno gli amministrativi, scopriremo che non abbiamo bisogno di altri mille operatori».
Su questo è d’accordo pure il governatore “non commissario” Roberti che nelle sue prime dichiarazioni sulla sanità ha messo all’indice proprio la carenza di quello che è poi il controllo di gestione. Costi, ricavi, personale (quanto e dove sta).
«Allora c’è speranza che il mio appello non cadrà nel vuoto… Guardi, ho avuto modo negli ultimi tempi di frequentare da utente i nostri ospedali. Mi viene solo da dire, con espressione dialettale ma così rendo meglio l’idea: povera gente… povera gente!».
Dialettale e onesto intellettualmente: lei è Peppino Astore e sa “ricavarsi una via”, per dirla sempre alla molisana. Chi non può?
«Ecco. Questo rende l’idea di quanto sia urgente riprogrammare il servizio sanitario in Molise. Serve una nuova programmazione o è finita».

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