Notizie e indiscrezioni che da giorni circolavano negli ambienti ospedalieri sono diventate di dominio pubblico: il direttore sanitario del San Timoteo, Reimondo Petrocelli, ha scelto l’ospedale di Pescara per il trattamento di una frattura del malleolo.
Per carità, nulla da eccepire: ognuno ha diritto di farsi curare dove e come meglio crede. Fermo restando – nel caso di specie – la evidente scarsa considerazione dei servizi erogati dalle strutture molisane. Che poi, in fatto di ortopedia, vanta specialisti di eccellente fama come La Floresta (Cardarelli), Bianchi (Veneziale) e Gagliardi (San Timoteo).
Il fatto inquietante, probabilmente anche al limite del lecito, è quanto sembra sia accaduto in ospedale a Campobasso, dove Petrocelli, nei giorni scorsi, si è recato per una visita in seguito all’incidente – così riferiscono fonti qualificate interne al nosocomio del capoluogo – che gli ha procurato la frattura.
Eseguita la diagnosi, dal Cardarelli sarebbe infatti partita un’ambulanza in direzione Pescara con a bordo il personale Asrem e il direttore Petrocelli. Nulla di strano se in Molise non fosse possibile curare una frattura del malleolo. Ma, almeno da quanto si apprende, il mezzo di soccorso sarebbe stato messo a disposizione a mo’ di cortesia, visto che il ds del San Timoteo avrebbe optato per l’ospedale Santo Spirito.
Quindi, nonostante la carenza di personale, di attrezzature, di risorse e chi più ne ha più ne metta, qualcuno (o più di qualcuno) ha autorizzato l’immediato spostamento di un’ambulanza da Campobasso a Pescara per esaudire la richiesta di un dirigente dell’Azienda sanitaria che ha deciso di farsi curare altrove.
Qualche domanda: il privilegio è concesso a chiunque arrivi in uno dei Pronto soccorso e sceglie per la sua patologia Roma, Napoli, Milano o l’Aquila?
È legittima la procedura?
Perché non chiamare una delle numerose associazioni che, pagando il dovuto, erogano il servizio di trasporto?
Ma vi è di più! A quanto pare – le fonti lo confermano – la decisione di assecondare Petrocelli sarebbe scaturita dal fatto «che non aveva nessuno che lo accompagnasse a Pescara» dove tra l’altro sembra che il dirigente ospedaliero risieda.
Davvero surreale se tale perspicacia viene messa a confronto con le liste di attesa o con i disservizi che con cadenza quotidiana finiscono in cronaca.
Il fatto risalirebbe a qualche settimana fa – fine novembre, orientativamente – ma – per dirla alla De Andrè – nonostante lo stretto riserbo, «una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale. […] vola veloce di bocca in bocca». E così pare sia arrivata (mercoledì pomeriggio) anche all’orecchio dei direttori generale e sanitario dell’Asrem, Di Santo e Carabellese. Che – ovvio – non l’avrebbero presa affatto bene.
Intanto Reimondo Petrocelli non è più già da qualche giorno il direttore sanitario del San Timoteo. Lo sta sostituendo il dottor Giuseppe Gagliardi. «Una sostituzione provvisoria» affermano dall’ospedale adriatico. «Definitiva» ribadiscono dai piani alti dell’Azienda sanitaria.
Non è dato sapere se il cambio al vertice sia dovuto al “fattaccio”. Così come non è ancora noto quali decisioni assumerà rispetto allo stesso la direzione strategica di via Petrella.
Sembrerebbe, tra l’altro, che del trasferimento fosse al corrente anche la direzione sanitaria del Cardarelli [non è chiaro se il direttore sanitario in persona o chi (legittimamente?) ne fa le veci].
Il caso ora è sulla scrivania del dg Di Santo che, appena messo a conoscenza, oltre ad andare su tutte le furie, avrebbe attivato le procedure interne di verifica.
Al di là di ogni considerazione, conseguenze e provvedimenti, resta l’amara constatazione che il sistema non lo possono cambiare il presidente Roberti o i vertici Asrem. A meno che con un atto di grande coraggio non decidano di resettare, rimuovere dall’albero le mele marce e ripartire con i tanti e volenterosi giovani che non vedono l’ora di farsi valere per competenza e professionalità.
È stato un errore politico imperdonabile mettere nel mirino sempre e solo i privati. C’è tanto marcio nel pubblico: far attendere un paziente “anonimo” per ore su una barella e mettere a disposizione di un dirigente un’ambulanza è mafia.
Pure senza la lupara, sempre mafia è.
Luca Colella

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