Oltre 70 milioni sono stati messi sul tavolo dalle altre Regioni, il contributo di solidarietà che ha permesso al Molise di chiudere nel 2017 addirittura con un avanzo di bilancio in sanità (circa 4 milioni). E poi i 40 milioni della finanziaria del governo Renzi approvata a fine 2014: altra iniezione di fiducia e di denaro ai conti molisani per pagare i debiti della sanità. Di questa somma mancano all’appello 8 milioni, non sono stati erogati perché la verifica sui conti 2018 è stata negativa.
Il Molise, comunque, ha ricevuto molto. E i tecnici del Mef nelle ultime riunioni del tavolo lo hanno sottolineato più volte negli ultimi mesi. I molisani, dal canto loro, pure stanno dando molto. Hanno sulle spalle un peso non da poco. Due mutui: il primo da 97 milioni acceso nel 2008 dall’ex presidente-commissario Iorio (con una rata annuale di 6.2 milioni) e l’altro siglato nel 2016 da Frattura, diventato nel frattempo presidente-commissario, con una rata annuale di circa 15 milioni. In entrambi i casi, il mutuo è trentennale.
Un fiume di denaro. Ma ce n’è un altro, che non scorre come dovrebbe. Secondo i tecnici della Capitale e secondo il commissario Angelo Giustini, primo commissario esterno del lunghissimo piano di rientro del Molise. A partire da aprile, data del primo tavolo tecnico a cui ha partecipato, Giustini – coadiuvato dagli esperti di Kpmg (advisor contabile delle Regioni che hanno i conti della sanità in rosso) – sta interpretando il mandato commissariale con una priorità per i conti. Nell’audizione del Consiglio regionale del 10 dicembre scorso, ha illustrato prevalentemente la situazione finanziaria che ha trovato e portato in Aula i rilievi del tavolo tecnico, le censure sul mancato integrale trasferimento dei soldi della fiscalità regionale destinata alla sanità.
Queste le cifre che mancano all’appello, riferite dal generale Giustini: per l’annualità 2015 si tratta di 4.2 milioni, per il 2016 di 6.4 milioni, per il 2017 di 6.3 e di 10.6 per il 2018. In totale, 27.5 milioni. «Somme impegnate e mai trasferite», ha precisato Giustini. Mancano, inoltre, all’appello le risorse della premialità, quelle che Roma avrebbe destinato al Molise se avesse fatto in questi anni tutti i compiti a casa, fra cui gli adempimenti del piano operativo straordinario di Frattura (85 raggiunti su 109): 15 milioni per anno e per quattro annualità. In totale, 60 milioni.
Della situazione, dopo averne riferito in Consiglio, Giustini ha messo ufficialmente al corrente la Corte dei Conti, con una informativa che ha sempre il conforto del controllo di Kpmg (che lo ha eseguito comunque per contratto in tutti questi anni).
La fotografia era stata già scattata dal tavolo tecnico a luglio scorso: nel 2018 per il quarto anno
consecutivo – si legge nel verbale della riunione – la Regione non ha erogato al proprio servizio sanitario il 100% delle risorse incassate nel 2018. E in particolare, non sono stati trasferiti 10,6
milioni di euro. Al 31 dicembre scorso (2018, ndr), evidenzia sempre il verbale, sul conto della tesoreria della Gsa (la gestione sanitaria accentrata) erano giacenti 22.7 milioni, non utilizzati per pagare i fornitori né trasferiti all’Asrem.
Per il 2018, ha evidenziato in Aula il 10 dicembre Giustini, non è stata ancora trasferita – pur se impegnata in base alla manovra correttiva deliberata dalla giunta – la somma di 4.2 milioni. Quanto ai conti del 2019, le stime del tavolo tecnico dello scorso novembre sono severissime. Giustini non pensa che saremo di fronte a un deficit di 60 milioni, a luglio il tendenziale era -40. Ad ogni modo, se così fosse, «coi soldi della premialità ci sarebbe il pareggio», fa notare Giustini qualche giorno dopo l’audizione.
Il 2019, inoltre, è stato un anno difficile. Come dimenticare le tantissime prestazioni aggiuntive pagate ai medici in servizio, spesso per evitare di chiudere il reparto o ridurre l’attività a causa della carenza di personale? Dieci anni di blocco del turnover, poi il riavvio dei concorsi nel 2017 e due anni dopo un nuovo stop (dopo il tavolo di aprile che ha decretato un blocco del turnover durato un mese e cancellato dal decreto Calabria): inevitabili le conseguenze sul personale. «E l’elemento umano è fondamentale in sanità», ribadisce Giustini.
La sua priorità, dunque, resta quella della corretta gestione finanziaria. Poiché mancano ancora, concretamente sul capitolo apposito, i 4.2 milioni per i quali ha anche firmato una diffida alla Regione in primavera, non ha approvato l’esercizio consolidato. Per riallineare i conti e quindi trasferire la fiscalità residua, sostiene, «non bisogna essere commissari della sanità, basta essere presidenti».
Le annualità per le quali anche il tavolo tecnico contesta alla Regione di non aver trasferito alla sanità tutto quello che doveva sono per la maggior parte quelle in cui il presidente era anche commissario. A parte il 2018, anno in cui è arrivato Giustini. E ha contestato il pregresso. Fino a non approvare il consolidato. Il generale rivendica di non essere ‘controllore e controllato’ e di essere invece in definitiva l’esecutore di un mandato. «Insieme al sub commissario Ida Grossi lo stiamo adempiendo nell’interesse dei molisani e contro nessuno, sia chiaro», ci tiene a specificare.
Al governatore Toma che chiede allo Stato di pagare i debiti prodotti dai commissari replica quindi: «Quali? Negli anni passati, in cui si è verificata la situazione che è venuta a galla, i commissari erano i presidenti…».

r.i.

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