La paura e le restrizioni: insieme questi due elementi hanno portato al crollo degli accessi al Pronto soccorso: a Campobasso, a marzo, sono stati un terzo di quelli di gennaio. Ancora meno, a Termoli e Isernia. Solo ad Agnone il calo è stato, pur consistente, un filo meno drammatico: gli accessi al Caracciolo si sono ‘solo’ dimezzati.
La paura ha giocato un ruolo fondamentale in questi ultimi mesi. Per paura si è evitato di andare al Pronto soccorso per malesseri che si possono – e si potevano anche prima della pandemia – gestire diversamente, insieme al proprio medico di famiglia, magari anche con un monitoraggio dal telefono. Per paura, però, forse purtroppo in molti hanno sottaciuto sintomi più seri di patologie che poi possono essere esplose o lo faranno nei mesi a venire.
È uno dei motivi principali per cui dopo due mesi di stop alle prestazioni ordinarie, imposto dalla necessità di contenere il rischio contagio, dal 4 maggio la sanità è tornata fra i codici Ateco consentiti (dal dpcm 26 aprile).
E i dati sugli accessi ai reparti di emergenza urgenza degli ospedali pubblici molisani sono contenuti proprio nel piano dell’Asrem per la fase 2 dell’emergenza coronavirus. Il documento descrive una flessione generalizzata e allineata al contesto nazionale degli accessi di tutti i Pronto soccorso.
Al Cardarelli si è passati dai 2.940 di gennaio ai 1.083 di marzo. In mezzo il dato di febbraio: 2.659. Graduale discesa fra i primi due mesi del 2020 anche a Isernia (da 2.003 a 1.698) per poi crollare ai 725 di marzo. A Termoli, lo stesso andamento: 2.737 a gennaio e poi 2.462 a febbraio. A marzo, 584, ma va ricordato che il Pronto soccorso del San Timoteo è rimasto chiuso per due settimane buone a causa del contagio riscontrato fra alcuni medici e operatori sanitari.
Analizzati i dati anche in base ai successivi ricoveri (elemento che merita un approfondimento ulteriore), Asrem riconduce il calo sicuramente agli effetti della circolare ministeriale del 16 marzo 2020 che ha sospeso i ricoveri eccetto quelli urgenti, elettivi oncologici e non oncologici con classe di priorità A. La flessione, entra più nel dettaglio il piano redatto dal dipartimento di staff di via Petrella guidato da Fabio Cofelice, «è in parte sicuramente riferibile alla quota storica di accessi inappropriati». Quando non è stato più possibile recarsi o inviare liberamente al Pronto soccorso, è emerso quindi che al reparto si fa troppo spesso ricorso quando non serve. Ma viene fuori tuttavia anche «un’area di grande disagio sociale legata dalla quota di pazienti che hanno rinunciato a cure mediche come conseguenza della percezione del rischio di contagio Covid-19 in ospedale».
Centrale, quindi, il compito di medici di base, guardie mediche e pediatri di libera scelta per la presa in carico della popolazione no Covid (cardiopatia ischemica, disabilità, cronicità) «per cui si configura il rischio, durante il periodo emergenziale, di non poter accedere alle cure appropriate», si legge nel documento allegato alla delibera del dg Florenzano del 6 maggio.
Per parte sua, l’azienda «sta provvedendo alla definizione di strategie organizzative rivolte alle
attività in regime di ricovero non urgenti, in particolare quelle di competenza chirurgica, anche
con il coinvolgimento dei presidi ospedalieri Spoke aziendali (Termoli e Isernia, ndr), al fine di garantire il massimo contenimento possibile dei rischi potenzialmente legati al ritardo dell’iter diagnostico terapeutico per i pazienti che non possono interrompere i percorsi di cura, con particolare riferimento alle patologie cronico-degenerative».

r.i.

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