Oltre 3.400 affetti da Covid-19 ricoverati in 33 ospedali di tutto il territorio nazionale. Rappresentano la base dello studio coordinato dal Neuromed che dimostra come l’uso dell’idrossiclorochina riduca del 30% il rischio di morte nelle persone contagiate dal Sars-Cov2.
L’indagine ha visto collaborare con l’Irccs, nella rete Corist (Covid-19 Risk and Treatments), fra gli altri il San Matteo di Pavia, lo Spallanzani, il Careggi di Firenze, il Gemelli di Roma, i centri Covid della Campania fra cui il Cotugno e Boscotrecase, l’ospedale del Mare e poi giù fino al Policlinico Giaccone di Palermo. Salta all’occhio, perciò, l’assenza del Molise nell’elenco dei centri Corist: il Cardarelli non ha partecipato.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica European Journal of Internal Medicine, è stata coordinata dal dipartimento di Epidemiologia di Pozzilli, in collaborazione con Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università di Pisa. I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a 3.451 pazienti ricoverati: sono stati presi in esame numerosi parametri, tra i quali le patologie pregresse, le terapie che seguivano prima di essere colpiti dall’infezione e le terapie intraprese in ospedale specificamente per il trattamento del Covid-19. Tutte queste informazioni sono state confrontate con l’evoluzione e l’esito finale.
Spiega Augusto Di Castelnuovo, epidemiologo del Neuromed e attualmente presso Mediterranea Cardiocentro di Napoli, che «i pazienti ai quali è stata somministrata idrossiclorochina hanno avuto un tasso di mortalità intraospedaliera inferiore del 30% rispetto a quelli che non avevano ricevuto questo trattamento, naturalmente a parità delle altre condizioni valutate. I nostri dati sono stati sottoposti ad analisi statistiche estremamente rigorose, che hanno tenuto conto di tutte le variabili e tutti i possibili fattori di confondimento che potessero entrare in gioco e hanno valutato il ruolo di questo farmaco in svariati sottogruppi di pazienti. Il risultato favorevole all’uso dell’idrossiclorochina si è mantenuto invariato, rivelandosi particolarmente efficace nei pazienti che, al ricovero, mostravano uno stato infiammatorio più evidente».
«In attesa di un vaccino, identificare terapie efficaci contro il Covid rappresenta una priorità assoluta – aggiunge il direttore del dipartimento di Epidemiologia del Neuromed Licia Iacoviello – e siamo convinti che questa ricerca darà un contributo importante al dibattito internazionale sul ruolo dell’idrossiclorochina nella terapia dei pazienti ospedalizzati per coronavirus. Ulteriori studi osservazionali e trial clinici attualmente in corso permetteranno di valutare con precisione il ruolo del farmaco e le modalità di somministrazione più adeguate. Ma i dati della collaborazione Corist sostengono l’utilizzo nei pazienti Covid-19 dell’idrossiclorochina alle dosi usate in Italia (200 mg, due volte al giorno), più basse di quelle usate in studi effettuati in altri Paesi e che non hanno osservato un’efficacia del farmaco».
L’Oms, ricorda il presidente di Neuromed Giovanni de Gaetano, ha raccomandato uno stop all’uso di idrossiclorochina sulla base di uno studio osservazionale internazionale, poi ritirato dagli stessi autori. «Ora i dati dello studio Corist, derivanti da una straordinaria collaborazione nazionale, potranno aiutare le autorità competenti a meglio chiarire il ruolo dell’idrossiclorochina nel trattamento dei pazienti Covid-19».

Un Commento

  1. “In attesa del vaccino” anche no, ma si capisce che è obbligatorio fare la sviolinata al fantavaccino inutile e mostruoso di Bill Gates, altrimenti si viene bollati come nazi-negazionisti. Per il resto, un plauso alla Neuromed!

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