Primo atto di accusa: oltre al piano Covid inviato dal commissario della sanità del Molise, «inspiegabilmente, ne è stato inviato a Roma un altro». Secondo atto di accusa: «Su decisione del Ministero di non aprire Larino, il commissario ha dovuto, secondo le linee di indirizzo ministeriale, riprogrammare un nuovo progetto». Terzo, pesantissimo: l’apertura del centro a Larino «avrebbe certamente evitato il caos attuale a danno di tutti i molisani».
La nota di Angelo Giustini esplode sui social ancora prima di arrivare nelle redazioni. E in alcune non è neanche mai arrivata. Sorvolando sulle formalità e sulla forma quanto meno incerta del comunicato, la sostanza è deflagrante. Il generale della Finanza a cui il governo Conte I ha affidato il piano di rientro del Molise dice che è stata Roma a dire no alla riapertura di Larino. E tira direttamente in ballo i manager che di fatto hanno ‘disobbedito’ o comunque disatteso la linea di comando. Tocca al commissario, in Molise e Calabria, predisporre il piano Covid. Al ministero della Salute ne sono arrivati due: uno a firma di Giustini e l’altro proposto dalla dg Salute Gallo, dal dg Asrem Florenzano e dalla direttrice sanitaria Scafarto, dalla sub commissaria Ida Grossi. Che, in base al decreto di nomina, non ha però le stesse competenze e lo stesso potere di Giustini. Allora perché Roma ha accettato il documento inviato due giorni dopo quello del commissario evidentemente dalla direzione Salute che ha l’accesso al sistema informativo utilizzato per trasmettere gli atti nella Capitale? E perché Giustini ha ‘obbedito’ al direttore della Programmazione sanitaria Urbani – di fatto confluendo sul piano dei dg di Regione e Asrem che è stato poi adottato dallo stesso commissario con decreto – che indicava, nella nota del 7 luglio (successiva a una riunione del giorno prima), la necessità di adeguare il ‘piano Larino’ al decreto Balduzzi e agli atti della programmazione regionale? Perché il piano era disallineato con la richiesta del governo, contenuta nel dl 34 che lo finanzia, di potenziare la risposta ospedaliera esistente (non di ritrasformare in ospedale una casa della salute che assicura al momento prevalentemente lungodegenza)? O per altri motivi?
A questi interrogativi non c’è ancora risposta. Quindi, le ricostruzioni si rincorrono e si moltiplicano sconfinando nel fisiologico molisanissimo complottismo. Per ora il generale non ritiene di potere o dovere dire di più rispetto al comunicato informativo di ieri pomeriggio. Cioè che «è stato presentato a Roma dallo scrivente uno specifico piano esclusivo per l’apertura dell’ex ospedale di Larino quale centro Covid. Invece, inspiegabilmente, ne è stato inviato a Roma un altro sull’ospedale Cardarelli diverso da quello presentato dal commissario, senza la mia firma ma solo quella dei direttori generali Asrem e Salute, direttore sanitario (Asrem) e la sub commissaria. Specifico che il piano Covid ufficiale è di esclusiva presentazione del commissario», precisa Giustini. Che prosegue riferendo del suo dissenso al secondo piano Covid e, si riporta testualmente dal comunicato, «ribadisce che, su decisione del Ministero di non aprire Larino, il commissario ha dovuto, secondo le linee di indirizzo ministeriale (circolare), riprogrammare un nuovo progetto in brevissimo tempo che pur di ottenere il minimo utile offerto dalla predetta circolare che escludeva comunque, mio malgrado, Larino centro Covid». La proposta, conclude poi ricordando che aveva il consenso di 118 sindaci e l’approvazione della maggioranza del Consiglio regionale, «avrebbe certamente evitato (con la sua apertura) il caos attuale a danno di tutti i molisani».

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