Il governatore Toma vuole essere nominato commissario per il piano di rientro della sanità molisana. Non è un mistero e lui non ha mai nascosto questa ambizione, tutt’altro.
D’altronde quando ha deciso di candidarsi per guidare le Regione Molise e quando i molisani lo hanno scelto con il voto (perché Toma, è bene ricordarlo, è stato democraticamente eletto), entrambi (lui e i molisani) erano convinti che il governo avrebbe nominato commissario ad acta il vincitore della sfida elettorale. È sempre accaduto così da quando il Molise è in piano di rientro, sia con Iorio sia con Frattura.
Poi improvvisamente, su impulso del Movimento 5 stelle che aveva la vittoria in tasca ma ha perso le elezioni regionali, Palazzo Chigi ha cambiato idea. E dopo otto mesi di vacatio e qualche tentativo andato male (come la norma introdotta nel decreto Genova ma cassata dal Capo dello Stato), Roma ha deciso che in Molise (e in Calabria) la figura del commissario della sanità non può coincidere con quella del presidente della Regione.
E così il 7 dicembre del 2018 il Consiglio dei ministri ha nominato e mandato in Molise attribuendogli le funzioni di commissario ad acta Angelo Giustini, medico e generale della Guardia di Finanza.
Da allora, al di là di qualche convenevole dettato più dal protocollo che dalla volontà di collaborare per il bene della sanità molisana, Toma e Giustini – legittimamente, sia chiaro – hanno seguito due strade diverse. Due strade dissestate che sono diventate impraticabili quando sul mondo è piombata la pandemia.
Gestire infatti un’emergenza di tale portata con il presidente di Regione coinvolto direttamente e in prima persona dal governo centrale per e su molteplici aspetti, compresi quelli sanitari, e il commissario della sanità che procede su un altro binario a bordo di un treno eterodiretto dai tavoli ministeriali, è pressoché impossibile: si sta generando un cortocircuito istituzionale e pratico, le cui conseguenze rischiano di paralizzare un settore messo in ginocchio negli anni da tagli, chiusure, censure, ridimensionamenti e scelte mai comprese appieno dai molisani.
Adesso il livello dello scontro si è alzato molto.
Il commissario rappresenta il governo in Molise. Ma lo stesso governo quando bisognava decidere dove realizzare il Covid hospital ha bocciato il piano di Giustini e promosso quello di Toma. Il generale non l’ha mai mandata giù e ogni occasione è buona per rilanciare Larino. Come l’altro giorno quando è andato in sopralluogo al Cardarelli per capire come sia potuto entrare il virus nei reparti di Medicina e Chirurgia.
Ciò è avvenuto dopo l’incomprensibile vicenda delle dimissioni: annunciate, presentate, ritirate, respinte, mai arrivate al Ministero. Un mistero che ha contribuito ad esasperare gli animi.
Ieri mattina l’ennesima prova muscolare. Il governatore del Molise ha firmato un decreto che sostanzialmente blocca l’azione del commissario in ambito Covid: avvalendosi dei poteri di Protezione civile a lui conferiti per la gestione della pandemia, Toma chiede a Giustini d’ora in poi di voler visionare, ed eventualmente emendare, tutti gli atti in corso di adozione relativi all’emergenza Covid.
«Al fine di assicurare il coordinamento dei compiti attribuiti al commissario ad acta con i compiti e le funzioni attribuite al presidente della Regione Molise con decreto del capo di Dipartimento della Protezione civile – si legge nel primo comma del decreto -, la struttura commissariale, per il tramite della Direzione generale della Salute della Regione Molise, provvederà ad informare preventivamente il presidente della Regione Molise in ordine ai provvedimenti in corso di adozione riguardanti attività sanitarie connesse all’emergenza Covid, trasmettendo il relativo schema».
E, ancora, «entro 48 ore dalla ricezione degli schemi di cui al comma 1, il presidente della Regione, ove ravvisi la necessità di apportare correttivi al provvedimento su aspetti che impattano sui compiti di Protezione civile, formula proprie osservazioni al commissario ad acta».
Al comma 3 il governatore scrive che «nel provvedimento finale il commissario ad acta è tenuto a dare atto dell’avvenuta trasmissione dello schema e delle eventuali osservazioni formulate dal presidente della Regione».
Lo scontro, servito da tempo, ora diventa duro. E non è certamente l’ultimo atto di una guerra che a dicembre scorso ha ‘celebrato’ il secondo compleanno. Non è infatti da escludere – pare tra l’altro che il generale lo abbia lasciato intendere nel corso della riunione dell’Unità di crisi coordinata ieri mattina dal governatore – che la prossima battaglia si combatterà davanti al tribunale. Il commissario sembra infatti intenzionato a non darla vinta a Toma.
ppm

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