Al Cardarelli non c’è posto in rianimazione, solo Covid e pure su questo fronte il reparto è sold out. La richiesta, per una donna che ha una patologia molto grave e va curata in intensiva, parte quindi da Campobasso per Termoli e Isernia. Risposta: siamo pieni. Stessa risposta da Gemelli e Neuromed. E così ancora da altri ospedali del centro e del sud, l’unica disponibilità a Giugliano. La donna ora si trova lì, in un ospedale a 150 chilometri da casa. Perché a casa sua la rianimazione Covid è piena e quella ordinaria pure.
Da quasi un anno la terapia intensiva del Cardarelli è dedicata esclusivamente al Sars-Cov2. Con la sola pausa concessa dal virus in estate, al di là del numero più o meno alto dei ricoverati affetti dal virus, per la rianimazione anche Tappino deve rivolgersi altrove. Con effetti a catena, innanzitutto un carico maggiore sugli altri due ospedali pubblici e sui due centri convenzionati che hanno posti. Se a questo si aggiunge che l’utenza molisana per le operazioni programmate si rivolge più frequentemente al privato perché l’attività del Cardarelli è più che ridotta e in alcuni casi bloccata, si spiega il default degli ultimi giorni.
Una Caporetto che si racconta con tre storie emblematiche. La prima in ordine di tempo un paio di settimane fa: un giovane finisce a Pescara dopo un incidente sulla Fresilia. Nessun posto per lui in Molise. Lo stabilizzano e, dopo aver atteso a lungo, destinazione il Santo Spirito. Le polemiche si riaccendono, il dito è stato puntato sulla scelta del Cardarelli hub Covid che ha assorbito la terapia intensiva ordinaria. Poi il tutto esaurito in intensiva Covid e il Molise chiede aiuto. Una donna di Termoli, che non trova posto in area medica a Campobasso, ricoverata a Vasto si aggrava e viene portata a Giulianova. Infine, il caso che mette la firma sulla Caporetto della sanità molisana: nessuna struttura può rispondere all’Sos per la cura di forti crisi epilettiche. Le terapie intensive presenti, già non tantissime, sono piene.
Per la gestione dell’emergenza possono essere requisite. Vero. Ma se sono piene cosa si fa? Si sceglie se curare un Covid o un infarto? Per poter contare su altri 26 posti (e poi bisognerà capire quale e quanto personale vi si potrà dedicare) c’è da aspettare verosimilmente dalle 2/3 settimane a un mese e mezzo. Sono quelli in fase di allestimento nei moduli nei pressi degli ospedali di Campobasso, Isernia e Termoli. E nel frattempo? Si conta su Giugliano o Pescara, dimenticando che pure in Campania e Abruzzo si è alle prese con una recrudescenza del Covid?
Anche in questa drammatica vicenda il virus ha portato a sistema criticità già presenti nel servizio sanitario molisano. La sua gestione inoltre ha allontanato il concetto di integrazione fra pubblico e privato a cui, fateci caso, gli attuali vertici della sanità oggi non fanno alcun accenno.
Non è lontano il tempo delle grandi e legittime proteste sugli accordi con le Asl vicine, fino a quella di Teramo (che gestisce l’ospedale di Giulianova per capirci), per poter contare su posti di neurochirurgia – che il Balduzzi ha tagliato in regione – ove fosse necessario. Ora che il Molise non ha terapie intensive e deve affidarsi alla disponibilità del momento, non a un accordo, di qualsiasi altro ospedale del centrosud per tutte le patologie che richiedono la rianimazione – è quello che sta avvenendo ed è difficilmente smentibile – le legittime proteste stentano a farsi sentire. Sarà che il volume del Covid è ancora troppo alto…
rita iacobucci

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